di DANILO SANGUINETI
Di questi tempi usare la parola transumanza, soprattutto senza comprenderne appieno il significato e l’etimologia, è pericoloso. Assurta a notorietà nazionale suo malgrado lo spostamento di mandrie animali da allevamento, segnatamente ovini e bovini, dai pascoli estivi verso i ricoveri invernali (e viceversa), lungo percorsi ben definiti (tratturi) e che sovente prevedono ascese e discese significative, in realtà la ‘trans-umanza’ (letteralmente ‘attraverso i terreni’) è una azione ben nota in tutto il mondo contadino.
Una parte indispensabile della pastorizia, che viene praticata da millenni ad ogni latitudine della Penisola. Nell’Italia moderna ha acquisto un potere evocativo grazie alla scolarizzazione diffusa: merito o colpa dei famigerati sussidiari dove immancabilmente veniva scelto il D’Annunzio prima maniera ed i suoi scritti in versi e prosa sull’Abruzzo, la sua arcadia con le cioce.
I gioghi dell’Appennino Centrale sono costellati di feste che celebrano i giorni della migrazione. Da qualche tempo anche quando si ci si sposta a nord e si arriva alle montagne dell’Appennino ligure la transumanza ha una tradizione degna di nota. Tradizione alla quale è stata data, abbastanza di recente, nuova vita, una linfa di gioventù e di innovazione dovuta a un coraggioso come l’avetano Pietro Monteverde, imprenditore agricolo capace di pensare un po’ più in grande e guardare un po’ più in là della media dei suoi colleghi.
Il titolare della ‘Azienda Agricola Monteverde Pietro’ (già dal nome si capisce che stiamo parlando di impresa a strettissima conduzione familiare) è essenziale nel raccontare come e quando gli venne l’idea della festa. “Io ho 55 anni. A Santo Stefano sono nato e risiedo. Sto benissimo qui, nella mia Val d’Aveto, ho praticamente sempre e solo fatto l’agricoltore e il pastore, tuttavia non sono né cieco né sordo e mi sono reso conto che le cose cambiano, negli ultimi anni addirittura a ritmo vorticoso. Nel 2003 mi sono detto: ‘Perché non proporre che l’operazione di recupero e di entrate negli stalli invernali delle mie mucche diventi un momento di festa, una maniera per celebrare il passaggio dalla stagione bella a quella brutta, lo scivolare dell’autunno verso l’inverno?’. L’idea piacque subito, e con il passare delle edizioni, è diventato un vero e proprio evento che dura una intera giornata e coinvolge l’intero paese”.
Per capire di che cosa sta parlando, basta scorrere il programma della edizione 2023 che andrà in scena nell’ultimo fine settimana di ottobre, sabato 28 e domenica 29 ottobre. Il massimo sarà poter accompagnare la carovana formata da bovini, cavalieri e mandriani. Sarà infatti possibile raggiungere la comitiva a Torrio, dove alle ore 9 c’è la colazione, con le navette messe a disposizione dal Comune e percorrere parte del tragitto. Ore 7,30: partenza delle mucche dal Monte Crociglia in provincia di Piacenza (su prenotazione pulmino gratuito per il Monte Crociglia: tel 353 335315). Ore 9: tappa e colazione a Torrio. Ore 10: sfilata Bande e coro. Ore 10,15: ‘rubattaballe’ (la gara di rotolamento di balle agricole nel viale principale del paese) per grandi e piccoli (viale Razzetti); esibizione country-line dance e balli di gruppo a cura di Momas Dance Academy; ore 11,30: sfilata in costume del Gruppo Sportivo di Allegrezze e arrivo mucche a Santo Stefano d’Aveto; Pranzo del contadino presso il Bocciodromo Arvigo a cura dello Sci Club (prenotazione al numero 353 335 315) oppure presso i ristoranti e agriturismi della Valle. Il ‘pranzo del contadino’ è composto da: polenta al sugo di funghi, asado con patate, formaggio di San Sté, dolce, bevande (adulti 25 euro; bambini fino ai 6 anni omaggio; 7-12 anni 10 euro).
