di DANILO SANGUINETI
Ernani ‘Nanni’ Paggi è stato un uomo-montagna. La sua statura morale ancora più che quella fisica lo faceva assomigliare a un Gulliver costretto a non lasciare mai più Lilliput. Nella vita in borghese (impiegato Enel per decenni e poi promotore di iniziative benefiche) come quella in divisa (da arbitro e dirigente sportivo) era uno che si distingueva. E ci riusciva senza atteggiamenti estremi, sottovoce, con una sorta di distacco sorridente che lo faceva entrare in sintonia praticamente con chiunque incontrasse. Uomo-montagna perché sembrava esserci da sempre, costantemente presente e universalmente conosciuto, pensi che siano eterni e che sempre ci saranno.
Purtroppo non è mai così; arriva il momento in cui anche i monumenti più solidi crollano sotto i colpi di eventi a volte imprevedibili, a volte inevitabili. Ernani Paggi se ne è andato giovedì 27 gennaio, ha perso la battaglia che aveva ingaggiato da anni con il diabete, fiaccato soprattutto dal dolore per la scomparsa la scorsa estate dell’adorata consorte Giannina Ugolotti. Erano una coppia inseparabile, in molti temevano che senza di lei, roccia fondamentale nella ‘montagna’ Nanni, il resto potesse crollare. Stava per compiere (il 10 marzo) 82 anni, e in pochi sospettavano che le cose non andassero bene come al solito perché Nanni non era persona da lamentarsi in pubblico.
Quando era nella sua Lavagna, al centro del ‘Gruppo del Brunzin’, presso la Torre del Borgo, all’ombra della Basilica di Santo Stefano, sembrava un pascià che gestiva il suo regno con paciosa autorevolezza. Nell’ultimo decennio l’associazione culturale e benefica del Brunzin era stata al centro della sua attività, ma in un angolo della sua mente c’era sempre un pensiero per la pallanuoto. Uno sport al quale aveva dato tanto. Lo si coglie dal ricordo che l’intero vertice della pallanuoto italiana ha voluto dedicargli: “È sempre stato considerato sui bordovasca di tutto il mondo persona preparata ed autorevole. Giungano a familiari e amici il commosso cordoglio del presidente Paolo Barelli, del presidente onorario Lorenzo Ravina, dei vice presidenti Andrea Pieri, Giuseppe Marotta e Teresa Frassinetti, del segretario generale Antonello Panza, del consiglio e degli uffici federali, del presidente del Gug, Roberto Petronilli, a nome di tutte le selezioni nazionali dei cittì Alessandro Campagna e Carlo Silipo e dell’intero movimento pallanuotistico nazionale”.
Petronilli, uno dei suoi allievi prediletti, ha voluto aggiungere: “La sua scomparsa crea un vuoto incolmabile nel nostro gruppo. Ci mancheranno i suoi consigli, i suoi interventi non solo tecnici nelle consuete riunioni di precampionato e i suoi richiami comportamentali. Per tutti noi è stato e rimarrà un esempio”.
Non sono parole di circostanza. Il suo modo di dirigere gli incontri – negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, quando ancora si usavano le bandierine, una nera e una bianca, oltre al fischietto, e la pallanuoto era più muscolare e allo stesso tempo più tecnica rispetto a oggi, in una parola ‘verace’ – è stato spesso imitato, poche volte eguagliato. A bordo vasca omone tra gli omoni incuteva rispetto alle panchine e otteneva attenzione da chi era in acqua. Non gli serviva assumere atteggiamenti gladiatori, non inseguiva vuoti protagonismi, spesso metteva a tacere anche i più acclamati campioni con una semplice alzata di sopracciglia.
A conferma una carriera folgorante, da arbitro delle giovanili a designato per le finali del torneo olimpico maschile a Seul 1988. Raggiunto il top nel 1989, era passato nella ‘riserva’, ma invece di riposarsi si era dedicato a un progetto di fondamentale importanza: aveva ideato, fatto approvare dalla Federazione, costruito e diretto la scuola di formazione arbitrale, la prima del suo genere in Italia, convincendo la Fin a scegliere Lavagna come sede. Un’impresa che aveva onorato facendo funzionare il ‘campus per futuri arbitri’ come un orologio. Nell’ultimo decennio del secolo scorso e nel primo di quello in corso sono passati da lì tutti quelli che oggi garantiscono al gruppo arbitri italiano uno dei primi posti al mondo. Uomo di sport a 360 gradi, si concedeva un’unica distrazione dalla amata waterpolo, il tifo per il Genoa. Infatti il Genoa Club di Lavagna lo ricorda così: “L’Associazione Club Genoani si stringe alla famiglia di Nanni Paggi, presidente per anni del Genoa Club Lavagna, e storica figura di riferimento per la tifoseria rossoblù del Levante ligure e aiuto fondamentale per l’Associazione, con la sua presenza costante”.
Negli ultimi tempi le uniche amarezze di una pensione serena venivano dalla consapevolezza che la pallanuoto non stesse navigando in acque tranquille. E lui, gentile ma incapace di finzioni, votato a una schiettezza che ai soliti ‘farisei’ pareva ruvida franchezza, lo aveva fatto notare senza giri di parole. Il che, se possibile, lo faceva stimare ancora di più da coloro che amano questo sport.
Un flusso ininterrotto di riconoscimenti a testimoniarlo: nel 2008 a Spotorno, l’Ana, l’Associazione Nazionale Arbitri, gli aveva assegnato la prima edizione di un premio intitolato a un suo grande e caro amico, Piero De Stefano, e che da quella data in poi ha coronato le carriere degli arbitri migliori. La passerella finale il 2 ottobre del 2018, alla Sciorba di Genova, ad un passo dal ponte Morandi crollato da poco. La Fin aveva deciso di celebrare i 100 anni della federazione organizzando la festa ‘Per aiutare Genova’. Al tavolo della giuria, come commissario, ossia ‘il controllore degli arbitri’ per la partita Italia – All Stars, c’era lui, come assistenti altri due principi del fischietto, Capuani e Merola. Come sempre autorevole, come sempre sornione, con un sorriso per chiunque e una strizzata d’occhio per gli amici. L’epitome di una carriera regale, un addio senza lacrime e senza smancerie, come si addice a un monarca.