di ALBERTO BRUZZONE
Per il secondo anno di fila, saranno anche gli studenti, attraverso il voto della giuria popolare da loro composta, a indicare la vincitrice della trentasettesima edizione del Premio Rapallo per la Donna Scrittrice, la storica e ormai consolidata manifestazione ideata dal giornalista Pier Antonio Zannnoni e dedicata da sempre alla letteratura al femminile e alle più importanti e talentuose autrici.
Ma, per il secondo anno di fila, causa emergenza sanitaria, è stato modificato il format della kermesse e la consueta premiazione con un evento pubblico (che è sempre stato molto partecipato) non si svolgerà. L’atto finale dell’edizione numero trentasette è invece fissato presso il salone del Consiglio Comunale di Rapallo, e la data è quella del 16 dicembre alle 10,30, orario scelto proprio per consentire la partecipazione anche degli studenti.
Sono le scuole superiori rapallesi ‘Liceti’ e ‘Davigo’, quindi uno scientifico-tecnico e un classico-linguistico, a esser state scelte per la giuria popolare, mentre la giuria tecnica è formata da: Elvio Guagnini (presidente), Maria Pia Ammirati, Mario Baudino, Chiara Gamberale, Luigi Mascheroni, Ermanno Paccagnini, Mirella Serri e Pier Antonio Zannoni (coordinatore responsabile del premio).
Sono stati i critici a scegliere la terna delle finaliste, che risulta composta da Silvia Avallone con ‘Un’amicizia’ (Milano, Rizzoli, 2020), Elisa Ruotolo con ‘Quel luogo a me proibito’ (Milano, Feltrinelli, 2021) e Ilaria Tuti con ‘Fiore di roccia’ (Milano, Longanesi). Nella riunione, che si è svolta attraverso una piattaforma on line messa a disposizione dal Comune di Rapallo, la stessa giuria ha assegnato il Premio Opera Prima a Martina Merletti per il romanzo ‘Ciò che nel silenzio non tace’ (Torino, Einaudi, 2021) e il Premio Speciale della Giuria, intitolato ad Anna Maria Ortese, a Nadeesha Uyangoda, per il volume ‘L’unica persona nera nella stanza’ (Roma, Edizioni 66THA2ND, 2020).
Le tre opere finaliste, ai fini dell’assegnazione del premio principale, saranno votate congiuntamente dalla giuria dei critici e dalla giuria popolare. Quest’ultima, per l’appunto, è costituita da quaranta studenti, una bellissima scelta volta anche a promuovere la lettura nelle scuole.
Secondo Pier Antonio Zannoni, ideatore del premio, “il numero delle opere in concorso, ottantacinque nell’ultimo anno, dimostra la vivacità della letteratura femminile e l’interesse per questo premio, che da trentasette anni è un importante punto di riferimento per le autrici di opere di narrativa. Rispetto al passato, dieci, venti e oltre anni fa, sono sensibilmente aumentate le opere pubblicate da case editrici di rilievo nazionale, mentre sono diminuite, e di molto, le opere pubblicate dalle autrici in proprio o, al più, attraverso piccoli editori locali. Insomma, l’esercito degli ‘scrittori femmine’, come amava dire Carlo Bo, è più che mai di indubbia qualità”.
Ma ecco le motivazioni per la terna delle finaliste, e anche per i premi speciali.
TERNA DELLE FINALISTE
Silvia Avallone, ‘Un’amicizia’ (Milano, Rizzoli, 2020) – Che cosa si nasconde dentro un’amicizia, che cosa c’è di conoscibile o di inconoscibile? Silvia Avallone, al quarto romanzo dopo l’esordio fulminante di ‘Acciaio’ – e questa volta in prima persona – cerca la risposta attraverso la scrittura, il suo potere liberatorio e conoscitivo. Romanzo nel romanzo, ‘Un’amicizia’ mette in scena il rapporto fra due giovani donne, Elisa e Beatrice, cresciute negli anni Duemila e poi separate da qualcosa di oscuro. Sembrano ormai lontanissime: Beatrice è diventata un’influencer di fama mondiale, in un mondo apparentemente futile e superficiale; Elisa che guarda al passato, ai propri fantasmi, è alla ricerca di una esistenza concreta e vera. Ma per far questo, come avventurandosi in un viaggio, accende il computer e si rivolge alla letteratura. Scrive la sua storia, quella di quanti le sono stati attorno, e soprattutto quella della grande amicizia perduta. Il rapporto con Beatrice traccia con l’originalità di una voce che sa rimodularsi ad ogni pagina la rotta di un viaggio appassionato, di una profonda comprensione nel tempo e nei paradigmi del nostro presente.