Mercatino dei prodotti agricoli e artigianali a km zero. Sabato e domenica ‘Wild West Village’ al Parco Badinelli, un villaggio western con vari giochi per bambini che sarà aperto sabato e domenica, Monteverde ha trovato pieno sostegno nell’Ufficio Turismo del Comune di Santo Stefano che in collaborazione con la locale associazione commercianti ha aggiunto a questo già allettante menù altri eventi collaterali.
Per esempio sabato sarà possibile partecipare all’iniziativa ‘A passo lento con gli asinelli’ organizzata dalla fattoria didattica Az. Agricola La Ghianda. Un’escursione in compagnia dei ciuchini, una calamita per i più piccoli, anche se c’è da scommettere che qualche grandicello non farà l’infiltrato magari ricordano con nostalgia quando vide Shreck per la prima volta al cinema…
E poi il festival delle bande. Il Complesso Musicale di S. Stefano d’Aveto APS propone il ‘Festival Appennino in musica Bande e Cori’, giunto al 25° anno di età. Il sabato sera all’interno del Santuario di NS di Guadalupe si esibiranno il Coro Polifonico, il Coro Rosa delle Apuane di Carrara e il Coro Sibilla CAI di Macerata, la domenica mattina la Banda locale, la Scuola di musica Banda città di Camogli G. Puccini e il Coro Sibilla CAI a partire dalle 10, sfileranno nel centro storico. Nel pomeriggio all’interno dell’Anfiteatro del Parco degli Alpini ci saranno i concerti della Scuola di musica Banda città di Camogli G. Puccini e del Sizohamba Gospel Choir di Genova.
Il signor Monteverde potrebbe menar vanto di aver messo in piedi un simile evento. “Io sono contento che la mia proposta sia stata accolta con tanto entusiasmo sin dalle prime edizioni. Oggi siamo consapevoli che questo appuntamento è diventato fisso per tanti turisti e questo non può che far bene alla città e anche alla valle. Portare circa ottanta mucche dal monte Crociglia a Santo per noi invece che una fatica è diventata una gioia”.
Trattasi pur sempre di un percorso che per chi deve badare agli animali richiede molta attenzione. Il Crociglia (1578 metri), da dove si gode uno dei più bei panorami dell’Appennino Piacentino, è nel territorio comunale di Ferriere, in linea d’aria sarebbero 5 km, ma sul terreno si tratta di valicare il Passo omonimo salire sul Monte di Torrio, passare dal Monte di Mezzo e arrivare in paese con un continuo saliscendi.
“L’esperienza ci rende più cauti, riusciamo a stendere attorno agli animali un adeguato cordone di protezione. Le nostre mucche, da carne, razza piemontese, quasi sembrano sapere che saranno protagoniste assolute della festa e si dirigono verso le loro stalle come un reggimento in parata””.
Negli ultimi anni nei due giorni di festa si sono registrate anche seimila, settemila arrivi in valle. “Dobbiamo sforzarci di far conoscere le nostre tradizioni perché per quanto io sia abbastanza soddisfatto di come vanno le cose alla azienda agricola, sono perfettamente consapevole che senza il turismo Santo Stefano non può andare avanti. Non sono un tipo ‘tecnologico’, ho a malapena il cellulare ma ci pensa la mia compagna a gestire i contatti. Eppure so che bisogna restare in sintonia con il resto del mondo e che solo aprendosi ad esso si può conservare questo piccolo angolo di paradiso che è la mia valle così com’è”.
Magari tutti, e non solo a Santo Stefano, avessero la visione larga del signor Monteverde. Invece chiusure prima mentali e poi materiali dilagano tutto attorno alle alte valli della Liguria. Per fortuna niente di tutto questo importa ai pazienti bovini che con passo lento ma inarrestabile scendono a valle ruminando fili di erba. Nessun stampede, nessuna fuga caotica. In alta quota si recupera un po’ di sano pragmatismo, qui non arrivano gli strepiti della pianura. Qui, oltre che transumare, si trasumana. Ci si rinnova nella tradizione, ci si stringe attorno a un ideale: insomma un ‘Trasumanar e Organizzar’ che avrebbe deliziato Pier Paolo Pasolini.