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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Riflessioni sulla canzone “Bella Ciao”, una lezione per tutti i democratici e antifascisti 

Spesso la cultura popolare, in cui rientra a buon diritto il canto partigiano, utilizza schemi già presenti, partiture musicali già note che vengono adattate alle nuove esigenze. A “Bella Ciao” è toccato il medesimo percorso
Bella Ciao è una delle canzone diventate simbolo della Resistenza
Bella Ciao è una delle canzone diventate simbolo della Resistenza
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di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *

Nell’ottobre del 1998, a Biella, organizzato dall’Istituto Storico della Resistenza, si tenne un convegno dedicato al canto partigiano e resistenziale, dal titolo: “E sulla terra faremo libertà”.

Si trattava di un importante confronto sull’uso della musica e del canto, inteso come materiale storico dell’immaginario partigiano tra Resistenza, dopoguerra, anni sessanta ed oltre. I massimi studiosi dell’etnomusicologia e della valorizzazione della musica popolare si confrontavano su un vasto e innovativo tema; in particolare si arricchiva il patrimonio della Resistenza non solo con la cronaca militare, ma con un nuovo approccio, iniziandone a studiare i risvolti più propriamente culturali e creativi. 

Roberto Leydi, Alberto Lovatto, Cesare Bermani, Emilio Jona, Mimmo Franzinelli, Francesco Biga, Fausto Amodei, Franco Castelli, massimi studiosi della materia, si incontravano per confermare che la lotta al fascismo si era vinta anche cantando. Il sottoscritto intervenne, col sostegno dell’indimenticabile “Bubi” Senarega, portando un intervento cantato e interamente riferito alla Sesta Zona Operativa della Liguria

Primo aspetto: proprio la Liguria di Levante fu portatrice di un repertorio unico e ricchissimo. Diversi numeri de “Il Partigiano”, giornale clandestino delle Brigate Garibaldi, riportavano testi e canti partigiani. Il primo, pubblicato a centro pagina del numero d’apertura dell’agosto 1944, scritto da “Marzo” G.B. Canepa; poi l’indimenticabile storia del canto scritto da “U Megû” Felice Cascione, il suo “Fischia il Vento”, un canto che richiederà l’intervento dei commissari politici per sanare una polemica su alcuni versi “politicamente non corretti”. 

Ecco che la canzone partigiana acquisisce a pieno titolo il valore di documento rappresentativo, le formazioni si fanno riconoscere e valutano la loro unità con i loro canti. Nel 1974 la rivista di Regione Liguria dedicava un numero speciale al prossimo trentennale della Liberazione. Nel fascicolo compariva una lunga intervista a Paolo Castagnino “Saetta”, già partigiano comandante della Divisione Longhi della Coduri, in cui si rammenta il valore del canto durante la Resistenza. “Saetta” credeva molto alla sua affermazione quando ribadiva che “il canto accompagnava ogni azione, la gioia della vittoria, il dolore per il compagno caduto”, a tal punto da costituire il “Gruppo Folk Italiano”, una formazione musicale che riproponeva quelle composizioni.

Fu un grande successo, partecipazioni alle feste di partito, e lunghe tournée in diversi capitali europee e dell’est. Nel 1972 l’apice di un notevole successo fu un disco in vinile con la prestigiosa etichetta de “I Dischi dello Zodiaco”, e poi vi furono ancora partecipazioni importanti, sino alla collaborazione con Giorgio Strehler in uno spettacolo a Milano. Tra le canzoni proposte non poteva mancare “Bella Ciao”, una composizione che farà discutere anche il convegno di Biella, in particolare dopo la nostra esibizione, con Bubi Senarega con la sua originale interpretazione.

La traccia etnomusicale di “Bella Ciao” richiama un antico e remoto filone compositivo già analizzato da Costantino Nigra, una composizione riportata come “Fior di Tomba” in cui la narrazione propone uno schema riconducibile al nostro “Bella Ciao”. I ricercatori, dopo le diverse lezioni di Nigra, hanno potuto ritrovare il medesimo tema narrativo in diverse regioni italiane ed europee. Trovata la fonte originaria, è necessario comprendere come si sia giunti alla versione attuale del nostro canto . 

Spesso la cultura popolare, in cui rientra a buon diritto il canto partigiano, utilizza schemi già presenti, partiture musicali già note che vengono adattate alle nuove esigenze. A “Bella Ciao” è toccato il medesimo percorso. 

Cesare Bermani pubblica una lunga intervista a Giovanna Daffini e Vittorio Carpi, coniugi musicisti popolari di Gualtieri di Reggio Emilia, in cui si chiede notizia della canzone. Giovanna Daffini rammenta la versione di risaia, quando le mondine andavano al lavoro e durante le fatiche nei campi si cantava: “Alla mattina appena alzata, o bella ciao…, alla mattina appena alzata, laggiù in risaia mi tocca andar”. La canzone prosegue con un’ambientazione totalmente riconducibile ad un canto di lavoro e alle sue rivendicazioni. 

La versione oggi cantata che evoluzioni ha subito? Dopo le diverse pubblicazioni dei materiali raccolti e le riletture critiche dello stesso Bermani si aggiungono altri contributi di Leydi e Bosio, ma non si trova ancora una risoluzione al passaggio e all’attribuzione di “Bella Ciao” come canto resistenziale.

Nel 1964 al Festival dei Due Mondi di Spoleto va in scena lo spettacolo musico-teatrale “Bella Ciao”: così  il mondo della canzone popolare si presenta in questo evento, protagonista il Nuovo Canzoniere Italiano . Per la prima volta  “Bella Ciao” diventa un caso di scandalo, un orrore politico si solleva in sala, volano le sedie del teatro, i giornali ne parlano e si riapre la ricerca sulla canzone. 

Dalle pagine de L’Unità, 29 aprile 1965, esce allo scoperto Vasco Scansani, un amico di risaia di Giovanna Daffini. Scansani si riferisce all’esibizione scandalo di Spoleto e precisa: “Non è per spirito di polemica che scrivo queste righe, ma per una ragione di giustizia a cui non posso più tacere,… la canzone sulla risaia, nell’aria della canzone partigiana di Bella Ciao… dette parole sono state scritte e cantate alla festa della mondina nel luglio del 51 dal sottoscritto”. L’11 maggio del 1965 Gianni Bossio, importante ricercatore, incontra Vasco Scansani per una registrazione, e nel documento sonoro si ribadisce di aver ascoltato il canto nei giorni della Liberazione e di averlo così appreso, di seguito ne ribadiva il testo nella versione a noi nota e tuttora cantata. 

La ricerca non si fermò e si tornò sul territorio per ricercare altre lezioni e informazioni in merito. Nel 1975 Cesare Bermani ripropone nuovamente il tema e riesce a documentare la canzone di risaia già presente negli anni Trenta. Molto più complessa rimane tuttora la ricostruzione della versione resistenziale e dell a sua composizione. 

Il fatto che il canto popolare molto spesso si adatti a nuove circostanze non deve però stupire più di tanto (si legga Antonio Gramsci nei Quaderni dal Carcere) , e che riscriva ed apra a nuove rivendicazioni canzoni già esistenti. Il trenta giugno del 1960 si tenne una grande manifestazione antifascista in Genova, in molti cantavano una canzone partigiana riadattata a quell’occasione.

“Bella Ciao” rimane e rimarrà una canzone simbolo, una lezione per tutti i democratici e antifascisti: come indica la storia d’Italia!

(* studioso di tradizioni locali e membro dell’Anpi Chiavari) 

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