di ALBERTO BRUZZONE
Secondo il rapporto Unicef intitolato ‘La condizione dell’infanzia nel mondo’, che è stato presentato nei giorni scorsi, più di un adolescente su sette tra i 10 e i 19 anni convive con un disturbo mentale diagnosticato. Inoltre, l’ansia e la depressione rappresentano ben il 40% dei disturbi mentali diagnosticati.
Queste cifre riguardano tutto il pianeta, ma interessano particolarmente l’Europa Occidentale, e quindi anche l’Italia. C’è un disagio giovanile assai marcato, c’è un prima e dopo il Covid, e il dopo il Covid è uno scenario molto peggiore rispetto al pre-pandemia.
Sono parecchi gli indicatori in questo senso, a cominciare dal fatto che la presenza dello psicologo, all’interno degli istituti scolastici, è aumentata notevolmente e che al servizio ricorrono non solo gli studenti, ma anche e soprattutto gli insegnanti. Sulla piattaforma scolastica di un liceo importante come il ‘D’Oria’ di Genova, la presenza dello psicologo in istituto, tutti i giorni, viene segnalata anche attraverso un apposito avviso. Spesso ci si prenota e c’è pure da aspettare, perché la lista d’attesa inizia a essere piuttosto lunga. Le varie scuole utilizzano i fondi ex Covid per potersi avvalere di questi professionisti: se è vero che la scuola è il luogo dove i giovani passano la maggior parte della loro giornata, è altrettanto vero che è proprio questo il luogo dove gli eventuali disturbi e le eventuali difficoltà si manifestano con maggior forza.
Erika Panchieri (nella foto a fianco), psicologa e psicoterapeuta originaria della Spezia e da lungo tempo attiva nel Tigullio, conferma questo trend, a poche settimane dalla partenza ufficiale del ciclo 2021/2022 (che dovrebbe essere anche l’ultimo) del progetto ‘ScuolAscolta’, finanziato dal Fondo Chiara Rama e destinato appunto all’assistenza psicologica all’interno degli istituti scolastici.
“Qualcuno – sostiene Erika Panchieri – si era illuso che tornare a una pseudonormalità fosse indicativo di una ripresa pure a livello emotivo. Ci si sbagliava. Le richieste di assistenza psicologica, al contrario, sono in aumento e non in calo. Le difficoltà sono diffuse e non c’è neppure un’età precisa, perché riguardano i bambini più piccoli, così come gli adulti”.
Qualche dirigente scolastico segnalava problemi relazionali, sia tra studenti e studenti, che tra studenti e insegnanti e tra insegnanti e insegnanti. I vari lockdown, la didattica a distanza, il non vedersi per lungo tempo, il distanziamento sociale: tutti fattori che, uniti a una certa paura per il contagio che ancora esiste, stanno creando dei blocchi emotivi difficili da superare.
“D’altra parte – prosegue Erika Panchieri, che per il progetto ‘ScuolAscolta’ si è sempre avvalsa dell’assistenza e del supporto della brava collega Chiara Feno – è crollato il muro dell’imbarazzo. Voglio dire che spesso non si veniva dallo psicologo a scuola per non farsi vedere dagli altri. Ora, invece, è diventata una pratica normalissima. I dati dei docenti che vengono ricevuti dagli psicologi sono altissimi: hanno problematiche di gestione della classe, ma anche dei singoli studenti. Vero è che gli psicologi a scuola hanno più lavoro, anche perché i dirigenti hanno più budget da poter investire e fanno bene a investirlo su questo fronte, perché ce n’è un enorme e assoluto bisogno”.
Ma quali sono i principali problemi, oltre agli aspetti relazionali conseguenti al distanziamento e alle quarantene forzate? “Anzitutto, l’ansia da prestazione, che va a colpire anche gli studenti più bravi e meritevoli. Poi, problematiche legate alla gestione dell’ansia e attacchi di panico. Il 40% dei disturbi mentali, secondo il recente rapporto di Unicef, riguarda ansia e depressione: i ragazzi vengono a scuola di cattivo umore e di malanimo, dimostrano mancanza di interesse, e tutto questo si ripercuote sulle fatiche relazionali. Non è che prima del Covid stessimo bene: non stavamo bene neanche prima, ma il Covid ci ha dato la motivazione per chiedere aiuto. Questo è importante”.
Secondo i dirigenti scolastici, gli ultimi due anni di scuola sono stati complessi anche dal punto di vista del rendimento: chi era bravo, è diventato meno bravo; chi già faceva fatica, ne fa ancora di più, oppure ha del tutto abbandonato gli studi. “È normale – osserva Erika Panchieri – Nel senso che c’era da aspettarselo. La cattiva gestione dell’ansia fa abbassare le funzioni esecutive del cervello: si ha la testa talmente piena di pensieri, che a volte non c’è spazio per i pensieri legati alla scuola. I più bravi, spesso, sono addirittura più in ansia degli altri”. ‘ScuolAscolta’ è confermato a Chiavari, a Carasco e a Sestri Levante, ed entrerà a regime nelle prossime settimane. “Continueremo a essere un riferimento sia per gli insegnanti che per le famiglie e, ovviamente, per i ragazzi”.
Intanto, emerge che otto italiani su dieci chiedono lo psicologo a scuola. E diventano addirittura nove su dieci se il campione viene limitato alla platea studentesca. Sono alcuni dei numeri diffusi da David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (Cnop), in apertura di un convegno organizzato a Roma dal Cnop in occasione della Giornata nazionale della psicologia. “Un nostro sondaggio – ha spiegato Lazzari – ci dice che otto italiani su dieci chiedono lo psicologo nella scuola, e tra i ragazzi la percentuale è nove su dieci. Due italiani su tre lo chiedono in aiuto al medico di famiglia, negli ospedali, nei servizi sociali, nelle carceri. Sette lavoratori su dieci lo vorrebbero nelle aziende. Il bisogno di psicologia è cresciuto molto nel Paese: gli italiani vogliono una rete sociale per difendere e promuovere benessere psicologico, perché hanno ben compreso che la qualità del vivere e la salute sono strettamente legate alla dimensione psicologica”.
Lo stesso presidente del Cnop ha poi affermato: “La risposta pubblica purtroppo è ancora carente nonostante le normative avanzate che, sulla carta, garantiscono l’assistenza psicologica. Se la politica e le istituzioni non daranno risposte a queste richieste – ha avvertito – pagheremo tutti un prezzo salato: non solo le singole persone, ma il Paese in termini di capitale umano, di resilienza e di sviluppo”. Quanto è ancora lunga la strada, per uscire dalla pandemia.