di ALBERTO BRUZZONE
Mettere mano all’impianto sportivo di largo Pessagno a Chiavari è stato come scartare un pacco e trovarvi dentro una bruttissima sorpresa. Che questo edificio non fosse più il massimo in termini di conservazione (e che non lo fosse mai stato, sin dall’inizio) era ormai chiarissimo a tutti, ma non si pensava che la situazione generale di piscina e palestra fosse tanto compromessa.
La storia recente inizia nei mesi scorsi, ed inizia con il crollo di una porzione di tetto nella zona sud est della struttura, al livello della palestra, ovvero dove si allenano atleti e atlete in forza alla Pro Chiavari.
Viene giù il controsoffitto, viene giù una parte di tetto, non si fa male nessuno solo per miracolo, visto che la seduta di allenamento era terminata pochi minuti prima e ci si stava preparando per quella successiva. Fatto sta che la sala viene dichiarata inagibile e dal Comune di Chiavari, che è il proprietario dell’immobile, parte tutto l’iter per i lavori straordinari e urgenti.
Il primo lotto si è completato nelle scorse settimane, con la rimessa in sicurezza del tetto e di tutte le pannellature. Ma è proprio qui che si è aperto il ‘pacco’ (e forse il termine ci sta tutto, a giudicare da come sia nato male e finito peggio questo progetto, che tutti gli anni necessita di manutenzioni per giunta onerose) e si è trovata la bruttissima sorpresa. E il problema è che adesso lo stato di ammaloramento non riguarda solo il piano della palestra, ma anche quello della sottostante piscina, con tutte le conseguenze del caso.
Per il momento, l’attività natatoria (solo per gli agonisti, come prevedono le normative anti Covid-19) va avanti, mentre gli allenamenti della Pro Chiavari si svolgono a Leivi e presso alcuni impianti genovesi, in attesa di un via libera all’agibilità, che dovrebbe arrivare nei prossimi mesi.
Ma c’è anche il rischio che tutto l’impianto debba essere chiuso nella sua interezza, per svolgere degli interventi radicali e non più rinviabili. A fare il punto della situazione con ‘Piazza Levante’ è Massimiliano Bisso, assessore comunale ai Lavori Pubblici della giunta guidata da Marco Di Capua: “Confermo che il primo lotto dei lavori, presso l’impianto che ospita la Pro Chiavari, è terminato. Ma nel corso di ulteriori accertamenti e verifiche, è emersa una situazione non buona. In particolare, i tecnici hanno rilevato un importante grado di corrosione della struttura in ferro con cui è stato costruito l’impianto. Mentre i piloni principali sono stati trattati, quelli secondari non sono stati trattati e lo strato di ruggine è evidente sia all’esterno sia nelle tracce lasciate sulla controsoffittatura. I piloni secondari sono quelli fatti a mensola, che reggono i finestroni”.
Al momento, i tecnici incaricati dal Comune e dagli uffici coordinati dall’ingegner Luca Mario Bonardi, dirigente di Palazzo Bianco, stanno svolgendo i vari approfondimenti e non si sono ancora pronunciati in maniera definitiva, “ma è chiaro – evidenzia Bisso – che la priorità di una buona amministrazione è la sicurezza dei propri cittadini, quindi se emergeranno problemi gravi, dovremo decidere di conseguenza”.
Nessuna chiusura della piscina per ora, anche perché la Chiavari Nuoto tende moltissimo a scongiurarla, viste le già ben dure problematiche legate al Covid-19, ma lo scenario futuro non pare dei più rosei.
Secondo Bisso, che oltre a essere assessore è anzitutto un architetto, “non si può dire che il soffitto della palestra sia stato realizzato a regola d’arte, così come risulta discutibile costruire una palestra e una piscina con una struttura in ferro, visto che il ferro è continuamente esposto ai vapori di cloro che, come noto, sono molto corrosivi”.
Bisso non lo dice, “anche perché non c’ero e se l’hanno fatta così, avranno avuto i loro motivi”, ma si avvalora la tesi che l’impianto polisportivo di largo Pessagno sia nato male e rischi di finire peggio. È una posizione molto condivisa in città e che come ‘Piazza Levante’ abbiamo già approfondito in uno dei nostri numeri scorsi. Ma da dove arriva questo palazzetto dello sport? Ne ripercorriamo nuovamente la storia.
Andando indietro, arriviamo ai tempi del debutto sulla scena politica cittadina di Vittorio Agostino, quando il futuro ‘faraone’ divenne sindaco di Chiavari per la prima volta. Durante la campagna elettorale del 1992/1993, con la città guidata allora dal commissario straordinario Bruno D’Alfonso dopo il mandato di Renzo Repetto, Agostino promise un intervento sulla piscina del Lido che, al momento, era l’unica piscina cittadina, peraltro storica e amatissima.
La proposta era quella di realizzare una copertura, in modo da consentirne l’utilizzo anche durante la stagione invernale. Una volta eletto, Agostino effettivamente provò ad andare avanti su questo fronte, e mandò un primo progetto di copertura alla Regione Liguria che però, in base ai piani di bacino e al fatto che la piscina si trovasse alla foce del fiume Entella, chiese ulteriori approfondimenti prima di autorizzare l’edificazione. Non si trattava di un diniego, ma di un ulteriore passaggio di verifiche.
