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Giovedì, 1 giugno 2023 - Numero 272

Adriano Olivetti, icona imprenditoriale e umana di un’Italia che non c’è più. Il nostro editore Antonio Gozzi ne parla con il giornalista Paolo Bricco

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di ALBERTO BRUZZONE

Adriano Olivetti è mancato più di sessant’anni fa, ma è ancora una figura amatissima, e molto studiata, nel campo dell’economia, dell’imprenditoria e delle storie di successo legate al nostro paese. Lo è in quanto Olivetti rappresenta al meglio la stagione d’oro dell’Italia, il boom industriale e tecnologico. Ma Olivetti rappresenta anche il talento, la genialità, la visione. Una figura romantica, insomma, una figura che merita di essere raccontata ora e per sempre, come esempio verso le nuove generazioni, come modello di riferimento, come lavoratore illuminato e illuminante.

Parte proprio da Olivetti e dalla sua epopea il ciclo di incontri intitolato ‘Uomini, famiglie, imprese’ che ‘Piazza Levante’ organizza insieme a Wylab presso la sede di via Davide Gagliardo 7 a Chiavari. Parte da Olivetti e dal libro che gli ha dedicato il giornalista de ‘Il Sole 24 Ore’, nonché apprezzato saggista e scrittore Paolo Bricco: la presentazione è fissata per venerdì 13 gennaio alle ore 18, a ingresso libero. Prenotazione consigliata al numero telefonico 347 2502800, oppure su EventBrite a questo link: https://www.eventbrite.it/e/biglietti-adriano-olivetti-un-italiano-del-novecento-di-paolo-bricco-510586908187.

A dialogare con Paolo Bricco per parlare del libro ‘Adriano Olivetti, un italiano del Novecento’ (edito da Rizzoli) sarà il nostro editore Antonio Gozzi. Secondo Bricco, “Olivetti è stato soprattutto un grande imprenditore, capace di innovare e di progettare e dotato anche di una rilevante capacità di radicalismo nel cambiare le cose. Questa è la più importante eredità che ci ha lasciato. Credo si debba sgomberare il campo dai sentimentalismi e dalle ricostruzioni fumettistiche: spesso il suo ricordo viene appiattito sulle esperienze politiche, culturali ed estetiche che non furono secondarie, ma che non consentono di cogliere appieno il suo ruolo”.

Olivetti “è stato un grande industriale italiano, un imprenditore molto capace che si dimostrò abilissimo a utilizzare lo schema fordista classico e a innovarlo dall’interno”. Bricco, che da sempre nel suo lavoro si concentra sulle vicende industriali italiane e sui loro personaggi (come non citare ‘Marchionne lo straniero’, sempre per Rizzoli), al ‘mito’ di Olivetti ha dedicato altri due volumi prima di questo: ‘Olivetti, prima e dopo Adriano’, edito da L’Ancora del Mediterraneo, e ‘L’Olivetti dell’ingegnere’ edito dal Mulino: “La sua capacità di innovare lo schema fordista, ad esempio, si rivelò nella cura sopraffina per il disegno industriale oppure nell’utilizzo all’interno delle fabbriche di competenze non prettamente tecniche. Mi riferisco ai numerosi intellettuali che all’epoca frequentavano Ivrea: in realtà lavoravano non con Adriano Olivetti ma per la Olivetti. Non era una sorta di Atene, non si trattava di mecenatismo, erano lavoratori e collaboratori dell’azienda a cui affidò funzioni come la gestione del personale, delle relazioni industriali, della pubblicità o dell’ufficio stampa”.

Inaugurando nel 1955 la fabbrica di Pozzuoli, Olivetti presentava così gli obiettivi della sua impresa: “La nostra Società crede nei valori spirituali, nei valori della scienza, crede nei valori dell’arte, crede nei valori della cultura, crede, infine, che gli ideali di giustizia non possano essere estraniati dalle contese ancora ineliminate fra capitale e lavoro. Crede soprattutto nell’uomo, nella sua fiamma divina, nella sua possibilità di elevazione e di riscatto”.

A questa utopia concreta – almeno in parte realizzata – concorrono condizioni di lavoro per i dipendenti tuttora senza paragoni e la ricerca attiva di una bellezza che coinvolge la meccanica e il design (le macchine per scrivere e le calcolatrici), l’architettura delle fabbriche e l’estetica dei negozi sparsi nel mondo. Ma il libro non è un’agiografia e di Adriano Olivetti mostra anche le contraddizioni, i conflitti e le generose incompiutezze: i legami profondi e tormentati con i familiari, le due mogli e le altre donne amate; la passione per l’organizzazione scientifica del lavoro e l’attrazione per la spiritualità, l’astrologia e la sapienza orientale; il complesso percorso dal socialismo di famiglia degli anni Venti all’adesione teorica al corporativismo e al suo concreto inserimento nella società fascista degli anni Trenta; gli avventurosi rapporti, alla caduta del regime, con i servizi segreti inglesi e americani e la perpetua tentazione del demone della politica, con il fallimento della trasformazione del Movimento di Comunità in un partito tradizionale; l’identità dell’industriale che intuisce le nuove frontiere tecnologiche (l’elettronica) e che unifica il sapere umanistico e la cultura tecnomanifatturiera, senza però riuscire a superare i limiti del capitalismo familiare.

‘Adriano Olivetti, un italiano del Novecento’ apre una parentesi sulla storia dell’Italia, bella e un filo nostalgica: “C’erano le invenzioni di Giulio Natta alla Montecatini, c’era la Pirelli, c’era la Fiat. E c’era l’Iri, negli anni Cinquanta ancora in un momento di grande sviluppo e lontano da quella deriva che portò alla fine alla sua liquidazione. Un’Italia dalle potenzialità e dalle risorse straordinarie”. Un’Italia che ci manca.

Paolo Bricco sarà il primo ospite del ciclo ‘Uomini, famiglie, imprese’. Seguiranno Fabio Bongiorni con ‘Food Heroes. Storie straordinarie di protagonisti del gusto’ (Sagep), venerdì 27 gennaio, alle ore 18, intervistato da Alberto Bruzzone; e Luigi Garlando con ‘L’album dei sogni’ (Mondadori), venerdì 3 febbraio, alle ore 18, intervistato da Sabina Croce.

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