di FABRIZIO DE LONGIS
In Liguria la pillola abortiva RU486 sarà distribuita nei consultori. Un fatto positivo e di per sé questa dovrebbe essere la notizia. Un passo in avanti nei diritti civili delle donne liguri e un miglioramento del sistema sanitario nazionale (perché gli ospedali saranno meno intasati per una pratica che oggi può tranquillamente eseguita in condizioni non ospedaliere).
Ma grattando un poco la superficie, a guardarsi bene si scopre che una scelta progressista come quella approvata martedì scorso in Consiglio Regionale, rappresenta il termometro politico di una gestione sanitaria che conferma contraddizioni e debolezze.
Infatti sul voto di martedì, proposto dal consigliere di opposizione Roberto Arboscello, la maggioranza regionale si è divisa. Andando alla conta, i consiglieri favorevoli sono stati 17 (con la nota non da poco del blocco compatto della Lega a cui si sono aggiunti due consiglieri di Cambiamo), mentre i contrari sono stati 9.
Non è la prima volta, va detto, che si registra una spaccatura nella maggioranza regionale di centrodestra. E per fortuna la politica vive di autonomie e posizioni contrastanti, va osservato. Quindi ci sta nel gioco delle aule consiliari che si giunga a divisioni e scontri. Quello che però si constata nella condizione di Regione Liguria, è che il tema sanità e il tema diritti civili, sono forieri di una condizione di gestione politica che non può passare inosservata.
Arrivando, infatti, al merito, il documento approvato impegna la Giunta Regionale ad avviare tutte le azioni necessarie che permettano la distribuzione della pillola abortiva nei consultori territoriali in due fasi. Una prima con una consegna del farmaco riservata ai consultori considerati già adeguati alla somministrazione, una seconda connaturata da un monitoraggio necessario per adeguare un numero sufficiente di consultori a cui fornire la pillola una volta migliorate le condizioni delle strutture. Tutto con l’obiettivo non da poco di garantire un servizio omogeneo nel territorio.
Queste, che sembrano prescrizioni con un potenziale contenuto aleatorio, rappresentano però i nodi cardine della gestione sanitaria ligure. Ossia: equità in termini di accesso e prestazioni, diritti rispettati e adeguata copertura territoriale dei servizi, garantendo decentramento e deospedalizzazione delle prestazioni sanitarie e che possono essere garantite fuori dai nosocomi.
Infatti il modello regionale impostato in Liguria da tempo è quello dei grandi nosocomi. Leggasi, accentramento e riduzione e all’osso, se non cancellazione, della medicina territoriale. Un’impostazione che, ad ogni prova, sembra manifestare pecche e difetti che indeboliscono l’assistenza ai cittadini e quindi i loro diritti. Infatti il diritto all’assistenza sanitaria è una prescrizione costituzionale che non di rado sembra disattesa.
Il caso della pillola abortiva chiarisce come sia necessario andare sempre di più a una sanità territoriale che preveda strutture e processi intermedi. Accalcare persone e annodare differenti livelli di cura fra loro, nelle grandi strutture ospedaliere, appare ormai fallace. Come d’altronde la crisi pandemia ha evidenziato in maniera chiara.
Non da meno è il tema dei diritti sociali. Punto scottante per la maggioranza regionale. Il laccio che si stringe o si allenta nella presa dei diritti, è per il centrodestra ligure un banco di prova scottante. E qui viene un tema interessate, ossia la base concreta della spaccatura registrata martedì in consiglio. Riconoscere gli adeguati e giusti servizi di sanità.
Garantire l’accesso a prestazioni fondamentali, con una presenza sul territorio, può essere vista come una battaglia da intraprendere in termini di diritti sociali? O dovrebbe essere una normale amministrazione?
Che il termine sanità sia collegato ai diritti, non vi è dubbio. Ma che perché venga riconosciuta pienamente, il doverla portare a una lotta di diritti sociali ne prescrive in automatico una presente crisi. Soprattutto se la proposta in oggetto serve a ‘sgrassare’ l’operatività di questa sanità. Come il lavoro dei consultori può garantire.
Qui si registra uno dei punti più deboli della tenuta di maggioranza in Regione Liguria. Con l’assessore regionale in materia, Angelo Gratarola, favorevole a una misura che si trova in contrasto buona parte della maggioranza.
E forse è questa, come suggeriscono dall’aula consiliare, la vera battaglia politica che anima un poco gli spenti antri di via Fieschi oramai troppo spesso delegati al ruolo di avvallo delle decisioni di piazza De Ferrari. Ossia la battaglia mista fra diritti e sanità.