Elisa Ruotolo, ‘Quel luogo a me proibito’ (Milano, Feltrinelli, 2021) – ‘Quel luogo a me proibito’ è un romanzo che sa di terra e di cielo, si abbevera alla fonte della tradizione ma la reinterpreta in modo personalissimo: si sente in filigrana che la sua autrice è dedita anche alla poesia. Si entra a poco a poco nella trama, ma in breve la scrittura avvolge chi legge tenendolo aggrappato alla pagina, lo induce a sottolineare, a interpretare, a ritornare. Perché ogni parola, ogni frase – complice anche una sintassi che a volte sottende strutture dialettali – crea sempre uno scarto, un piccolo cortocircuito che interroga. Sulla terra e sotto il cielo di questa voce unica si muovono i suoi personaggi, che si espongono senza riserve, indagano sé stessi senza tacere vergogna, paura, contraddizioni, pulsioni. Elisa Ruotolo non ‘protegge’ la sua donna bonsai né gli altri personaggi di questo romanzo, se non proprio raccontandoli senza reticenze. E questo ce li avvicina immensamente, ci permette di comprenderli nel profondo anche quando non li capiamo, senza che nessun giudizio arrivi a mai marcare una distanza fra noi e loro. Elisa Ruotolo è senza dubbio una delle voci femminili più interessanti del panorama letterario di oggi: la sua scrittura è densa, non insegue mode o stilemi, dialoga con la tradizione restando attualissima e indagando una complessità del femminile anch’essa tutta contemporanea. È una voce della differenza.
Ilaria Tuti, ‘Fiore di roccia’ (Milano, Longanesi, 2020) – ‘Quelli che riecheggiano lassù, fra le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache scuote anche chi è rimasto nei villaggi, mille metri più in basso. Restiamo soltanto noi donne, ed è a noi che il comando militare italiano chiede aiuto’. Inizia così il bellissimo romanzo ‘Fiore di roccia’ (Longanesi) di Ilaria Tuti dedicato all’eroico sacrificio delle portatrici carniche. Sono le donne che durante la prima guerra mondiale si sono caricate sulle schiene le loro gerle con viveri e medicine per raggiungere la linea del fronte nella neve che arriva fino alle ginocchia. Il nemico, con i suoi cecchini – diavoli bianchi, li chiamavano le teneva sotto tiro. È una storia vera, questa del sacrificio delle donne che la Tuti racconta con linguaggio alto, forte che della guerra ci restituisce tutte le passioni e l’eroismo femminile.
PREMIO OPERA PRIMA
Martina Merletti, ‘Ciò che nel silenzio non tace’ (Torino, Einaudi, 2021) – Il romanzo di Marina Merletti, ‘Ciò che nel silenzio non tace’ (Einaudi), che ha quali date di antefatto ed epilogo Torino ‘agosto 1944’ e ‘luglio 2003’, pur prendendo spunto da una situazione realmente verificatasi, ossia il salvataggio d’un neonato che una suora riesce a far uscire dal carcere prima che la madre partigiana venga avviata ai lager nazisti, nella sua libera trasposizione narrativa che vede la quarantenne Aila Trabotti alla ricerca di questo fratello di cui è venuto a conoscenza a quattro anni dalla morte della madre, dei cui numeri tatuati sul braccio è stata ossessionata sin da bambina, opera con piena coerenza tra i materiali e le ricostruzioni più propriamente storiche e la capacità di indagare le anime dei protagonisti, tra le quali esce come protagonista assoluta il personaggio davvero notevole di Teresa, colei ha accolto in casa quel neonato. E lo fa con una scrittura assai sorvegliata nei passaggi tra narrazione e documenti, ma soprattutto nello sguardo interiore dei personaggi.
PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA
Nadeesha Uyangoda, ‘L’unica persona nera nella stanza’ (Roma, Edizioni 66THA2ND) – È un libro che sta tra la riflessione saggistica, il racconto autobiografico e l’osservazione di comportamenti sociali. È un testo ben documentato, molto coinvolgente, con tratti ironici e autoironici, che offre spunti fondamentali per ragionare sul problema dell’immigrazione, sulle polemiche intorno alla questione delle differenze storiche, culturali, linguistiche tra comunità diverse a contatto; e su ciò che significano integrazione e assimilazione, da un lato; e, da un altro lato, su pregiudizi, ipocrisie, equivoci, malintesi, rifiuti, ignoranze di ogni genere intorno al problema dell’‘altro’ e della ‘diversità’, e sul razzismo. Un libro di grande valore culturale da leggere (e far leggere) per capire e affrontare con serenità questioni che riguardano la nostra civiltà e i dibattiti relativi al suo futuro. Per questo, gli viene attribuito all’unanimità il Premio della Giuria.