di DANILO SANGUINETI
Andare oltre, ai propri limiti fisici e forse ancor prima mentali sembra essere uno dei must degli sportivi che si dedicano alle ‘ultra specialità’. Autentici fachiri che usano sentieri, ostacoli, pesi e quant’altro per costruirsi un letto di chiodi che dà molto più fastidio di quello, accuratamente preparato sfruttando le leggi della fisica, dai santoni indiani.
Ogni giorno si sposta un po’ più in là il confine della resistenza e della fatica. Lo sta sperimentando sulla propria pelle Stefano Privino di Avegno, che da due anni è entrato nel giro delle OCR (Obstacle Course Race), ossia delle corse su percorso con ostacoli. Itinerari o circuiti su strada inframezzati da prove di forza e di agilità come sollevare pesi, arrampicarsi, saltare, addirittura fare flessioni e altri esercizi sul posto: il racconto orale dice poco, uno sguardo a foto e filmati rende appieno l’idea.
La reazione più comune è ‘Questi sono matti’. Un colloquio con Privino aiuta a ricollocare queste imprese nella giusta prospettiva: “Fuori di dubbio che siano necessarie particolari doti fisiche accompagnate da allenamenti mirati di una certa intensità. L’impegno è notevole, non alla portata di chiunque. Detto questo, posso smentire che siano necessari fisici da superman È più che altro una questione di passione e volontà. La mia storia personale credo serva da spiegazione: ho 26 anni, sino al 2017 facevo dell’altro, calcio a cinque, giocavo nella Tigullio. Decisi di tentare la Rea Palus, una corsa del circuito OCR che si tiene ogni primavera a Rapallo. Andai bene, sorprendendo molti, tra i quali, lo confesso, anche me stesso. Mi dissi che valeva la pena insistere. Da quel giorno ho preso parte a parecchie gare del circuito italiano OCR e a molte Spartan Race, che è il marchio internazionale di queste prove, con modalità e regole differenti rispetto alle OCR”.
I piazzamenti ed i tempi sono in costante miglioramento. “Nell’ultima Rea Palus sono arrivato terzo, secondo nella categoria Warrior, due settimane fa mi sono piazzato ottavo in una Spartan Race disputata in alta montagna, la Inferno Snow, su percorsi innevati (tanto per non farsi mancare niente, ndr), il che mi ha garantito la partecipazione ai mondiali che si terranno in ottobre a Londra. Adesso mi sto allenando per una prova-selezione che assegna posti ai prossimi campionati europei”.
Per eventi di una tale difficoltà servirebbe una preparazione super intensificata, Stefano però deve fare i conti con la vita ‘normale’, lavoro e affetti inclusi. “Mi piacerebbe fare come i ‘professionisti’ del settore che fanno almeno due round di esercizi al giorno, sette giorni su sette. Io cerco di ritagliarmi degli spazi in un’agenda lavorativa che mi impegna dalle sette del mattino al tardo pomeriggio. Diciamo che quando riesco a fare tre-quattro sedute settimanali, spesso sacrificando la pausa per il pranzo, sono contento”.
Ci vuole tanta passione per compensare… “La fatica mi fa stare bene. Le sensazioni che provi quando ottieni un ottimo tempo alla fine di un percorso netto ripagano dei tanti sacrifici”. E aguzza pure l’ingegno. Il ragazzo ha la residenza in quota, ad Arbora vicino ad Avegno, dove si è creato nel minuscolo terrazzamento di fronte a casa un mini circuito con gomme di camion da sollevare o lanciare, muretti di tre metri da scalare, spalliere svedesi orizzontali da percorrere dondolando o balzando da un appiglio all’altro e altre diavolerie del genere. Sembra il banco di prova per il leggendario percorso del Ninja Warrior, la sfida televisiva imperniata su prove di agilità e di forza impossibili una di seguito all’altra. Stefano ammette: “L’idea originaria era quella, poi la versione italiana del programma non si fece. Viene benissimo per testarsi in vista delle gare OCR o del circuito Spartan Race. Con una differenza sostanziale: che in queste simili test di abilità fisica vanno fatti dopo chilometri di corsa, spesso non in pianura, spesso neppure su asfalto, ma su sentieri fangosi quando non innevati”.
Proviamo a immedesimarci. In una gara OCR c’è un itinerario di gara di lunghezza variabile, diciamo dagli 8 ai 40 km, media sui 15, in mezzo decine di ostacoli. Alla partenza ti consegnano tre braccialetti, ad ogni ostacolo tu hai un tempo limite per passarlo, altrimenti i giudici ti tagliano un braccialetto. All’arrivo vince chi ha il miglior tempo e tutti e tre i braccialetti ancora al polso. In sintesi puoi fare un tempone ma se hai due braccialetti e uno che arriva magari un minuto dopo di te ne ha tre, vince lui. In una Spartan Race invece hai un solo tentativo per ostacolo, se lo fallisci sei costretto a fare esercizi supplementari, per esempio una serie di flessioni sul posto. La ReaPalus 2018 prevedeva 10 ostacoli sulla passeggiata a mare, una in prossimità del Santuario di Montallegro, altri 10 verso il ritorno in centro città a Rapallo. “Una corsa stupenda per il panorama, apprezzabile per la concorrenza. Per quanto riguarda la severità del percorso, ci sono eventi peggiori, tra tutti il Mondiale: a Londra saranno almeno cento gli ostacoli con i quali confrontarsi”.
Di nuovo il dito scatta spontaneo verso la tempia e ruota, il tipico gesto per significare ‘Ti manca un venerdì’. Se Stefano Privino ricevesse un euro per ogni volta che glielo hanno detto o fatto intendere, sarebbe milionario. “Vero, non è semplice capire per chi non è dentro al nostro giro. Posso solo rispondere con quanto ho scritto pochi giorni fa sulla mia pagina Facebook: l’unità di misura delle mie corse non è né il tempo, né la distanza, è la felicità. Corri, sorridi: hai già vinto”.
Stefano, l’asceta della fatica.