di ALBERTO BRUZZONE
Nel pieno della quarta ondata del Covid-19, esplode soprattutto nel Nord Italia la peste suina e le conseguenze iniziano a essere importanti, specialmente in Piemonte e in Liguria. Si tratta di una malattia che proviene dall’Africa, che attacca i cinghiali e tutti gli animali della famiglia degli ungulati, che non aggredisce l’uomo ma che va trattata con la massima attenzione perché il passaggio dal cinghiale al maiale potrebbe provocare una strage all’interno degli allevamenti, con conseguente ed enorme danno dal punto di vista economico.
Abituati come siamo, da due anni, a sentir parlare di contagi e di lockdown, abbiamo assistito, nei giorni scorsi, alla chiusura dei boschi, dei sentieri e di tutti quei luoghi ‘fuori porta’, meta delle passeggiate, delle gite, delle escursioni, del trekking, dei giri in bicicletta e di tantissime altre attività.
Ma perché? A spiegare la situazione è Massimo Maugeri, referente di Legambiente per il Tigullio e da sempre in prima linea sui tantissimi fronti ambientali: “Sono state adottate queste misure di contenimento non tanto perché è in pericolo l’uomo, e questo è sempre bene precisarlo; quanto perché l’uomo può essere un veicolo di trasmissione e far passare questo virus dai cinghiali ai maiali, con conseguente strage e messa in ginocchio di un settore che, per quanto riguarda l’Italia, rappresenta una fetta consistente del prodotto interno lordo”.
Il passaggio del virus è un’eventualità assolutamente non remota: “Il problema sono le carcasse dei cinghiali morti per la peste – prosegue Maugeri – Gli animali muoiono, ma il virus no. Basta un passaggio con la suola delle scarpe, con un altro animale, con le ruote di un mezzo, per portare la peste altrove. Se la peste arriva in città, gli allevamenti sono a fortissimo rischio”.
Ma il problema, com’è stato fatto notare, è che anche i cinghiali, ormai, arrivano abitualmente in città: “Infatti non stiamo parlando di una questione banale. Come fare? Per difendere il maiale, o si ammazzano i cinghiali, oppure si aspetta che sia la natura a trovare il suo equilibrio, attraverso il lupo. Ma questo potrebbe non bastare”.
La situazione attuale è la seguente: sono salite da otto a quindici le carcasse di cinghiali positive al virus della peste suina africana individuate lungo lo spartiacque appenninico tra Liguria e Piemonte. Lo comunicano il direttore dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Angelo Ferrari, e il responsabile del Servizio Veterinario di Alisa, Roberto Moschi.
Tutti i nuovi casi sono stati individuati nei boschi in provincia di Alessandria. In Piemonte i casi accertati sono dodici e tre in Liguria. È in corso, intanto, una prima ricerca delle carcasse nei boschi liguri nell’area rossa tra le province di Genova e Savona, e una seconda avverrà domenica. “Un caso è stato riscontrato a Bogliasco – dice Maugeri – Se questo virus oltrepassa il Bracco e arriva nel Piacentino e nel Parmense, allora è un problema veramente serio”.
Intanto, cresce anche il partito di chi è contrario alla chiusura di boschi e sentieri, anche perché questo rappresenta l’ennesimo e ulteriore danno per chi da questo settore trae lavoro e profitto. Ha superato le duemila firme in poche ore la petizione online al Governo Draghi contro l’ordinanza ministeriale che vieta per sei mesi le attività di trekking, mountain bike, raccolta funghi, caccia e pesca in 114 comuni lungo lo spartiacque appenninico tra Liguria e Piemonte per evitare che il virus della peste suina trovato nei cinghiali faccia il salto negli allevamenti di maiali.
La raccolta firme sulla piattaforma Change.org lanciata da alcuni cittadini è indirizzata ai ministri della Salute e delle Politiche agricole, Roberto Speranza e Stefano Patuanelli.
“La malattia non contagia l’essere umano. È presumibile che la malattia sarà riscontrata a breve anche in altre aree. Quando questo accadrà, la linea resterà quella di vietare le attività outdoor? Fino a dove? Il cinghiale è diffuso su tutto il territorio nazionale. Fino a quando?”, si legge nella petizione.
