di DANILO SANGUINETI
Il 2021 è stato un anno da ‘dimenticare’ per un sacco di ragioni. I pescasportivi sono tra quelli che, staccato il foglietto del 31 dicembre dal calendario, avevano ottimi motivi per fare un grande falò dell’intera collezione di giorni. I regolamenti ‘marziani’ e ‘l’affare delle acque rubate’ con conseguente sparizione di interi branchi di pesce così amorevolmente allevato continuano a far arrabbiare e a far esternare senza peli sulla lingua coloro che per definizione e specializzazione dovrebbero avere nervi d’acciaio e un carattere tendente all’introspezione.
Umberto Righi, presidente della Fi.Ma Chiavari Garbolino, uno dei più importanti club liguri del settore e attento osservatore di quanto accade nel suo mondo, attacca: “Sin dai primi mesi dell’anno scorso si capiva che avremmo subito grossi disagi per la pesca della trota, ma non si poteva prevedere un tale blocco totale di ogni attività legata alla pesca delle trote immesse da adulte. Iridee, Salmerini e Fario, queste le trote messe al bando da un Ministero della Transizione Ecologica che fa l’occhiolino a ittiologi estremisti. Questi ‘marziani’ impongono linee guida dettate a tavolino senza avere la minima conoscenza della realtà dei territori dove si vogliono imporre, e dove di trota autoctona (nativa della valle) se n’è persa traccia da oltre un secolo, perché non vi sono le condizioni per riprodursi”.
Righi rincara la dose. “Ma non basta, ci hanno indicato (senza manco metterci piede) quali siano i ceppi autoctoni e quali gli alieni (alloctoni) da ‘estirpare’, sollecitando appunto le Regioni a presentare al più presto progetti per l’‘eradicazione’ delle specie aliene presenti nelle acque di propria competenza. Per cui non solo è vietato immetterle, vorrebbero pure toglierle dove sono e si riproducono in forma propria da oltre un secolo formando una popolazione sufficientemente estesa. Il tutto scritto in un corposo documento firmato dal ministro Cingolani, per sua ammissione favorevole a idee estremiste di protezione (compresa l’abolizione di caccia e pesca). Nel frattempo Ispra, non è chiaro con quali supporti scientifici, ha stabilito la carta delle specie autoctone. Per la Liguria sono la Trota Mediterranea, poi Vairone, Cavedano, Alborella, Tinca, Lasca, Barbo comune e canino, Cobite, Anguilla, e la Carpa (definita para-autoctona perché esistente prima del 1600), per le quali si dovranno mettere in campo tutte le misure per la tutela e incremento. In pratica tutte le altre specie possono morire”.
Una mannaia sull’attività dei pescasportivi, che stava avendo i suoi guai con la questione delle ‘acque rubate’. “I prosciugamenti di decine di chilometri di torrenti e fiumi, per derivazioni e acquedotti, che hanno causato la morte di decine di quintali di pesce ‘autoctono’ (anguille, cavedani, barbi, alborelle, vaironi). Non c’erano trote iridee o fario ma solo pesci naturali, quelli che il Ministero ‘dice’ (sulla carta) di voler tutelare. Ma in questo caso, visto che si tratta di ‘acquedotti’ per mandare acqua a Rapallo e Santa per uso civico urbano, nessuno batte ciglio, nessun ‘animalista’ vede, nessuna associazione ambientalista interviene, solo le società dei pescasportivi ogni anno intervengono con gli storditori e retini per spostare il pesce in agonia ed evitare inutili stragi. Ma questa volta le società di pesca sono state ad aspettare gli animalisti o lo stesso Ministero ma non si è mosso nessuno, neppure il Comune territorialmente competente”.
Ormai Righi è un fiume in piena, l’unico di questi tempi… “Se non bastasse, lo stesso torrente, dopo pochi mesi è stato invaso da una massa bianca, si presume un liquido di sanificazione di qualche vasca di decantazione per la depurazione delle fognature, che ha coperto l’intero tratto del Lavagna da Monleone sino a Carasco e lo stesso fiume Entella sino alla foce in mare. Si è mossa l’Arpal con dei sopralluoghi e campionature dei sedimenti lungo il tratto interessato, è stato coinvolto anche il Comune di San Colombano, territorialmente competente, non tanto per il danno alla fauna ittica, ma per la tutela civile dei residenti e la presenza di pozzi per irrigazione e uso potabile, e pure informata l’opinione pubblica con comunicati stampa. Ma anche in questo caso non se n’è saputo più nulla”.
