Giovedì 7 Aprile 2022, alle ore 18, presso la sede di Wylab, in via Davide Gagliardo 7 a Chiavari, è in programma la presentazione del libro ‘Carmen e Attilio. Una storia italiana’, pubblicato da Internòs Edizioni. L’autore, Marco Papagalli, sarà intervistato da Sabina Croce, editrice di ‘Piazza Levante’. Introduzione a cura di Alberto Bruzzone.
L’evento è a ingresso libero ed è organizzato nel pieno rispetto delle normative anti Covid: è quindi necessario accedere con la mascherina indossata e la prenotazione del proprio posto, sino ad esaurimento, è obbligatoria, utilizzando la piattaforma EventBrite (al seguente link: https://bit.ly/3LB1pbx), oppure telefonando al numero 347 2502800. Al momento dell’ingresso, sarà verificato il regolare possesso del Super Green Pass. In caso di rinuncia dopo la prenotazione, si raccomanda di avvisare, in modo da rendere il proprio posto nuovamente disponibile per altre persone interessate.
In attesa dell’incontro, pubblichiamo la recensione del libro a cura dell’editore e libraio Goffredo Feretto.
di GOFFREDO FERETTO *
“Eclettico /e’klɛt:iko/ agg. [dal gr. eklektikós “che trasceglie”] (pl. m. -ci). – 1. (filos.) [dell’eclettismo, che segue l’eclettismo: la scuola e.]. 2. (estens.) [che si applica con buoni risultati ad attività di diverso genere, che sa fare molte cose e sim.: essere una persona e.; avere una mentalità e.] ≈ poliedrico, versatile. ‖ elastico, flessibile”.
Ecco la definizione Treccani della parola “eclettico”.
Perché tiro in ballo questo aggettivo e la sua definizione?
È semplice: perché si attaglia perfettamente a Marco Papagalli, autore del romanzo ‘Carmen e Attilio. Una storia italiana’, appena pubblicato da Internòs Edizioni e che sarà presentato da Sabina Croce giovedì 6 aprile nei locali di Wylab a Chiavari.
Marco, infatti, svolge da molti anni la professione di avvocato e, come tale, è molto stimato nella sua città, ma oltre che avvocato è anche molto altro. È, appunto, ‘poliedrico, versatile’ e ‘si applica con buoni risultati ad attività di diverso genere’.
Quali attività? Prima di tutto è buon pittore, dotato per il disegno di un talento naturale: di fronte a me ha schizzato in pochi secondi un mirabile ritratto dei suoi genitori, protagonisti del suo romanzo. È anche poeta e narratore, sebbene quello di cui parliamo sia il suo primo romanzo dato alle stampe.
Ma non basta: venerdì scorso, dopo la presentazione presso Wylab del libro di Laura Guglielmi, ho scoperto con non poco stupore che canta intonatissimo con voce di baritono: mi pareva Tito Gobbi (d’altra parte anche Gobbi era eclettico: cantante, regista, scenografo, costumista, insegnante).
Ma veniamo al suo ‘Carmen e Attilio’.
Chi sono questi due? Sono i suoi genitori, la cui storia è veramente ‘romanzesca’. E, infatti, il figlio ne ha tratto proprio un romanzo, ma non uno qualunque, bensì un testo che a un amico comune ha ricordato le opere degli scrittori ottocenteschi. Il che potrebbe apparire come una critica non troppo velata, come a dire: stile superato, vecchiume. Tanto a me quanto a Marco, invece, è suonato come un complimento, forse addirittura eccessivo: ma abbiamo presente anche solo un paio di nomi della narrativa italiana di quel tempo! Non aggiungo altro.
Quando ho letto il dattiloscritto che Papagalli mi ha sottoposto per una eventuale pubblicazione, la prima ‘cosa’ che mi ha colpito è stato il suo italiano: mi sono bastate quattro o cinque pagine per apprezzarlo sinceramente. Un italiano limpido, classico, senza pedanterie, chiaro, comprensibile a tutti (non solo a chi come Marco, Sabina, Tonino e altri amici ha fatto con me il Liceo al Delpino!).
Mi ha colpito anche perché, ormai, siamo quotidianamente alle prese con una lingua impoverita, sciatta, colma di inutili termini inglesi, incapace di rendere pienamente un pensiero complesso.
