di ALESSANDRA FONTANA
Nemmeno il tempo di riprendersi dall’epidemia di Covid ed ecco che l’entroterra si ritrova a fare i conti con un altro virus: quello della peste suina. Proprio nei giorni scorsi, a Rezzoaglio sono stati segnalati due nuovi casi.
Nei giorni precedenti al ritrovamento, il sindaco di Rezzoaglio, Marcello Roncoli, ha interpellato Regione, Asl 4, Parco Aveto e a tutti gli enti con possibile voce in capitolo – tra cui Prefettura ed Anci – per lanciare un grido di allarme. L’amministrazione si è fatta portavoce anche di diverse realtà: Consorzio dei funghi e frutti silvestri di Rezzoaglio, Consorzio dei funghi Oramara, associazioni di caccia e di pesca, esercenti e aziende agricole. Le norme da mettere in atto metteranno seriamente in difficoltà il Comune della vallata: “Premesso che l’economia della Val d’Aveto si basa unicamente di turismo ed agricoltura, riteniamo che le misure da mettere in atto ridurranno oltre l’80% le presenze turistiche che praticano ricerca di funghi, caccia, pesca ed attività all’aperto. Dopo aver eliminato con le precedenti misure, la presenza di allevamenti di suini, con le misure messe in atto verranno compromesse anche le coltivazioni per l’aumento dei cinghiali”.
Inoltre, il Comune di Rezzoaglio, che è il secondo più vasto della Provincia di Genova, dispone di un solo vigile presente due giorni a settimana, già impegnato a svolgere la propria funzione. Per questi motivi le realtà della valle hanno chiesto di mantenere le attività e non solo: “Di dare mandato alle squadre di caccia del territorio per il controllo e la selezione degli animali da abbattere, offrendo loro la possibilità di continuare l’attività venatoria con il controllo sanitario degli animali abbattuti”, come già succede in altre regioni. Tra le richieste anche quella di non farsi carico dello smaltimento delle carcasse e l’individuazione di linee guida da diffondere.
Le linee guida sono arrivate, a renderle note (dopo numerose richieste da parte di chi frequenta le valli) è stato il Parco dell’Aveto presieduto da Tatiana Ostiensi. Il problema è la possibilità che l’infezione si possa diffondere dalle aree dove è presente, per esempio tra i cinghiali che vivono in boschi e campagne, e raggiungere aree ad oggi indenni, fino ad intaccare allevamenti ed altre attività importanti sotto il profilo produttivo, con gravissimi danni economici, è oggetto di azioni di contrasto preventive, che riguardano non solo attività direttamente collegate ai suini (allevamento e macellazione per quelli domestici e caccia per quelli selvatici), ma anche – per determinate zone – le attività all’aperto che si esercitano appunto nei prati e nei boschi come escursionismo, MTB, ricerca funghi e simili. “Lo scopo è di far applicare nelle aree infette o potenzialmente tali alcune misure di biosicurezza, per esempio imponendo il cambio delle calzature prima e dopo l’escursione, o la disinfezione delle ruote delle biciclette dopo una gita – spiegano dal Parco – in modo da limitare tale diffusione se successivamente ci si recasse altrove o si facesse ritorno in aree non ancora infette”.
Le zone individuate dai Regolamenti sono quattro: le Zone III, che riguardano allevamenti di suini con infezione conclamata; le Zone soggette a restrizione II (zone nelle cui immediate vicinanze si è riscontrato almeno un caso di peste tra i suini selvatici); le Zone soggette a restrizione I (zone confinanti con la zona II e quindi ‘attenzionate’). Infine si trovano i territori al momento non interessati dalla malattia. Solo nelle Zone di restrizione II (non in quelle di tipo I) sono previste limitazioni e indicazioni che interessano attività all’aria aperta praticabili anche nel Parco (escursionismo, MTB, raccolta funghi ecc. e ogni attività sul terreno). Nelle Zone di restrizione I le limitazioni riguardano invece unicamente gli allevamenti di suini e le attività relative alla caccia al cinghiale. Il territorio del Parco è ora così diviso: Ne non interessato dalla malattia, Mezzanego e Santo Stefano si trovano invece in zona I mentre Borzonasca e Rezzoaglio nella II.
Tra le regole da seguire, il cambio delle calzature all’inizio e al termine delle attività all’aria aperta, vietato anche l’allontanamento dai sentieri tracciati, obbligatorio lavare gli indumenti che si sono indossati una volta rientrati dall’escursione e anche sui funghi la normativa è precisa: “La raccolta di funghi e tartufi, da effettuarsi comunque nel rispetto delle norme di biosicurezza suelencate per l’escursionismo, è consentita solo ai residenti nei comuni della Zona II, nonché ad affittuari e proprietari di seconde case ubicate sempre nella zona di restrizione II. Restano ferme ovviamente le norme di legge per la raccolta funghi e i regolamenti dei Consorzi locali e del Parco”.
Ne abbiamo parlato con Fabrizio Raggi, presidente del Consorzio dei funghi di Rezzoaglio che in questi giorni sta dotando i rivenditori dei tesserini di volantini che riportano alcuni passaggi dell’ordinanza 2 del 2023: “Questa ordinanza sarà valida fino al 31 agosto. Per funghi possono venire tutti i residenti di zona II e i residenti. Possono venire anche i proprietari e gli affittuari di immobili in zona”. Resta da chiarire se anche chi dorme nelle strutture ricettive può recarsi nei boschi a raccogliere i funghi. Ma chi controllerà la provenienza dei cercatori di funghi? “Bisogna ricordarsi che si tratta di sanzioni penali”, sottolinea Raggi. I trasgressori quindi, coloro che rilasceranno dichiarazioni false, verranno denunciati alle autorità.
In tutto il territorio vige comunque l’obbligo, da parte di ciascuno, di segnalare al servizio veterinario della Asl competente il rinvenimento di carcasse di cinghiali, astenendosi comunque dal toccare o spostare l’animale.
La speranza è che l’epidemia smetta di galoppare e permetta a consorzi e aziende di continuare a svolgere la propria (eroica) attività.
