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Giovedì, 1 giugno 2023 - Numero 272

Raffaella Romagnolo: “Ecco ‘Destino’, il mio romanzo con gli occhi dell’umano”

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di ALBERTO BRUZZONE

Un romanzo che è un grandioso affresco, della storia italiana nella prima metà del Novecento, di quello che i nostri antenati hanno passato, di vittorie e sconfitte, sconfitte e vittorie. Non era facile, tutt’altro. Perché la materia era ostica, il coinvolgimento emotivo molto forte.

Eppure, Raffaella Romagnolo c’è riuscita, sapendo abbinare alla perfezione il suo mestiere di storico con l’indiscutibile talento che possiede per la scrittura. Sta in questa perfetta chimica una delle chiavi di successo di ‘Destino’, il romanzo che la scrittrice piemontese ha pubblicato per Rizzoli qualche mese fa e che è stato tradotto in diverse lingue, ottenendo dappertutto ampi consensi.

Nella storia della protagonista, di fantasia, la Romagnolo ha saputo inserire, in maniera raffinata, precisa e puntuale, cinquant’anni di storia italiana a cavallo tra le due guerre mondiali: è andata a scavare nelle persone, ha raccontato la loro evoluzione, ha seguito la narrazione dal punto di vista dei protagonisti, prima ancora che da quello dei fatti, come invece fanno i manuali.

Il suo lavoro, ultimo di tutta una serie, sarà presentato dopodomani (sabato 23 novembre), alle ore 17,30, a Wylab, nell’ambito dell’incontro ‘Parlami di te’ che ‘Piazza Levante’ organizza a ingresso libero.

Raffaella Romagnolo sarà intervistata dall’amico e collega Bruno Morchio, che a sua volta sarà intervistato da Raffaella, per parlare del suo ultimo romanzo con protagonista Bacci Pagano, ‘Le sigarette del manager’ (‘Piazza Levante’ lo ha intervistato la scorsa settimana, clicca qui). A introdurre i due bravissimi prosatori sarà l’editore Goffredo Feretto, che conosce molto bene entrambi, sin dai loro inizi. ‘Destino’ racconta la storia di Giulia Masca, che fa ritorno a Borgo di Dentro dopo quarantasei anni. Arriva da New York, dov’è riuscita a trovare la fortuna, grazie a un negozio di alimentari che il marito aveva aperto a Little Italy. Proprio l’America le aveva dato il riscatto che da sempre aveva sognato. Ma il ritorno in Piemonte coincide con la volontà di regolare i conti con il passato. E proprio qui la storia incontra e incrocia la Storia. E ne nasce un romanzo intenso, appassionato e appassionante, straordinariamente ricco.

In ‘Destino’ ci sono il suo mestiere di storica, il suo talento di scrittrice, ma anche tanto attaccamento alla sua terra.
“Io sono nata a Casale Monferrato, mi sono trasferita a Ovada, dove ho fatto i miei studi. Ora vivo a Rocca Grimalda e insegno italiano e storia in un istituto tecnico di Ovada. Borgo di Dentro è un luogo d’invenzione, ma i legami antichi con la mia terra ci sono tutti. Tutto quello che accade in ‘Destino’ è vero, solo i personaggi sono di fantasia, a parte qualcuno minore, come Don Salvi, che è effettivamente esistito. Racconto uomini e relazioni, e racconto come queste sono andate avanti, mentre la Storia portava avanti il suo corso. Non è propriamente un romanzo storico, ma è il raccontare la Storia attraverso un’altra prospettiva. Sui manuali, è tutto un susseguirsi di avvenimenti e di date. Lo scrittore può invece narrare la Storia con un’altra visuale: quella dell’umanità, quella delle stesse persone che vivono prima un avvenimento e poi l’altro, ma sono sempre loro”.

Scrivere un romanzo come ‘Destino’ comporta però un lunghissimo lavoro alla base.
“Sì, perché ‘Destino’ è epico e romanzesco, allo stesso tempo. La genesi di questo lavoro parte da quando avevo appena finito di scrivere ‘La Masnà’. Siamo intorno al 2010. Ci sono voluti, quindi, sette anni, più o meno. La difficoltà sta nell’aver voluto rappresentare un doppio fondale, il Piemonte e New York, all’interno di un arco di tempo piuttosto lungo, circa cinquant’anni. Di fronte a un lavoro del genere, non ti senti mai pronta. Nel frattempo, poi, avevo anche scritto altri libri, ‘Tutta questa vita’, che è uscito nel 2013, e ‘La figlia sbagliata’, che è invece uscito nel 2015 ed è stato candidato al Premio Strega, oltre ad aver vinto il Premio Società Lucchese dei Lettori”.

Come nasce il suo percorso di scrittrice?
“Io sono sempre stata una grande appassionata di scrittura, ma, prima ancora, sono sempre stata una grande lettrice. Le due cose non possono mai andare disunite. Il mio percorso è stato singolare. Per tanti anni, ho lavorato per una società di consulenza informatica. Poi, è uscito un concorso per la scuola, l’ho fatto e mi sono dedicata all’insegnamento. Non nascondo che ritornare a scuola a circa vent’anni di distanza dalla laurea è stata una bella sfida, perché ho visto molte cose cambiate, e pure in maniera piuttosto radicale”.

