di ALBERTO BRUZZONE
L’immagine simbolo del post Covid, per quanto riguarda le residenze sanitarie, sono i parenti che tornano a far visita ai propri cari, dentro e fuori dalle cosiddette ‘stanze degli abbracci’. Ma c’è tutto un mondo, un mondo molto più ampio, che ruota intorno all’ambiente socio-sanitario, in prospettiva di ripartenza una volta che sarà terminata definitivamente l’emergenza sanitaria.
Ora che si vede una luce in fondo al tunnel, comunque, è già possibile farsi un’idea, delineare progetti, avanzare proposte, ripensare e rimodulare il futuro.
In questo numero di ‘Piazza Levante’ ne parliamo con Giuseppe Grigoni, che è il direttore dell’area socio sanitaria del Villaggio del Ragazzo, nonché presidente di Uneba Liguria (Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale) e coordinatore, presso la Regione Liguria, di tutte le realtà del settore socio sanitario operanti da Ventimiglia a Sarzana.
Spezzino, classe 1961, Grigoni è laureato in Educazione professionale e sin dal 1999 è al Centro Benedetto Acquarone di Chiavari, il principale comparto dell’area socio-sanitaria del Villaggio del Ragazzo.
“Siamo un po’ fuori dall’emergenza – afferma – e devo dire che in tutti questi mesi l’impegno del personale del Villaggio è stato a dir poco encomiabile. Tutti hanno dimostrato un enorme senso di appartenenza, c’è stato rispetto verso il proprio lavoro e una enorme responsabilità verso i colleghi e verso la situazione in generale. Anche questo ha aiutato moltissimo a uscire dalle difficoltà”.
L’efficacia della campagna vaccinale
I media hanno parlato soprattutto della ripresa delle visite nelle residenze sanitarie assistite, ma secondo Grigoni da raccontare c’è molto di più: “Anzitutto, la situazione è nettamente migliorata grazie all’impatto della campagna di vaccinazione, anche se pesa la scelta di qualche persona di non vaccinarsi. Parlo in questo caso di persone che sono residenti presso le nostre strutture”.
Si tratta al 50% di anziani, mentre l’altro 50% è formato da persone con disabilità, con problemi psichiatrici, con problemi di dipendenza, o ancora minorenni: “Non tutti hanno accettato di essere vaccinati e questa rimane una loro libera scelta. Per quanto riguarda invece il personale sanitario, è in corso la campagna di raccolta dati curata dall’Asl 4 in base agli elenchi forniti dalla Regione Liguria”.
‘Piazza Levante’ ne ha parlato nel numero scorso, in una intervista al direttore generale di Asl 4, Paolo Petralia: i questionari sono rivolti a chi non risulta ancora vaccinato. Si chiede il perché: se si è in possesso di una prenotazione, se si è esentati dal vaccino e per quale motivo, se si è contrari.
“Negli ultimi due casi – specifica Grigoni – l’azienda ha la facoltà di mettere a riposo il lavoratore oppure di spostarlo ad altre mansioni che non prevedano il contatto con il pubblico”.
Il futuro delle Rsa passa anche dall’immagine
Intanto, è già aperto il dibattito sul futuro delle residenze sanitarie, “perché è chiaro che il Covid ha comunque lasciato il segno e c’è stata anche una campagna molto negativa nei confronti delle Rsa, che poi alla prova dei fatti non è stata confortata dai numeri. Nel 2020 ci sono stati 108mila decessi in più: il 76% di questi erano persone over 80. Di questi 108mila decessi, 20mila sono riconducibili alle Rsa, ma è passata un’immagine di disastro totale, anche ben oltre rispetto a queste cifre. Quindi, a mio modo di vedere, le Rsa devono anzitutto ricostruirsi dal punto di vista della reputazione: non siamo strutture nate per essere degli ospedali, né siamo luoghi di morte, anzi siamo l’esatto contrario. Siamo luoghi di vita e da questo punto occorre ripartire”.
Secondo Grigoni, la riapertura alle visite esterne, i cosiddetti colloqui, “è stata molto positiva, anche se voglio ricordare l’enorme impegno profuso da tutto il personale anche quando c’è stato da gestire le videochiamate durante i vari lockdown. L’altro passo fondamentale, in ottica post Covid, è la ripartenza dei centri diurni, che va completata. Il personale ha seguito le famiglie a casa, il sostegno alle persone non è mai mancato, ma venire al centro è una cosa assolutamente differente”.
Le risorse del Recovery Fund
L’altro punto nevralgico, per il futuro delle strutture, è “come e quanto potranno essere investite le risorse previste dal Recovery Fund. Siamo in contatto con la Regione per capire quali margini ci sono rispetto al settore privato e quali margini ci sono per quanto riguarda l’assistenza domiciliare. Lo sviluppo dell’assistenza domiciliare deve andare di pari passo rispetto a quello delle residenze sanitarie. Poi, l’altro fronte è quello delle strutture territoriali, le cosiddette ‘case della salute’. Un passo importante è stato il riconoscimento dei rappresentanti del terzo settore come interlocutori essenziali per la coprogettazione delle iniziative future, e non solo più come strutture che offrono servizi”.
La necessità della formazione
Le strutture socio-sanitarie hanno retto l’impatto, “anche se l’attività di screening è stata assai complessa. Al Villaggio, ad esempio, dallo scorso agosto abbiamo eseguito qualcosa come cinquemila tamponi. C’è stata anche una carenza di personale infermieristico, perché le strutture pubbliche, nel momento in cui si sono ritrovate senza infermieri, sono venute a fare ‘scouting’ presso quelle private. Quindi sì: un’altra necessità impellente in chiave futura è quella della formazione. Andranno infine ripensati i luoghi di cura: che devono diventare sempre meno di cura e sempre di più come se fossero delle case vere e proprie, visto che alcune persone possono restarvi anche per parecchi anni”.
Tanti progetti e tante idee sul tavolo, insomma: con un pensiero comune, ovvero che la pandemia ha lasciato il segno, ma anche la necessità di ripartire in ottica differente. Il mondo socio-sanitario è atteso dall’ennesima sfida.