di FABRIZIO DE LONGIS
La grande ricchezza dell’Italia, da sempre, è il suo stato sociale. Quello che ormai tutti chiamiamo welfare. Il triangolo che in Italia si è spesso abituati a dare per scontato ma anche è una ricchezza unica, ossia: scuole, trasporti e sanità, rigorosamente pubblici. Se dal lato dei trasporti, le dimissioni del presidente di Amt hanno messo in luce le criticità dell’azienda, oggi genovese e provinciale, per un accorpamento molto discusso, di cui ‘Piazza Levante’ ha già parlato, il tema sanità sembra cruciale per uno dei territori con più necessità al mondo, essendo molto semplicemente uno dei territori con il tasso di anzianità più alto del globo.
Sembra, infatti, questo uno dei temi centrali per le politiche regionali che hanno interesse per il Tigullio. Anche la più breve e succinta storia delle istituzioni pubbliche italiane insegna che le regioni sono nate sul principio sussidiario (oggi si direbbe federale) delle sanità pubblica. In pratica, devono gestire ospedali, servizi di assistenza, 118 e quanto se ne voglia mettere. Con l’arrivo del 2023, la chiusura di anno e banalmente dei conti, sono diversi i punti critici che la regione avrà da affrontare per quella che è la sanità del Tigullio gestita dall’Asl4 Chiavarese.
L’ultimo tassello si è avuto non più tardi di due settimane fa con la chiusura della centrale del 118 di Lavagna in favore di un accorpamento genovese. “Lo vuole la legge”, oppure, “per il territorio in realtà è un guadagno, perché il personale prima impegnato al telefono, ora sarà su un’auto medica”, le affermazioni di alcuni degli interessati nella decisione. Certo è che il segnale appare uno dei non più positivi che sembrano esserci per un territorio che molto, soprattutto nell’ultimo decennio, si è visto sottrarre dal capoluogo genovese. La sanità, quindi, è il nodo cruciale ma apparentemente anche il grande assente della discussione di fine anno della politica regionale.
Nei giorni scorsi in Regione Liguria si è vissuta, infatti, l’approvazione del bilancio regionale. Il quale, a conti fatti, misura la quasi totalità della spesa nella sanità. Non è un segreto che la finanza dell’ente regionale sia concentrata quasi tutta lì. Eppure, proprio nel momento in cui si parla di bilancio, non si è entrati nell’ossatura del tema.
Certo nella seduta di tre giorni tenuta da lunedì a mercoledì per arrivare all’ok finale, diversi sono stati i punti all’ordine del giorno affrontati, nella selva di mozioni e ordini del giorno presentati dai consiglieri. Eppure, se si è trattato quasi sempre nel dettaglio di alcune politiche (come la campagna sull’uso dei preservativi, per dirne una, con tanto di banana incappucciata affissa per la regione, guarda caso spesso sugli autobus), così pochi e tardivi sembrano essere stati gli sparuti interventi sull’idea di sanità pubblica territoriale che oggi si respira in piazza De Ferrari. E nello specifico del Tigullio, quali destini sembrano essere in campo per l’Asl4.
Una discrepanza non da poco, visto che Tigullio il suo lo avrebbe da dire. La gestione dei tre ospedali, Rapallo, Lavagna e Sestri Levante, svetta su tutto. Il non pieno utilizzo di Sestri Levante con i costanti spettri di depotenziamento ulteriore; l’affidamento ad altri ospedali di reparti come nel caso di Lavagna e Rapallo; e poi i destini stessi di Rapallo, del suo pronto soccorso e proprio dell’ospedale stesso, sempre più in odore di gestione privata totale.
“La pandemia da Covid 19 ha influito sui conti”, spiegano dalla Regione quando si evidenziano talune carenze e il sempre minore presidio territoriale anche a discapito del ruolo delle stesse Asl. Ma se la pandemia ha colpito i conti, ha anche messo in luce pregi e difetti, con particolare attenzione a quest’ultimi. Dalle prenotazioni e tempi di attesa, all’accentramento su Genova di talune prestazioni specialistiche. Un insieme di criticità che sembravano aver frenato l’orizzonte del ‘modello lombardo’ della sanità. Leggasi, privatizzare. Grande principio ispiratore da sempre, su tutti, del presidente della Regione, Giovanni Toti (e anche assessore alla sanità fino a poco tempo fa).
In ultimo rimane l’occasione del Pnrr. Grande bacino di fondi, molti virati sulla sanità, di cui gran parte sulla digitalizzazione della stessa, che però non sembrano la soluzione per superare quel conflitto con i territori distanti dalle grandi città e dal concentramento che la sanità sta subendo (come nel caso della cancellazione di uno dei punti nascita ospedalieri di Genova giunto entro l’anno). Perché chi i conti li conosce, insegna che ad essere importante non è tanto quanto si spende, ma come.
In quest’ottica si para, quindi, il 2023 della sanità ligure e del Tigullio. In orizzonti di accentramento, riduzione dei servizi e progressiva privatizzazione. Salvo smentita. Aria che si respira chiaramente a Genova ma forse ancora poco nel Tigullio, facendo affidamento al Pnrr, con la speranza che anche le migliori intenzioni non scivolino sulla buccia di banana, purché incappucciata.