di DANILO SANGUINETI
Fuori una. Solo gli inguaribili ottimisti potevano illudersi che quanto è accaduto in questa prima parte di 2020 non avesse conseguenze su uno sport fragile e con problemi pregressi com’è la pallanuoto. Soprattutto la pallanuoto femminile che passava più guai e scontava maggiori difetti della parallela organizzazione maschile.
Il Rapallo Pallanuoto dice addio alla serie A1 dopo dieci anni consecutivi in categoria e soprattutto dopo che nell’ultimo lustro aveva raccolto risultati, riconoscimenti e suscitato grandi speranze grazie all’operato dei fratelli Antonucci e dei loro sodali, a cominciare da Alessandro Martini e arrivando agli altri operatori della pallanuoto rapallese.
Purtroppo la crisi, di adesioni e di bilanci della waterpolo, abbinata alla tremenda mazzata socio-finanziaria inflitta dal Covid-19 non ha lasciato scampo. C’era da scegliere fra il naufragio e il parcheggio in un porto minore, sia pure con una virata improvvisa per scansare gli scogli sempre più vicini.
Il presidente Enrico Antonucci non ha avuto esitazioni quando la FederNuoto ha lanciato la ciambella di salvataggio: sospendendo i regolamenti in vigore consente che le società che rinunciano al campionato di competenza non siano obbligate a ripartire dalla categoria più bassa ma da quella immediatamente inferiore, nel caso della Pallanuoto Rapallo la serie A2 femminile. Chiamatela caduta controllata oppure paracadute, è in ogni caso una decisione giusta considerate le circostanze, che consente ai club di fare un passo indietro senza essere costrette alla caduta rovinosa o, peggio, alla fine ingloriosa.
Il club dovrà dire addio a diverse protagoniste delle ultime stagioni e anche ad alcuni gioielli. La golden girl Sofia Giustini è già tornata alla Sis Roma. Altre partenze saranno inevitabili. Il presidente Enrico Antonucci è stato chiarissimo nello spiegare che cosa lo ha spinto a prendere questa decisione: “Quanto accaduto nei mesi della quarantena ci ha fatto riflettere ed esaminare la nostra situazione in maniera spassionata. Da tempo sentivamo la necessità di una svolta. I costi crescenti, il sostegno da parte delle realtà imprenditoriali locali non adeguato, eccettuate alcune magnifiche eccezioni. Ricordiamo che la Rapallo Pallanuoto non ha una piscina propria, deve pagare gli spazi concessi al Poggiolino alla Rapallo Nuoto, società sorella che ha a sua volta improrogabili esigenze di bilancio. Dopo la tempesta Covid per far quadrare i conti bisogna puntare sullo sfruttamento dell’impianto a fini commerciali, l’agonismo è costretto a fare un passo indietro. La decisione di rinunciare alla massima categoria è stata presa di concerto con il tecnico (suo fratello Luca, ndr), con il presidente della Rapallo Nuoto Alessandro Martini e con tutti i consiglieri. Punteremo d’ora in avanti sulla nostra principale risorsa, speriamo inesauribile: il settore giovanile che da 10 anni ci regala soddisfazioni ininterrotte”.
Questo gesto è anche un messaggio chiaro mandato alla Fin: in queste condizioni neppure realtà sino all’altro giorno di successo possono farcela. “E non ce la possono fare perché non viene riconosciuto adeguatamente il ruolo formativo che hanno. Noi sforniamo giocatrici per le varie nazionali a getto quasi continuo ed in cambio che cosa abbiamo?”.
Un grido di dolore che è stato recepito dal presidentissimo della Fin, Paolo Barelli, che in un’intervista recente al ‘Corriere dello Sport’ ha dichiarato: “La Fin fa quello che può, con grande rispetto per chi è in difficoltà. Siamo consapevoli che il peggio per le nostre discipline non è alle spalle, anzi. La prospettiva non è rosea. Le piscine e gli impianti sportivi connessi hanno riaperto e cercano di compensare i danni enormi del lockdown: parlo di un 70% in meno di incassi rispetto a un anno normale, e credo che sarà così sino a settembre”.
Se le previsioni sono queste, chi si sente di dar torto al presidente Antonucci?