La ricerca storica è quindi il suo ambiente, anche per questo ‘Destino’ è riuscito così bene?
“Io sono ovviamente molto felice per tutte le recensioni positive che ho avuto. Certo, la storia mi è sempre piaciuta, e fare ricerca altrettanto. Se devo scegliere, tra italiano e storia, a scuola preferisco nettamente insegnare storia. Lavoro all’istituto agrario di Ovada, sono ragazzi molto tranquilli e che s’impegnano. Anche se sono diversi da come eravamo studenti noi. A Genova ricordo con piacere, ad esempio, i tempi dell’Università. Ho studiato alla Facoltà di Lettere, mi sono laureata con Edoardo Sanguineti. È stato lui a trasmettermi la passione per la letteratura, e anche per la storia. Diciamo che, in un certo senso, me l’ha accesa. Così ho dato parecchi esami di storia, mentre la mia tesi era dedicata al libro ‘Cuore’ di De Amicis”.

Che cosa trova di così cambiato, nel mondo della scuola?
“Lasciando perdere il discorso sui programmi, io trovo che sia nettamente cambiata la capacità di concentrazione da parte degli studenti. Fanno fatica a seguire. È un grosso problema. E credo che parta sin dalla scuola elementare. In molti casi, non è più in grado di fornire l’insegnamento di base. Faccio solo un esempio: ci sono dei ragazzi delle superiori che non sanno scrivere in corsivo, ma solamente in stampatello. Scrivono i temi in stampatello. Perché la calligrafia non viene più considerata una priorità. Va bene che sono cambiati i tempi, ma certe cose non si studiano tanto per studiarle, ma in quanto allenano la mente”.

Ma i suoi studenti come sono?
“I miei sono ragazzi in gamba. Sono fortunata. Molti mi raccontano di aver letto i miei romanzi e sono molto orgogliosi del fatto che la loro professoressa vada ai premi letterari. Io, anche per una sorta di correttezza, non parlo mai dei miei libri nelle mie classi. Però capita che le colleghe mi invitino ad andarne a parlare nelle loro classi. E devo dire che l’interesse è sempre molto ampio”.

Lei non è una scrittrice che “se la tira”, anzi.
“No, non me la tiro assolutamente! Sarà perché sono partita da zero, ma veramente da zero. Il periodo alla Fratelli Frilli è stato bellissimo. Con loro ho pubblicato il mio primo romanzo, ‘L’amante di città’, e ho avuto come editor proprio Goffredo Feretto”.

Ma per scrivere un libro come ‘Destino’ non basta il talento.
“Assolutamente no. Ci vogliono lavoro e ricerca. Sono stati cinquant’anni estremamente densi per l’Europa. Delle filande, ad esempio, non parla nessuno, ma si trattò di una tragedia epocale, per la gente delle mie parti. Per non parlare della diga di Molare, che fu il nostro Vajont. Nel raccontare grandi traumi e grandissimi dolori, ho avuto la percezione che le persone coinvolte fossero sempre le stesse. Per questo ‘Destino’ è, secondo me, un romanzo con l’occhio dell’umano”.

Il libro è stato parecchio tradotto.
“Sì e, in molti casi, il mio agente ne ha venduto i diritti ancor prima che uscisse, come ad esempio in Grecia. Ho avuto mail di moltissimi lettori che mi ringraziano, per aver raccontato una storia che è anche la loro. Poi, è stato tradotto in tedesco, in francese e in olandese. E, prossimamente, uscirà anche in Israele e in Portogallo. È stato un lavoro molto ripagato, insomma”.

La parte dedicata a New York come l’ha ricostruita?
“Lì è stato più semplice, perché c’era un sacco di bibliografia. La parte piemontese, invece, è stata più complessa, per quanto fosse quella che riguardava la mia terra. Ci sono molti testi fatti da storici locali, ma il tutto è molto disaggregato. Per alcuni spunti, mi sono basata pure su narrazioni orali, testimoni che erano vivi nel 1946. Più che altro per avere un’idea dei luoghi”.

Il suo rapporto con Genova e con la Liguria?
“Amo moltissimo Genova, sin dai tempi dell’Università. Ma l’ho scoperta veramente negli ultimi anni, perché, quando studiavo, facevo la pendolare e non ne avevo molto il tempo. È strepitosa. E, non per caso, il mio prossimo romanzo sarà ambientato a Genova. Si parte dalla Spedizione dei Mille sino alla Seconda Guerra Mondiale. Se ‘Destino’ ricopriva un arco temporale di cinquant’anni, qui diventano quasi cento. Siamo nella fase della ricerca: è ancora presto per poter dire quando sarà pronto”.

Ma si può vivere di sola scrittura?
“Per rispondere a questa domanda, cito James Ellroy: ‘Vuoi fare lo scrittore? Allora sposati con una persona ricca’. Ecco, se l’ha detto uno come Ellroy… Vivere di sola scrittura è davvero molto complicato. Io ho incontrato moltissimi scrittori, anche famosi, ai premi letterari, e quasi tutti fanno anche un altro lavoro. Quindi, direi che vivere di sola scrittura è un privilegio veramente di pochi. Però a me il mio lavoro piace. Quindi va benissimo così”.

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