Ed eravamo solo a metà annata. “Anche Giacopiane ha visto manovre di paratia intermedia, portando il livello al lumicino, poche spanne d’acqua a ottobre con i cormorani a banchettare ‘felicemente e con la bocca e stomaco pieni’ di tinche, carpette, cavedani, alborelle e trote mediterranee”.
Mancava la ciliegina sulla torta. “Giacopiane e Pian Sapeio, che come è risaputo, sono dentro ad un Sic (Sito d’interesse comunitario), ora si chiamano Zsc (zona a speciale conservazione), per cui pur essendo dei bacini artificiali con svuotamenti totali programmabili ogni dieci anni, e che necessitano di controlli e manutenzioni anche annuali, con possibili abbassamenti ai minimi termini in qualsiasi stagione o momento, bene il Ministero indica che per tali bacini è vietata ogni tipo di introduzione ad esclusione della trota mediterranea o fauna ritenuta autoctona allo stadio di novellame, e che eventuali presenze di fauna alloctona dovranno essere ‘eradicate’ tramite progetti ufficializzati dall’ente pubblico gestore e responsabile territoriale (ossia Regione ed Ente Parco Aveto) ma comunque approvati dal Ministero stesso”.
Per concludere, un anno zeppo di liquame, materiale e anche un po’ metafisico. “L’assenza di trote nei corsi principali (scarse anche in Aveto e Trebbia) ha spinto gli appassionati a risalire i laterali, dove ‘era’, parlo al passato, presente e sufficientemente distribuita la trota Fario atlantica (‘aliena’) e in alcuni tratti o specifici torrenti la Fario ‘mediterranea’, con il risultato di ‘ridurne’ fortemente la presenza specie nelle taglie di riproduzione (vedi la mediterranea) dopo che Fipsas dal 2009 l’aveva con mirati progetti di semina, capillarmente immessa in specifici tratti, ogni anno alla taglia di avannotto e trotella. Mentre la Provincia immetteva sino a un paio di anni fa, copiosamente, la trota ‘atlantica’. Della presenza appurata di riproduttori di ‘mediterranea’ nel bacino idrografico dello Sturla, dopo un decennio di semine Fipsas, lo testimoniano le foto che alcuni soci Fi.Ma mi hanno con orgoglio inviato prontamente rilasciata e che ci auguriamo, scampata ai rastrellamenti di ‘protesta’, perché oltre ai pescatori onesti che con diritto si sono tenuti i 5 pesci di misura, altri con motivi discutibili e pure con mezzi illegali, si sono vendicati depredando ogni cosa distruggendo il lavoro di anni in pochi giorni. Lo dico perché alcuni grazie alle segnalazioni sono stati pizzicati e denunciati”.
Cosa ci riserverà il futuro del pronto-pesca, ad oggi non è possibile saperlo, si spera che si trovi il giusto punto di equilibrio, consentendo una mediazione per immettere iridee in acque degradate, anche se il futuro delle acque pregiate della Liguria sembra scritto: ci sarà la trota mediterranea, punto e basta.
A tal proposito saranno potenziati gli impianti ittici oggi funzionanti: Borzonasca (Regione), Mezzanego (Fipsas) e Masone (Regione), e ristrutturati nuovi impianti in Bormida (Regione) e Chiusella SP (Regione), Rovegno (Fipsas/Comune). “I tre impianti già funzionanti saranno messi a ‘regime’ e coordinati da Regione ed Università di Pavia in un Progetto Mediterranea che seguirà la schiusa, accrescimento, produzione materiale adulto e spremitura. Ma i tempi non sono brevi, l’immediatezza di semina l’avremo con il novellame (come oggi), ma per i riproduttori di mediterranea ci vogliono tre anni di accrescimento, e spazio con vasche esterne dove stoccarli in quantità. Facendo due conti spiccioli, una trota adulta di 25 cm pesa 300 grammi, e con 10mila trotelle di fine stagione a tre anni di crescita avrai 30 quintali di trote mediterranee pronto pesca. Oggi il problema non è farle nascere e svezzarle. I problemi si riscontrano quando le immetti da adulte in ambiente naturale, si ‘intecciano’ (tradotto per i non addetti ai lavori ‘si intanano’) per settimane, e scappano per un nonnulla. Ottime per i popolamenti a lunga resa, ma poco adatte per raduni e gare, perché ne resterebbero in acqua almeno l’ottanta per cento. Per cui l’iridea resterebbe l’unica alternativa di pronta pesca e massima resa per raduni, gare e riserve turistiche”.
Qualcosa si sta muovendo. Teniamo incrociate le dita perché il 2022 in replica degli anni precedenti non se lo possono permettere alla Fi.Ma come nelle altre società sportive. Sarebbe come gettare via il pescatore oltre l’acqua sporca…