(r.p.l.) ‘Question time’ in Consiglio Comunale a Chiavari, terza e ultima puntata. Dopo aver lanciato la proposta come ‘Piazza Levante’ due numeri fa, ed aver raccolto l’adesione di tutti i consiglieri di minoranza nel numero scorso, questa settimana chiudiamo il giro di pareri ascoltando la maggioranza che governa attualmente a Palazzo Bianco.
Il presidente del Consiglio Comunale, Antonio Segalerba, massimo esponente dell’assemblea cittadina, esprime le sue considerazioni.
In generale Segalerba, che parla a nome di tutta l’amministrazione, non chiude la porta alla prospettiva del question time, ma la riceve in maniera piuttosto tiepida, precisando che “se arriverà una richiesta in questo senso, noi saremo disponibili a valutarla, anche se al momento non è tra le nostre priorità né è in agenda alcuna variazione al regolamento attuale del Consiglio Comunale di Chiavari”.
Segalerba spiega: “Come presidente dell’assemblea cittadina, ho il dovere di ascoltare tutte le proposte e di sottoporle a valutazione. E con lo stesso atteggiamento tratteremo anche questa, se dovesse arrivare. Noi ragioniamo nell’ottica dell’utilità cittadina: se il question time può risultare utile ai chiavaresi, allora ci sta. Se diventa l’ennesimo strumento per fare delle chiacchiere, allora ci sta meno. Se le minoranze vogliono introdurre il question time lo devono motivare bene. Se è un’occasione per far chiacchiere o polemiche allora a noi non va bene”.
Una posizione molto netta, insomma, anche se Segalerba sembra avere, probabilmente, un concetto tutto suo circa il ruolo dell’opposizione in un Consiglio Comunale. Il consigliere di opposizione è un eletto dai cittadini tanto quanto i consiglieri di maggioranza, e siede in Consiglio per rappresentare coloro che non si riconoscono nell’amministrazione, esercitando un’azione di sorveglianza, di critica e di dialettica democratica.
Il presidente del Consiglio Comunale è stato in passato assessore con la Giunta Agostino, insieme all’attuale sindaco Marco Di Capua, mentre entrambi, nel precedente ciclo amministrativo, hanno rinunciato al ruolo di consiglieri di minoranza. Tutte e due, comunque, conoscono la ‘macchina’ amministrativa e Segalerba fa un paragone con il passato: “Io credo che uno strumento come il question time avesse un senso anni fa, quando in effetti è stato portato all’interno di molte amministrazioni civiche. Allora, infatti, c’erano meno occasioni di affrontare certe tematiche e c’erano di sicuro meno canali comunicativi. Oggi, invece, ci sono strumenti molto più veloci per mettersi in contatto con chi guida la città e per segnalare e chiedere di affrontare il problema, anche rispetto alle interrogazioni a risposta immediata”.
Segalerba predilige i canali ‘social’: “Gli strumenti a disposizione del consigliere ci sono già tutti – precisa Segalerba – In più, ci sono i comunicati stampa, le pagine Facebook, i profili Facebook, le chat, tutto quello che si vuole. Il contatto tra amministratori, opposizioni e cittadini mi pare molto più veloce e immediato rispetto a prima”.
Sono i piani della comunicazione, però, a rimanere differenti: perché un conto è scrivere una mail, mandare un messaggio Whatsapp o contattare su Messenger un assessore o il sindaco stesso, un altro è se tutto questo viene fatto da un consigliere comunale (di maggioranza o di minoranza), attraverso un atto specifico ed ufficiale, che richiede un atto altrettanto ufficiale da parte di un componente della Giunta Comunale. Quindi assimilare il question time a una normale segnalazione, come quelle che possono giungere dai cittadini, è quantomeno riduttivo.
“Noi – precisa Segalerba – a tutte le interpellanze diamo risposta, tutte le mozioni vengono trattate all’interno del Consiglio Comunale, non ci lasciamo mai niente indietro”. Potrà anche essere vero, eppure molte interpellanze sono frutto di interrogazioni a risposta scritta dove la risposta scritta non arriva mai: molti consiglieri di minoranza lo possono tranquillamente confermare. Quindi è evidente che qualche lacuna, nella ‘macchina’ di Palazzo Bianco, comunque c’è .
“A me – osserva il presidente del Consiglio Comunale, rispondendo a chi dice che le sedute sono spesso poco ‘democratiche’ – non pare proprio che le minoranze vengano trattate così male. Hanno molti strumenti a loro disposizione, anche senza il question time, e li mettono regolarmente in atto. Hanno la facoltà, ad esempio, di convocare dei Consigli Comunali, e lo hanno fatto in estate, anche in periodo agostano (quando il tema, caldissimo, era la riqualificazione dell’area ex Italgas di via Trieste, quindi non si era trattato di un Consiglio esattamente inutile, ndr). Non mi pare proprio che in città manchi il dibattito. Sul question time, insomma, io personalmente sono asettico. Non ci vedo niente di che. Come mai non lo ha introdotto la precedente amministrazione, se era così utile? Se ne accorgono soltanto ora?”.
Secondo Segalerba, quindi, con i moderni mezzi di comunicazione, il question time è superato. E qui si torna al tema di prima: un cittadino ‘semplice’ non ha altri strumenti per comunicare con l’amministrazione, ma perché un consigliere regolarmente eletto in Consiglio Comunale deve usare il comunicato stampa, o qualsiasi altra forma non ufficiale, per ottenere da un amministratore pubblico una risposta che dovrebbe essere ufficiale? Come mai la stessa risposta spesso non arriva, o arriva con notevole ritardo, quando si tratta di un’interrogazione? È giusto svuotare di competenze il ruolo politico del consigliere comunale? O farne una sorta di strillone o mugugnatore da social?
Prende tempo pure il capogruppo di Partecip@ttiva, Giorgio Canepa, oggi consigliere di maggioranza. “Nello scorso ciclo amministrativo, in veste di consigliere di minoranza, avevo proposto di introdurre lo strumento del referendum, come modifica al regolamento del Comune di Chiavari. Del question time non mi ero né mi sono mai occupato (anche se alcuni consiglieri del precedente ciclo ricordano diversamente, ndr). Cosa penso? Al momento non penso nulla. Dovrei parlarne con Partecip@attiva e vedere cosa ne pensano loro”.
Se vale, come dicevano i latini, la locuzione nomen omen, un movimento che si chiama Partecip@attiva, di fronte a una proposta democratica, diretta e trasparente come quella del question time dovrebbe rispondere con un sì a caratteri cubitali. A meno che non ci si debba adeguare, o forse appiattire, al pensiero omologato della maggioranza.
Se qualcuno a Chiavari seguisse ogni tanto uno dei Consigli Comunali di Genova, dove le interrogazioni a risposta immediata sono pratica consolidata da moltissimi anni (il loro spazio è solitamente un’ora prima dell’avvio dei lavori in Sala Rossa, in base all’articolo 54 del regolamento), si renderebbe conto che il question time è uno strumento utile anche alla maggioranza, e non solo una rottura di scatole da parte della minoranza. Ma finché si avrà soltanto questa visione di parte, e si continuerà a ragionare all’insegna del ‘non disturbare il manovratore’ (o ‘disturbarlo’ il meno possibile), Chiavari avrà perso l’ennesima occasione di fare un salto di qualità, proprio in tema di partecipazione, spinta democratica e slancio politico verso l’alto.