Il romanzo, come recita il risvolto di copertina è un “affresco storico che spazia dal Nord Africa agli Stati Uniti, dalla Liguria alla Francia, minuziosamente documentato e animato da mille personaggi, reali e di fantasia: ‘Carmen e Attilio. Una storia italiana’ racconta una vicenda familiare, ma che è in grado di toccare ed evocare ricordi e suggestioni di un’intera generazione, di italiani e non solo”.
La storia incomincia a Chiavari e a Chiavari si conclude, ma l’ambientazione principale è la Libia al tempo in cui era colonia italiana. Tutto ha inizio nel 1938, “agli albori di un settennio che sconvolgerà il mondo intero, quando il giovane Attilio Papagalli, abbagliato come tanti nell’Italia di allora dalla retorica imperialista del regime fascista e dalle sirene esotiche della Libya felix, la mitica quarta sponda dell’italico impero, decide su due piedi di abbandonare una agiata e tranquilla esistenza nella cittadina rivierasca di Chiavari per arruolarsi con due amici nella Milizia Volontaria a Tripoli di Libia. Lì, dopo poco più di un anno la sua vita, come quella di milioni di suoi coetanei nel mondo, viene travolta dalla guerra, ma quella stessa guerra permette ad Attilio di incontrare Carmen, sfollata con la famiglia da Bengasi nel villaggio colonico di Oliveti, in Tripolitania, dopo la caduta di Tobruk nel 1941”.
Carmen si trovava in quei luoghi poiché la sua famiglia vi era emigrata in seguito alla colonizzazione avviata dal Regno d’Italia dopo la Prima guerra mondiale e che ebbe il culmine sotto l’impulso di Mussolini, soprattutto verso la metà degli anni Trenta, con un notevole afflusso di persone provenienti in particolare da Veneto, Sicilia, Calabria e Basilicata.
Ma torniamo ai protagonisti: tra i due giovani, sboccia improvviso e inatteso un amore profondo. La guerra, però, infuria implacabile e Attilio deve trasferirsi in Tunisia con il suo reparto. Qui, nel maggio del 1943, è fatto prigioniero e avviato verso un campo di concentramento situato in Texas. Segue un lungo periodo di sofferenza: per Carmen dovuto alla lontananza dal suo promesso sposo, per Attilio alle terribili condizioni di detenzione riservate ai cosiddetti ‘irriducibili’.
E qui mi fermo per non privare il lettore del piacere di scoprire da solo come sia andata a finire la vicenda, sebbene sia facilissimo intuirlo, giacché ‘i nostri eroi’ hanno messo al mondo il poliedrico autore delle belle pagine che formano il romanzo di cui stiamo parlando.
Tutto perfetto? Come editore potrei essere accusato di parteggiare troppo per uno scrittore della mia ‘scuderia’ e rispondo, dunque, di no.
Una critica al romanzo c’è stata, proveniente da una lettrice, mia consanguinea, a cui il libro è molto piaciuto, ma ha osservato che alcune parti, quelle relative alla ricostruzione storica degli eventi bellici, risultano un po’ pesanti. Lo ammetto: potrebbe rivelarsi tale per alcuni lettori.
A costoro, per il cui giudizio ho il massimo rispetto, vorrei tuttavia domandare che cosa sapevano della Libia coloniale e del tanto sangue che vi è stato versato durante la Seconda guerra mondiale prima di leggere il libro di Papagalli.
La maggior parte risponderebbero – ne sono certo – che ne sapevano ben poco. Esattamente come me.
Che conclusione possiamo trarne? Secondo me una soltanto: che l’autore non poteva far altro che quello che ha fatto, cioè prendere per mano i suoi lettori per condurli nel cuore dei fatti storici all’interno dei quali è ambientata la sua narrazione che, diversamente, sarebbe parsa del tutto campata in aria, inattendibile e assurda addirittura.
Ma queste, si sa, sono considerazioni di un editore che intende difendere ad ogni costo il libro che ha pubblicato… magari per venderne qualche copia in più!
Che ne pensate? A voi la sentenza, che a me ardua non pare.
Ci vediamo giovedì.
(* editore e libraio)