di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *
In molte occasioni ci siamo ritrovati a riflettere sul futuro culturale della città di Chiavari e dell’intero territorio del Tigullio. Una scintilla di speranza era scoccata quando si era proposto di candidare il Tigullio a capitale italiana della cultura. Una certa soddisfazione ci aveva colto nel ragionare che, finalmente, si proponeva un lavoro più ampio, in cui i comuni, ahimè non tutti, erano disponibili a presentare un progetto univoco.
È vero che la cultura non dovrebbe aver bisogno di “competizioni” o “concorsi” per aggiudicarsi un ruolo; ma potevamo accontentarci di un sussulto positivo e sperare in qualcosa di nuovo. Non ci siamo riusciti: nella più classica delle trasmissioni evento televisive abbiamo visto prevalere Pesaro. Per noi, solo la gioia-speranza di essere stati tra le dieci finaliste. Poi siamo tornati alla realtà, il sussulto legato al progetto non ha lasciato nulla, e ogni “piccolo comune” è tornato alle sue proposte, tra cultura e gestione del tempo libero.
Tanto per ripassare la lezione, nella recente campagna elettorale per la regione un importante candidato si è reso protagonista di uno spot girato nella platea del teatro Cantero. Un set sempre coinvolgente, gli stucchi dei palchetti e i cristalli dei lampadari a mettere in primissimo piano il candidato che promette con dizione perfetta, da teatro, la sua proposta: “Se sarò eletto mi impegno a concludere l’acquisto del teatro… bla … bla … bla”. Nessun applauso dalla deserta platea, nemmeno il più classico degli applausi registrati di Fantozzi, ma il sonoro risultato delle urne: il candidato che comprava il teatro non è stato eletto! Perciò, finita la campagna elettorale è scoccato l’ennesimo anno di chiusura dello storico teatro chiavarese e possiamo così segnare la settima crocetta dal 2017. Noi naturalmente non demordiamo e continuiamo a sperare. Il progetto è stato consegnato, il Comune è in possesso di un corposo documento per avviare i lavori; naturalmente dobbiamo portare a casa l’intero immobile, e qui i sogni attendono il prossimo passaggio.
Nei giorni scorsi un nuovo brutto sogno è venuto a turbare il piacere di pensare al futuro di Chiavari e del Tigullio. Dai giornali abbiamo appreso la notizia che il cinema Mignon chiuderà il 30 aprile del 2026. In tanti si sono preoccupati, il timore era ancora quello dell’ultima proiezione, del pomeriggio o della serata del 30 aprile, prossimo venturo, dove la pellicola terminava e si illuminava l’ennesima “fine”. Eppure questa immagine era già passata altre volte, come dimenticare la chiusura dell’Odeon, del cinema Nuovo, del Teatro Astor, del Cantero: c’è sempre stata un’ultima proiezione a sancire la chiusura. L’Odeon ha continuato ad essere un luogo d’aggregazione, modificando l’uso della sala di proiezione in una offerta di nuovo tipo. Il Nuovo è stato demolito: la sua sala decadente era diventata luogo di proiezione di pellicole “a luci rosse”, le uniche che garantissero ancora un incasso. Il Teatro Astor ha una storia tutta sua, che forse è bene rammentare. La demolizione fu voluta dal sindaco Agostino, e le sue implacabili ruspe lo sventrarono nel giro di un paio di giorni: un teatro comunale, come vorremmo che fosse in futuro il Cantero, uno spazio pregiato distrutto per costruire un complesso con piscina nel Centro Storico. Avevamo provato a rammentare che Chiavari è sul mare, che la piscina già c’era e che forse valeva la pena di salvarla senza demolire l’Astor, ma gli uomini del ‘fare’ sembra non desiderino confrontarsi ma agire e, in questo caso, demolire.
In questo lungo ricordare ci sembra sempre che la memoria della nostra collettività sia corta, cortissima, che la città non rammenti e si rifiuti di contribuire a salvare strutture che potrebbero garantire un futuro a Chiavari e al territorio tutto. Anche nelle ore della notizia della possibile prossima chiusura del Mignon si sono avute reazioni contrastanti; la dottoressa Stanig sul quotidiano locale ha sottolineato che l’Assessorato alla Cultura da lei guidato ha fatto molto, “con un calendario di iniziative per tutti i gusti”. ‘Per tutti i gusti’? Forse sarebbe bene non utilizzare termini da rosticceria per trattare un argomento così delicato.
Faccio notare che poche righe prima la Stanig affermava: “È una crisi più profonda che non dipende dai luoghi di cultura, ma dalle persone e dalle loro abitudini”. Una frase che indica una preoccupazione autentica, ma che allora richiederebbe un progetto culturale serio, capace di riportare la gente nei luoghi della cultura, modificando le abitudini, sconfiggendo la noia, la solitudine, ritrovando il piacere di argomenti che facciano crescere e pensare.
Qui è il vero bivio. La cultura è capace di far crescere, di ravvivare le speranze e trovare nuove risposte; la gestione del tempo libero è un’altra cosa, non richiede luoghi qualificati, ma la banalità dell’hobbistica come passatempo. Il futuro del nostro territorio richiede idee sagge e capacità di dialogo e confronto. La cultura, e il prezioso paesaggio che ci circonda rappresentano una valenza unica, ma non possiamo più sbagliare. Abbiamo demolito il teatro Verdi, l’Astor e il Cinema Nuovo: non possiamo più sbagliare.
Rammentino l’amministrazione e l’assessora alla Cultura che la riapertura del Cantero non si chiuderà il giorno dell’inaugurazione: dobbiamo capire come gestire l’intera operazione, così per il futuro del Mignon e ancora per il domani dell’Ex Tribunale della Cittadella. Il complesso della Cittadella necessita di un confronto che non avete voluto avviare. Pensare al museo archeologico in quello spazio è un errore madornale, un’operazione completamente errata.
La Cittadella deve essere la nostra proposta di Palazzo Ducale del Tigullio, uno spazio internazionale per proposte capaci d’attirare un pubblico vastissimo, i nostri confini futuri sono l’Europa e non possono rimanere rinchiusi nel ruolo di un piccolo comune di provincia.
Pensateci, pensiamoci!
(* storico e studioso delle tradizioni locali)