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Giovedì, 8 giugno 2023 - Numero 273

Si chiude il progetto ‘Relife’: la Patella ferruginea è tornata a popolare i mari della Liguria, dopo un percorso virtuoso durato per molti anni

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di ALBERTO BRUZZONE

Missione compiuta? Sembrerebbe di sì. E adesso bisogna occuparsi, con tutte le forze, della tutela e della conservazione di quanto acquisito. Nei giorni scorsi, con la conferenza intitolata ‘Progetto Relife. Patella Ferruginea: dalla riproduzione alla reintroduzione’, che si è svolta in presenza all’Acquario di Genova, si è chiuso ufficialmente il progetto che prevedeva di ripopolare le tre aree marine protette della Liguria, ovvero Cinque Terre, Portofino e Bergeggi, con la Patella ferruginea, una delle più grandi patelle esistenti, un tempo molto diffusa nel Mediterraneo, e oggi come non mai a rischio di estinzione. È stato un percorso ambizioso, ma nel quale si è creduto molto, anche perché il Mar Ligure, e in particolare le aree protette, offriva le condizioni migliori per questo ritorno.

Per la precisione, la Patella ferruginea è un gasteropode appartenente alla famiglia Patellidae. È una delle più grandi patelle del Mediterraneo, e raggiunge un diametro della conchiglia di oltre dieci centimetri. Un tempo diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo, oggi la sua presenza è limitata al solo bacino occidentale e la sua distribuzione è confinata in piccole popolazioni localizzate in aree ristrette. È stata rinvenuta lungo le coste del Maghreb, nel Mare di Alboran, nel sud della Spagna, nel nord-est della Sardegna, Toscana (isole) e Corsica. Proprio dalla Sardegna sono arrivati gli esemplari che hanno ripopolato il Mar Ligure.

Il trasporto e l’inserimento sono avvenuti posizionando le patelle, immediatamente dopo il prelievo, su piastrelle in granito preparate appositamente. Dopo aver marcato ogni individuo con un microchip, le piastrelle con le patelle sono state ancorate alle rocce della zona A dell’Area Marina Protetta di Portofino. Le patelle, ritrovandosi nel loro ambiente naturale, hanno così abbandonato la piastrella e si sono trasferite autonomamente sul substrato naturale, dove sono state periodicamente monitorate dai ricercatori che ne hanno seguito gli spostamenti.

Gli esemplari traslocati dall’Area Marina Protetta di Tavolara a quella di Portofino sono stati inizialmente trasferiti al Laboratorio di CNR-IBF a Camogli, dove sono state allestite le vasche per l’acclimatazione prima dell’inserimento nella Zona A dell’Area Marina Protetta di Portofino. Alcuni esemplari sono stati anche portati all’Acquario di Genova per approfondire le tecniche di mantenimento. È stata allestita una vasca espositiva di ambientazione mediterranea per mostrare al pubblico questo invertebrato e favorire così la sensibilizzazione alla tutela di questi animali, un tempo oggetto di indiscriminato consumo alimentare.

Gli esemplari provenienti dall’Area Marina Protetta di Tavolara-Punta Coda Cavallo sono stati prelevati dall’isola di Molarotto, in base ai risultati di uno studio genetico e a un censimento eseguito dal Dipartimento di Scienze della Natura e del Territorio, Università di Sassari. Tale studio ha messo in evidenza come l’isola di Molarotto, in quanto sito con il maggior numero di individui in relazione alla superficie, si presenti come una ‘zona protetta’ all’interno di un’area protetta.

Il progetto ‘Relife’, inoltre, ha partecipato a un’iniziativa di ‘Ramoge’, un accordo tra governo francese, governo italiano e governo di Monaco, relativo alla protezione dell’ambiente marino e costiero compreso tra le zone costiere della Provenza, di Montecarlo e della Liguria.

‘Ramoge’ ha lanciato una campagna estiva di sensibilizzazione rivolta a tutti coloro che amano i nostri litorali, per diventare osservatori partecipi e per collaborare attivamente alla conservazione di Patella ferruginea e di altre specie emblematiche delle nostre coste.

‘Relife’ ha avuto un’importanza fondamentale, sia dal punto di vista scientifico che dal punto di vista ambientale, anche perché la Patella ferruginea è una delle cinque specie marine più a rischio di estinzione, insieme alla Foca monaca mediterranea, alla Pinna nobilis, alla Posidonia oceanica e ai Coralli bianchi profondi, come evidenziato da un recente studio condotto da Leonardo Tunesi, responsabile dell’area tutela biodiversità, habitat e specie marine protette per Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che ha analizzato la biodiversità che contraddistingue i mari italiani e le specie principali meritevoli di tutela.

Secondo Tunesi, “i mari italiani sono caratterizzati da un’elevata biodiversità. Solo il Mediterraneo, pur avendo una superficie pari a circa l’uno per cento di quella di tutti gli oceani, ospita oltre dodicimila specie marine, ovvero tra il 4 e 12% della biodiversità marina mondiale. Purtroppo, gli organismi viventi nelle acque e il loro habitat sono in pericolo a causa principalmente dell’inquinamento da acque reflue e dello sfruttamento irrazionale delle risorse viventi. Inoltre, il mare non è una risorsa inesauribile con un potere illimitato di auto-rigenerazione”.

Lo scienziato è convinto: “I nostri mari sono indispensabili per garantire la vita sulla Terra, le acque regolano il clima del nostro pianeta, producono ossigeno, forniscono nutrimento e sono fonte di sussistenza per centinaia di milioni di essere umani. Dati incontrovertibili mostrano che la biodiversità degli oceani, a tutti i suoi livelli, è in forte diminuzione a causa degli impatti diretti e indiretti delle pressioni determinate dalle attività umane. Le risorse marine sono spesso considerate infinite: ma non è così. Ciò ha portato il mare ad avere una condizione di forte stress dovuto principalmente all’eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche. Inoltre, cambiamenti climatici e acidificazione degli oceani sono e saranno sempre più fonte di perdita di biodiversità, soprattutto negli ecosistemi costieri più sensibili. La protezione della biodiversità marina richiede l’impegno concreto, in prima persona, di ognuno di noi: dal consumo di specie ittiche pescate sostenibilmente, al corretto comportamento in spiaggia o al mare, così come alla semplice adozione delle pratiche più corrette per evitare che i rifiuti finiscano in mare”.

E poi ci sono vere e proprie imprese, come quella che ha consentito alla Patella ferruginea di tornare a popolare i mari della Liguria.

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