Prosegue il nostro rapporto di collaborazione con la piattaforma ‘Jefferson – Lettere sull’America, fondata e guidata dal giornalista Matteo Muzio. In questa puntata ospitiamo un articolo sul campione di basket Paolo Banchero scritto da due suoi collaboratori. Il portale di ‘Jefferson’, con tutti i suoi articoli e le varie sezioni, è visitabile all’indirizzo https://www.letteretj.it, da dove ci si può anche iscrivere alla newsletter.
di GIANLUCA LO NOSTRO e STEFANO PASQUALI *
Paolo Banchero ha scelto l’America. Il prodigio del basket NBA, vincitore del Rookie of the Year (il premio per l’esordiente dell’anno) dopo una straordinaria stagione con la casacca degli Orlando Magic, rappresenterà il team degli Stati Uniti ai Mondiali in programma tra agosto e settembre in Asia. Una scelta irrevocabile: una volta disputate partite ufficiali con la maglia della nazionale maggiore, non si può più tornare indietro. Banchero si è reso protagonista di una telenovela che ha amareggiato gli appassionati dell’Italbasket. Il giocatore, classe 2002, è in possesso del passaporto italiano grazie al papà Mario, di evidenti origini genovesi. Gli antenati di Banchero partirono dal comune di Valbrevenna, sull’Appennino genovese, durante il grande esodo di fine Ottocento dall’Italia verso gli Stati Uniti. Ma l’ex prima scelta assoluta al draft NBA del 2020 è per metà afroamericano. Un connubio piuttosto raro ma non per questo inconciliabile, come testimonia l’orgoglio mostrato dal ragazzo durante la sua prima esperienza fuori dalla prestigiosa università di Duke, storica fucina di campioni che ha lanciato le carriere di Kyrie Irving, Jayson Tatum e Zion Williamson. Banchero ha sventolato bandiere italiane non solo davanti ai fotografi, perfino nella biografia del suo profilo Instagram; ha rilasciato dichiarazioni d’amore a una nazione di calciofili orfana da troppo tempo di un talento cristallino come il suo. Il legame affettivo con il Bel Paese sembrava e sembra ancora genuino: la sua recente vacanza a Portofino non è stata tenuta nascosta e, anzi, aveva illuso i tifosi azzurri. Poi è arrivato il momento di farsi un bagno di realtà.
Il movimento cestistico italiano, pur essendo erede di una tradizione profonda e radicata sul territorio, vive una stagnazione alla quale non riesce a porre rimedio. Agli occhi della Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), dunque, la prospettiva di poter reclutare dagli Stati Uniti una delle migliori promesse a livello mondiale deve essere apparsa un miracolo. Considerando che il ragazzo – nato e cresciuto a Seattle – si dichiara inoltre entusiasta di fronte all’idea di rappresentare il Paese dei suoi bisnonni paterni, tutte le tessere del puzzle sembrano essere ben posizionate. La vicenda si è conclusa con un esito sfortunato per i vertici della pallacanestro tricolore. Dopo oltre 3 anni di promesse, iter burocratici, trasferte istituzionali e dichiarazioni contraddittorie, Paolo Banchero ha deciso di accettare la convocazione della squadra allenata dal coach Steve Kerr.
Nell’universo iper-competitivo dello sport americano, i giovani atleti attirano le attenzioni di media e addetti ai lavori già durante il periodo delle High School, le scuole superiori. Il talento di Banchero, ben visibile ai tempi della O’Dea High School di Seattle, non è sfuggito agli occhi della FIP. I contatti con la famiglia sono iniziati nel 2019 e, nel giugno 2020, Paolo ha ottenuto la cittadinanza italiana.
A ottobre dello stesso anno, ancora liceale, l’allora Commissario Tecnico Meo Sacchetti lo ha convocato per le gare di qualificazione agli Europei. Proprio allora, però, si è presentato il primo imprevisto: un parente di Banchero è risultato positivo al Covid. In un mondo travolto dalla pandemia, l’unica opzione è rimanere a casa.
Dal 2020 a oggi, Paolo Banchero ha svestito i panni del liceale e ha indossato quelli di uno dei volti dell’NBA di domani. La sua ascesa è stata accompagnata da nuove e ripetute frasi possibiliste nei confronti dell’Italia e dalle visite istituzionali in Florida del Presidente della FIP Gianni Petrucci e del C.T. Gianmarco Pozzecco. Col passare del tempo, però, Paolo si è mostrato sempre più sibillino, sostenendo di non aver preso una decisione definitiva.
L’epilogo, fatale, è giunto il 25 giugno 2023, quando l’entourage dell’atleta ha comunicato la disponibilità a scendere in campo per il leggendario Team USA ai campionati mondiali. Un roster, quello di team USA che, va detto, vanta numerosi comprimari, pochissimi fuoriclasse e parecchi rincalzi chiamati a coprire i buchi lasciati dalle stelle che preferiscono come al solito disertare l’appuntamento, ritenuto inferiore ai più blasonati Giochi Olimpici.
È giusto fare un processo alle intenzioni di un ragazzo di 20 anni, nato e cresciuto a Seattle, reo di aver scelto di non rappresentare il Paese di origine dei bisnonni paterni? La decisione di Paolo Banchero è legittima e merita di essere rispettata. Le accuse di tradimento del presidente Petrucci suonano quindi eccessive, anche se rivelano una comprensibile frustrazione per aver perso un potenziale asso capace di oscurare alcuni difetti della pallacanestro nostrana.
Certo, alcune dichiarazioni di amore e fedeltà potevano essere evitate. Avvalendosi del ragionamento ex-post, è probabile che l’unica reale chance di reclutamento sia svanita con una positività al Covid nell’autunno 2020. Al termine di una querelle a tratti infinita, ciò che resta è una sensazione di amaro per l’irrazionale insistenza con la quale si è cercato di organizzare un matrimonio destinato a non durare.
Good Luck, Paolo.
(* giornalisti e collaboratori del blog Jefferson – Lettere sull’America)