di ALBERTO BRUZZONE
Ha parlato con commozione, ma anche con estrema fermezza e altrettanta decisione, nella Sala Rossa del Consiglio Comunale a Genova. Ha raccontato il dramma del suo popolo, ha spiegato di che cosa c’è bisogno, ha fatto appello alle coscienze, ha chiesto aiuto.
Da una settimana Oleh Sahaydak è costantemente impegnato sia con le istituzioni genovesi e liguri, sia con i media della città, sia soprattutto a tutela della sua comunità. Quarantadue anni, una moglie e due figli, vive a Genova dal 2004 ed è il presidente dell’associazione Pokrova, un organismo laico al quale fanno riferimento gli ucraini della Liguria (che sono circa cinquemila) e che ha come sede i locali sottostanti alla parrocchia di Santo Stefano, nel centro del capoluogo ligure, dove opera anche il pastore della comunità, padre Vitaly Tarasenko.
Oleh è un riferimento per le comunità sia di Genova (la più numerosa) che di Savona e di Chiavari e proprio a Chiavari è molto conosciuto perché, da grande appassionato di calcio qual è, è giunto in Italia come impiegato di WyScout Hudl, la piattaforma per lo scouting dei calciatori ideata da Matteo Campodonico e ora di proprietà del colosso americano.
Oleh (si scrive proprio così, con l’acca finale, ma si pronuncia Oleg) è il responsabile commerciale per l’Ucraina, ma adesso, purtroppo, di calcio si parla poco e questo conflitto tra Russia e Ucraina, in piedi ormai da una settimana, ha spiazzato un po’ tutti. Oleh e padre Vitaly hanno incontrato il sindaco di Genova, Marco Bucci, poi il presidente della Regione, Giovanni Toti, quindi hanno rilasciato interviste, sono stati in televisione, hanno coordinato la messa in moto dell’immensa macchina degli aiuti umanitari, hanno sfilato nei cortei e nelle fiaccolate per chiedere la pace, hanno consolato, hanno tranquillizzato, hanno ascoltato, hanno teso mani, orecchie e soprattutto cuore.
Era arrivato in Italia per il calcio, Oleh Sahaydak, si è trovato in qualcosa di molto più grande, e anche molto più importante e delicato. “Il mio paese – afferma – ha bisogno di un aiuto veloce. In Ucraina è il settimo giorno di guerra e l’unica colpa del popolo ucraino è di volersi unire all’Unione Europea. Servono beni di prima necessità, le massime sanzioni economiche possibili alla Russia, armi nuove e moderne per resistere ai carri armati russi”.
L’aiuto, in fatto di armamenti, è arrivato, e per l’Europa si tratta della prima volta in assoluto, ma militarmente “ci hanno lasciati completamente soli. L’Europa e l’America hanno paura della Russia. In Russia comanda un diavolo e tutti ne hanno timore”.
Oleh arriva dalla città ucraina di Ternopil, nella zona occidentale del paese: suo fratello e i suoi genitori sono rimasti in patria. “I missili sono arrivati anche da loro. Stanno vivendo nel terrore, sento notizie sconvolgenti che nessuno racconta. I militari russi hanno fatto irruzione anche in un ospedale, dove c’erano ancora parecchi malati per Covid. Hanno mandato via tutti, medici e pazienti, dicendo che dovevano mettere lì il loro esercito”.
Uscire dall’Ucraina è molto complicato: “Molti ucraini vengono fermati ai posti di blocco e depredati di tutto. Solo a quel punto vengono lasciati andare. Picchiano donne e bambini con una malvagità enorme. Occupano scuole e case: tutto questo è disumano”. E, intanto, “gli ‘amici’ dell’Ucraina hanno chiacchierato troppo. Troppe parole, anche sul tema delle sanzioni. E intanto noi stiamo morendo”.
Pokrova, una parola che significa ‘proteggi’, è un’associazione di supporto agli ucraini tra Genova, Chiavari e Savona. Nei giorni scorsi, ha stilato una lista di generi di prima necessità richiesti dall’Ucraina: coperte e cuscini con riempimento sintetico, pannolini, omogeneizzati, prodotti per igiene personale (salviette umide, sapone, shampoo, asciugamani), prodotti alimentari (pasta, riso, farina, tonno e carne in scatola, biscotti, cioccolato, dolci confezionati, the in bustine, caffè solubile), piatti, posate e bicchieri monouso, medicinali e dispositivi medici (antibiotici, analgesici, antiemorragici, antidiarroici, cardiovascolari, antisettici, mascherine, garze, guanti monouso, siringhe). Per ricevere maggiori informazioni sui beni da poter donare e su come donarli si può far riferimento al numero 800 177 797. E intanto si prepara tutto il fronte dell’accoglienza ai profughi. Nel Tigullio a essere in primissima linea è il Villaggio del Ragazzo.