di ALBERTO BRUZZONE
Precarie e part time. In Liguria solo un terzo del totale delle assunzioni a tempo indeterminato è destinato a una donna, e in tutte le tipologie di assunzione il tempo pieno per le donne è sempre l’eccezione.
È il dato più lampante che emerge dalla riflessione sul mercato del lavoro declinato al femminile che la Cgil Liguria ha proposto in occasione dell’8 Marzo, Giornata Internazionale della Donna.
I dati sulle assunzioni nella nostra regione nel corso del 2020 sono stati elaborati da Marco De Silva dell’Ufficio Economico Cgil Liguria e fotografano una realtà in cui le differenze tra uomo e donna in ambito lavorativo sono ancora troppo marcate.
La tavola rotonda online
Di questi temi si è parlato in occasione di una tavola rotonda, che si è tenuta con la modalità in streaming, e che è stata intitolata ‘Donne e lavoro: costruire il futuro’.
Vi hanno partecipato Maria Grazia Gabrielli, segretaria generale nazionale Filcams Cgil; Alessandra Guazzetti, segretaria Fp Cgil Liguria; Emanuela Drago, segretaria Flc Cgil Genova; Valentina Ghio, sindaco di Sestri Levante; Gianni Berrino, assessore al Lavoro della Regione Liguria; Susanna Camusso, responsabile politiche di genere Cgil Nazionale. Ha introdotto e moderato Fulvia Veirana, che da qualche settimana è la segretaria generale Cgil Liguria.
Secondo la Cgil, “il fallimento delle politiche di condivisione e conciliazione, la contemporaneità dell’aumento del peso nei settori della cura e di pubblica utilità, sommati alla crisi economica nei comparti con maggiore tasso di occupazione femminile legati alle politiche di contenimento del virus, hanno pesato prevalentemente sulle donne”.
Nella nostra regione, come sottolinea Fulvia Veirana, “solo un terzo del totale delle assunzioni a tempo indeterminato è destinato a una donna e in tutte le tipologie di assunzione il tempo pieno per le donne è sempre l’eccezione, mai la regola. Anche al netto della pandemia, la parità di genere è una chimera per molte donne lavoratrici. Il Covid ha solo peggiorato una situazione preesistente”.
I dati: 59mila contratti in meno nel 2020
I dati evidenziano come in Liguria, nei primi 9 mesi del 2020, ci siano stati 59mila contratti in meno (che non corrispondono ad occupati, ma al numero dei contratti stipulati nel periodo di riferimento), con un drastico calo di quelli a tempo determinato.
Restringendo il campo al focus di genere, i dati dell’Osservatorio Inps sul precariato indicano in 43.073 le assunzioni al femminile contro le 68.283 del 2019 con una contrazione del 36,9 %, pari a meno 25.210 contratti. Inoltre il 52,6% delle assunzioni femminili è a tempo parziale.
Le assunzioni femminili a tempo indeterminato hanno rappresentano il 12,1% del totale, con un calo di 2.060 contratti (-28.3 %) rispetto al 2019. Il calo più marcato è per i contratti a tempo determinato con un calo del 43,9 % rispetto all’anno precedente (28.681 assunzioni del 2019 contro le 16.096 del 2019, con una contrazione di 12.585 contratti).
Ma tutte le altre tipologie contrattuali sono in calo rispetto al 2019. Il lavoro stagionale (-21,6%), la somministrazione (-31,6%), l’apprendistato (-36,2%) e il lavoro intermittente (-40%). La pandemia ha colpito soprattutto gli ambiti in cui le donne sono sovra rappresentate come il terziario (92,6% delle assunzioni) e al suo interno i settori del turismo e del commercio.