“Garantire la possibilità di fare attività all’aria aperta è estremamente importante, soprattutto nell’attuale contesto pandemico (quarantene, lunghi periodi al chiuso, imposizione dell’uso delle mascherine anche per i bambini). Nell’area in oggetto sussistono attività economiche (bar, ristoranti, campeggi, piccole imprese agricole che fanno anche vendita diretta) che traggono dal turismo sostenibile il loro reddito e saranno pesantemente colpite dai divieti in essere, questo dopo il difficile periodo di lockdown degli anni scorsi”.
E il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, annuncia: “Nella riunione di Giunta di martedì prossimo approveremo una delibera per stanziare le prime somme per i ristori: in alcuni casi corrispondono alle cifre tabellari indicate nella disposizione nazionale per gli abbattimenti, sul resto utilizzeremo il sistema dei risarcimenti di Protezione Civile, dando mandato alla Camera di Commercio di effettuare la ricognizione dei danni. Di questo ho parlato con i ministri della Salute, Speranza, e delle Politiche Agricole, Patuanelli, per la costituzione di un tavolo politico per discutere dei contorni della gestione di questa crisi e dei ristori, che dovranno essere a carico del Governo: la prima riunione è prevista a Roma nei primi giorni settimana prossima, per definire i tempi di monitoraggio e di attuazione di eventuali ulteriori ordinanze che saranno auspicabilmente restrittive rispetto ai divieti previsti in prima battuta, con una prima ricognizione dei criteri di risarcimento per le imprese danneggiate. Abbiamo ovviamente chiesto che al tavolo partecipino anche gli amici della Regione Piemonte, per garantire politiche uniformi per territori contigui, anche su risarcimenti”.
Secondo Toti, “l’ordinanza regionale potrà portare un refolo di ristoro o almeno un chiarimento su quello che si può fare, come, ad esempio, il passaggio sulle strade per raggiungere le abitazioni o le attività economiche e l’accesso ai parchi cittadini. L’ordinanza dà attuazione alle prescrizioni delle disposizioni interministeriali per il contenimento del virus, prevedendo l’obbligo di abbattimento dei capi di suini allevati allo stato brado o semibrado nell’area interdetta. Insieme al Dipartimento Agricoltura, alla Camera di Commercio e ad Anci abbiamo anche definito i criteri per adottare una delibera di Giunta, nella seduta in programma martedì prossimo, in cui stanzieremo le prime somme per i ristori”.
“Dai ripetuti confronti per limitare l’epidemia – afferma il vice presidente della Regione, Alessandro Piana – sono sospese per trenta giorni le attività selvicolturali, con le deroghe necessarie ed attivandoci per limitare il danno tramite proroghe corrispondenti non appena se ne presentino le condizioni. È emersa anche la necessità di applicare misure di macellazione dei suini negli allevamenti di varia natura con divieto di riproduzione e ripopolamento per i prossimi sei mesi. Riteniamo pertanto essenziale che si raggiunga una adeguata modalità di ristoro per gli allevatori, a cui gli uffici dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione stanno lavorando a pieno ritmo. Stiamo provando infatti a replicare interventi eccezionali con il Programma di Sviluppo Rurale”.
Presenti alla riunione anche i rappresentanti di Alisa, dell’Istituto Zooprofilattico di Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta, di Anci e della Camera di Commercio.
Roberto Moschi, responsabile del Servizio Veterinario di Alisa, precisa: “Stiamo lavorando su due fronti paralleli: da un lato la ricerca di carcasse nel bosco, per cui poi vedremo i risultati delle analisi, e, dall’altro, la gestione degli allevamenti domestici: in accordo con l’Istituto zooprofilattico, facendo un’analisi dei rischi, abbiamo deciso l’abbattimento, considerato che i nostri allevamenti sono tutti semibradi, con i maiali lasciati liberi, a contatto con l’area boschiva. Procederemo a verificare il censimento dei capi nell’area interdetta, circa 500, che saranno abbattuti. Per quanto riguarda le carni, l’ordinanza nazionale prescrive il divieto di uscita dalla zona infetta, quindi non hanno mercato”.