di ALBERTO BRUZZONE
La mobilità alternativa e sostenibile è una gran cosa. Le piste ciclabili sono una gran cosa. E questo vale per tutte le parti del mondo.
Solo che vale, quando le piste ciclabili e la mobilità alternativa sono concepite in spazi prima dedicati al traffico veicolare, non concepite in spazi prima dedicati ai pedoni. Perché, in quest’ultimo caso, la mobilità alternativa e le piste ciclabili diventano solo e soltanto un elemento di enorme confusione e di elevati rischi, sia per chi cammina a piedi che per le stesse persone che si spostano sulle due ruote.
A Chiavari, negli ultimi giorni di gennaio, è stata tracciata la segnaletica dei nuovi percorsi ciclabili in centro città, in particolare nella zona di corso Millo. E che cosa è stato sacrificato? Il traffico veicolare o gli spazi riservati ai pedoni? Sono stati sacrificati, e quindi notevolmente ridotti, gli spazi riservati ai pedoni, tagliando via intere porzioni di marciapiede per il nuovo percorso riservato alle biciclette e creando pericolosissime commistioni sia con gli attraversamenti pedonali che con gli esercizi commerciali.
Succede quando si opera con superficialità, con la fregola di dover dare gli annunci e con la necessità di non perdere alcuni finanziamenti europei: solo che non è molto lungimirante, né intelligente, spendere soldi pubblici (da qualsiasi fonte essi arrivano) buttandoli via per soluzioni pasticciate, assolutamente poco congeniali e già ampiamente criticate dalla maggior parte della popolazione.
Ma come si fa a pensare e a progettare una pista ciclabile sopra a un marciapiede, per giunta in una zona ampiamente frequentata durante tutte le ore del giorno? Come si fa a non rendersi conto che in questa scelta non esiste alcuna logica? Certo, tra poco più di un anno ci saranno le elezioni comunali, e l’amministrazione in carica potrà andare a spendersi il fatto di aver realizzato i percorsi per le biciclette. Certo, ma come?
Non esistevano altri modi che andare a rubare spazio e sicurezza a chi cammina a piedi? Non esistevano altri modi che far combaciare la pista ciclabile con la veranda di un’attività commerciale, con uno spazio di fronte al Parco Talassano dove solitamente ci si ferma a parlare, con degli incroci ad angolo cieco che già sono pericolosi e che necessitavano ampiamente di una messa in sicurezza ancor prima che venisse tracciato questo folle e insulso percorso?
Qualcuno dovrebbe prendersi la responsabilità di rispondere a queste semplici domande. Chi ha autorizzato tutto questo? Chi ha avuto la poco fantastica pensata? È stata fatta una valutazione dei pro e dei contro? Queste scelte sono state condivise con la cittadinanza, con le categorie commerciali, con le associazioni cittadine, con le opposizioni in Consiglio Comunale?
Oppure, come spesso avvenuto negli ultimi tempi, si è fatto tutto nel chiuso di una stanza? La paternità di questo obbrobrio è ampiamente nota, e forse non è un caso. Perché quando c’è di mezzo Partecip@ttiva, una delle ‘gambe’ che sostiene la maggioranza del sindaco Marco Di Capua, non si è nuovi a scelte poco trasparenti e decisamente non condivise (l’esatto contrario rispetto allo statuto con cui nacque questo movimento civico, insomma).
Ricordate le scelte a proposito del Palazzo della Cittadella? È stato ‘svenduto’ alla Soprintendenza dalla vicesindaco Silvia Stanig, senza un minimo confronto con l’ambiente culturale cittadino, che propendeva per altre opzioni, anche più lungimiranti: in più, l’indirizzo voluto dalla vicesindaco e assessore alla Cultura ha creato una frattura anche all’interno dello schieramento pro Di Capua, con la lista Marco Di Capua Sindaco che ha preso ampiamente le distanze.
E ora? Dietro alle piste ciclabili c’è, da sempre, l’altro elemento di Partecip@ttiva in maggioranza: il consigliere comunale Giorgio Canepa, che ha appunto la delega sul tema. Canepa si è fatto fotografare mentre venivano tracciate le nuove segnaletiche orizzontali in corso Millo: l’immagine è finita sui social e, accompagnata da tutte le altre che documentano il lavoro finito, è stata oggetto di animatissime critiche.
Mai come in questo caso, i cittadini hanno ragione: perché la ciclabile in corso Millo è pericolosa, fuori di logica, azzardata e chi più ne ha più ne metta. Intanto perché è sul marciapiede, e questo lo si è detto; poi perché la corsia è stretta, quindi non consente l’incrocio tra due biciclette, o tra due monopattini; poi perché taglia gli attraversamenti pedonali; poi perché c’è un’evidentissima strozzatura a metà del viale; poi perché passa accanto alla veranda di una pizzeria; infine perché invade, sconvolge e non tiene assolutamente in conto le esigenze dei pedoni.
“C’erano da non perdere i finanziamenti europei”, si sente dire a difesa delle piste ciclabili. Certo, ma ha senso spendere i soldi tanto per spenderli? Ha senso spenderli male? Il finanziatore ha preso visione di questo progetto, si è detto d’accordo, lo condivide nella forma e nella sostanza?
Sarebbe interessante capirlo, visto che questa ‘ciclabile’ in corso Millo (le virgolette sono assolutamente d’obbligo) fa il paio con le altrettanto inguardabili soluzioni adottate per i giardini del Lido e per corso Colombo, dove il tracciato è disegnato sì lungo la strada, ma poi si è mangiato decine e decine di parcheggi, e poi sale a un certo punto sul marciapiede per poi ridiscenderne di nuovo.
E che dire delle biciclette in via Vittorio Veneto, un tema già trattato da ‘Piazza Levante’ in passato? Qui le biciclette sono in completa coabitazione con i pedoni: non ci sono percorsi protetti, non ci sono cordoli, non ci sono contromisure di alcun tipo. Possibile che il consigliere Canepa, che racconta spesso di aver lavorato a lungo negli Stati Uniti, non abbia preso visione di come ci si organizza con le biciclette nelle città più evolute?
Qui l’impressione è sempre la stessa: che si vada avanti per soluzioni a spot, di quelle che finiscono per accontentare qualcuno (e in questo caso si fa veramente fatica a capire chi) e per scontentare moltissimi; e soprattutto che non ci sia, come in effetti non c’è e non c’è mai stata da quando la città è amministrata dall’attuale maggioranza, una visione generale e complessiva.
Manca da sempre un piano generale del traffico e l’amministrazione in carica non ha mai preso neppure in lontana considerazione il problema. Che cosa fare con le aree pedonali? Con piazza Matteotti? Con le aree a cintura? E del prolungamento di viale Kasman, che si dice?
Eppure la redazione di un Pums, ovvero un Piano Urbano di Mobilità Sostenibile, è ormai un’esigenza imprescindibile. Palazzo Bianco se ne sta occupando? E come? Sarebbe bello che le soluzioni ‘a spot’, tipo le biciclette in via Veneto e in corso Millo, l’inversione di sensi di marcia o le pedonalizzazioni a tempo, venissero inserite all’interno di un disegno complessivo, di una visione generale.
Come immaginiamo la città del futuro? Che cosa vogliamo farne? È possibile renderla completamente pedonale? È possibile implementare l’utilizzo delle biciclette attraverso la creazione di posti dedicati? Ecco, sarebbe utile, e anche più rispettoso dei cittadini, lavorare con una visione a lungo termine.
Altrimenti, il senso di certe scelte, al netto dell’evidente pericolosità, resterà sempre incomprensibile ai più.