Il commento di Fulvia Veirana
“I dati confermano, se ancora ce ne fosse bisogno, che la nostra società deve fare passi da gigante per arrivare a una piena parità di genere, anche sul lavoro – sottolinea Fulvia Veirana – In Liguria è urgente individuare una strategia efficace per promuovere uno sviluppo che generi occupazione stabile per tutti. Nell’ambito di questa riflessione, devono essere individuati tutti gli strumenti per promuovere l’occupazione femminile”.
La pandemia blocca la crescita professionale delle donne
Intanto, anche una ricerca da parte di Swg, la società specializzata in sondaggi e indagini demoscopiche, pubblicata nei giorni scorsi, evidenzia come la pandemia abbia bloccato la crescita professionale soprattutto per le donne. La questione della parità di genere non solo è sempre attuale, ma è diventata pure più marcata, in quanto parecchie differenze sono aumentate.
Quella che emerge, infatti, è una condizione di esacerbata vulnerabilità su più fronti. Da un lato le lavoratrici sono state più profondamente penalizzate dal protrarsi dell’emergenza sanitaria rispetto ai colleghi uomini, per quanto riguarda l’evoluzione di carriera. Dall’altro, guardando al proprio futuro lavorativo, sentono di trovarsi in una condizione più incerta: il 22%, infatti, ritiene plausibile la possibilità di un licenziamento.
Sebbene le difficoltà non siano mancate, l’esperienza dello smart working ha comportato un’ottimizzazione del binomio lavoro-famiglia per quasi la metà dei lavoratori, di entrambi i generi. L’asimmetrica relazione tra uomini e donne nella nostra società relega le donne all’interno di una cornice di ruoli marchiati da stereotipi e pregiudizi profondamente radicati nella mentalità delle persone. Al fattore culturale, sia per gli uomini che per le donne, si accompagnano carenze sul piano legislativo e un accentramento del potere nelle mani dei soli uomini.
La questione degli squilibri, a partire dal gender gap pay
Nel concreto, l’abbattimento del gender gap, secondo il parere femminile, deve essere raggiunto attraverso misure che mirino innanzitutto a incentivare e migliorare l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro, attraverso la parità salariale e lo slancio dell’imprenditorialità rosa, mentre per gli uomini l’obiettivo primario è potenziare i servizi per la conciliazione lavoro-famiglia.
Ma quali sono gli squilibri che gravano di più sulle donne? Proprio quelli inerenti la sfera lavorativa, in particolare il gender gap pay, secondo il 48% degli intervistati (il campione è di ottocento persone, l’arco di svolgimento delle interviste è tra il 3 e il 5 marzo scorsi, il grafico è qui sopra).
Le altre risposte sono: la mancanza di pari opportunità di crescita nel mondo del lavoro (37%); il retaggio culturale per cui è la donna a doversi occupare della famiglia (32%); essere più facilmente soggette a critiche per il modo di comportarsi o di vestirsi (25%); non avere le stesse libertà concesse a un uomo (23%); la mancanza di iniziative e servizi per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (23%).
Vecchi schemi da superare
Per Fulvia Veirana si tratta di nodi cruciali vecchi di anni e mai risolti, che si sono acuiti con il Covid: “Il welfare nel paese è parziale, in Liguria ancora di più: 28 bambini su 100 possono frequentare un asilo nido, metà può farlo in strutture pubbliche o a regia pubblica. Ecco: finché non ci sarà un lavoro culturale sulla società, che non predetermini il ruolo della donna, il rischio è che continui un percorso di caduta. Non solo: occorre creare posti di lavoro per tutti. In questa fase il Recovery Fund può essere un’occasione unica che va sfruttata. Nella nostra regione siamo molto in ritardo”.
Per la sindacalista, “essere donna oggi a capo del primo sindacato ligure vuol dire avere una grande responsabilità e sapere che questo fatto può rappresentare una fase in cui costruire occasioni. In questa emergenza oggi tutti dobbiamo metterci tutto quello che possiamo per poter dare un contributo”.
La strada da fare è ancora molto, ma molto lunga. L’importante, però, è continuare a vederla davanti a sé.