Agostino, però, la prese malissimo e, attraverso una variante urbanistica rispetto al Puc, cambiò completamente prospettiva. È qui, tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, che prende corpo l’idea di una seconda piscina, collocata in centro città, laddove un tempo sorgeva il cinema Astor, nel frattempo demolito.
Siamo in largo Pessagno, dietro a via Entella e a piazza Matteotti e ai piedi della collina. È uno spazio tutto sommato angusto, non c’è la possibilità di realizzare un parcheggio di servizio, non c’è la possibilità che gli autobus degli atleti e delle società sportive possano arrivare nei pressi dell’ingresso, ma si decide – o meglio il sindaco decide – che si deve andare avanti lo stesso e che ormai il progetto inerente il Lido è lettera morta. Così inizia, da una parte, la decadenza dello storico impianto, che si protrae sino ai giorni nostri nonostante tutte le amministrazioni successive abbiano prospettato un ripristino della struttura (da Roberto Levaggi a Marco Di Capua); così inizia, dall’altra parte, la costruzione di un palazzetto che non è stato mai amato né mai capito dai chiavaresi, anche per il fatto che rappresenta, rispetto al resto dell’abitato, uno stacco architettonico fortissimo e, per molti versi, incoerente.
La progettazione viene affidata all’architetto Isabella Lagomarsino, che non ha alcuna esperienza nella realizzazione di impianti sportivi, e tantomeno di uno così complesso come una piscina, ma che in compenso si contraddistingue per essere una fervente sostenitrice del sindaco Agostino e della sua giunta. I lavori partono agli inizi degli anni Duemila e, nel 2006, il centro polisportivo viene inaugurato.
La piscina è di proprietà del Comune, viene affidata in gestione alla Chiavari Nuoto, che ne è tuttora affidataria, e viene intitolata a Mario Ravera, storico dirigente della società nonché maestro di nuoto di lunghissimo corso negli anni Cinquanta.
L’impianto è costituito da una vasca di 33 metri per 21 metri, e di 2,30 metri di profondità, regolamentare per campionati di pallanuoto, nuoto e sincro. Divisa per motivi organizzativi a 25 metri, presenta 8 corsie larghe due metri e una parte più piccola, il retroponte. Ha tribune coperte per una capienza massima di 300 persone.
“L’acqua – si legge nella presentazione – ha una temperatura che si aggira intorno ai 27,5 gradi, idonea per svolgere gran parte delle attività. Gli spogliatoi, maschili e femminili, sono predisposti per l’accesso agevolato ai portatori di handicap. L’ingresso della piscina si trova all’interno del chiostro di largo Pessagno, adiacente all’auditorium San Francesco”.
Al piano superiore della piscina, ci sono due palestre: una più grande, in linea con il piano vasca, e una più piccola, pensata per attività a corpo libero.
Il centro è operativo tutti i giorni di tutto l’anno, e praticamente a tutte le ore. L’utilizzo è quindi vasto e intensivo al punto che, già qualche anno dopo, iniziano a manifestarsi i primi segni di usura. I quali, secondo i sopralluoghi, sono riconducibili sia all’utilizzo, sia ad alcuni difetti strutturali e di costruzione che, nel frattempo, vengono evidenziati.
I principali problemi stanno appunto nel soffitto della piscina, che non filtra abbastanza i vapori e rende necessarie continue manutenzioni: un costo enorme per le casse del Comune, oltre che conseguenti infiltrazioni al piano superiore. Altri problemi, pure questi non indifferenti, vengono registrati dal punto di vista idraulico.
È nel 2016, sotto l’amministrazione Levaggi, che l’impianto viene sottoposto a corposi lavori, anche grazie a un finanziamento che la Chiavari Nuoto ottiene dalla Regione Liguria dopo aver presentato un progetto volto all’efficientamento energetico, per un totale di cinquantamila euro. Altri cinquantamila euro vengono poi messi a disposizione dall’amministrazione chiavarese.
Nella fattispecie, viene cambiato l’impianto d’illuminazione della vasca, precedentemente costituito da proiettori tradizionali e da questo momento da proiettori a led (che garantiscono, a parità di resa, un notevole risparmio energetico); vengono sostituiti gli apparati di diffusione ed aspirazione per il ricircolo dell’aria, con messa in sicurezza della controsoffittatura della vasca e di tutte le tubazioni nella stessa inserite; vengono posati due recuperatori entalpici a piastre per il trattamento dell’aria di ricambio destinata all’espulsione.
È l’intervento di manutenzione più importante e più corposo fatto alla Mario Ravera da quando è stata inaugurata. Ma non basta. Negli ultimi anni, i segni del tempo e i difetti di progettazione ed esecuzione tornano a farsi vedere. E a essere coinvolto è ora il piano superiore, quello appunto della palestra della Pro Chiavari. Muri infiltrati dall’acqua, copertura sempre più in pericolo, sino al crollo dello scorso 8 ottobre.
Adesso, avviati gli ennesimi lavori, si è scoperto lo stato di corrosione dei pilastri. “Ci stiamo lavorando – assicura Bisso – Non c’è un rischio immediato, ma di certo non possiamo neppure girarci dall’altra parte, come forse è stato fatto in passato”.
Questa piscina in centro città non s’aveva da fare? I più vecchi a Chiavari continuano a pensarla così. I nostalgici della piscina del Lido, pure. Di certo, non s’aveva da fare in questa maniera. E, man mano che passa il tempo, la toppa diventa sempre più grande, anche rispetto a quello che c’è da rattoppare. Conviene andare avanti in questa maniera?