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Giovedì, 1 giugno 2023 - Numero 272

O Castello: il fortino per dialetto e tradizioni locali

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di ALBERTO BRUZZONE

“Al dialetto lasciamo un monumento per sempre nei nostri cuori. Così, anche se un domani non verrà più parlato, non lo avremo fatto scomparire”. Cesare Dotti, chiavarese e studioso da una vita, riassume mirabilmente in due frasi la storia e le finalità dell’Associazione Culturale O Castello, una delle più prestigiose istituzioni culturali della città. Culla della parlata genovese, ma anche delle tradizioni e della storia locale, grazie a incontri, rassegne di teatro, concorsi di poesia, premi di fotografia e tanto, tanto altro.

La storia
O Castello (nome dato in omaggio alla costruzione simbolo della città) nasce il 20 dicembre del 1981, nella sede di Palazzo Torriglia, grazie al medico Giuseppe Corticelli, al suo segretario Alfredo ‘Dedo’ Sanguineti, al poeta Walter Bontà e al professor Carlo Costa. L’intento, proprio come quel baluardo che sovrasta le alture chiavaresi, è quello di “difendere le tradizioni locali, la nostra lingua e la nostra terra”.
Una missione che oggi portano avanti, con immutato entusiasmo, tanti operosi cittadini. A coordinare i numerosi soci c’è un direttivo di sette persone: Mino Sanguineti (governatore), Cesare Dotti (vicario), Pierpaolo Fuiano (cancelliere), Maria Rosa Chiesa (segretaria), Paolo Carosini (tesoriere), Maria Teresa Bernardi e Marcello Vaglio (consiglieri). “Procediamo nel nostro lavoro e ormai possiamo dire di essere un vero punto di riferimento nel panorama locale e non solo – afferma con orgoglio Mino Sanguineti – O Castello dà un notevole contributo alla cultura da moltissimi anni. E quasi tutte le nostre manifestazioni sono in doppia cifra, per numero di edizioni”.
Proprio in settimana si è chiuso, con una bella conferenza di Barbara Bernabò su Palazzo Torriglia, il tredicesimo Corso di Cultura Genovese, che ha animato per tutto l’autunno e l’inverno la Sala Livellara di via Delpino. Sulla splendida terrazza affacciata su piazza Mazzini, un tempo casa dei marchesi e oggi proprietà dell’omonima Fondazione che ha in capo anche l’istituto per anziani di Preli, i soci del Castello si sono incontrati, hanno ascoltato con interesse la lezione, assistito alla premiazione. Quindi si sono dati appuntamento alla prossima stagione.

Le iniziative
Ma non c’è solo il Corso di Cultura Genovese, tra le iniziative dell’associazione. Anzi. O Castello, che da sempre aderisce alla Consulta Ligure delle realtà a difesa delle tradizioni, spazia tra poesia, fotografia e teatro.
Risale al 1983, ad esempio, sotto la presidenza del primo governatore Carlo Costa, il Premio “Ciävai” di poesia in dialetto della Liguria che, aprendo le porte ai dialetti di tutta la regione, porgeva ai poeti liguri una non frequente occasione di esprimersi.
Di qualche anno più tardi (1988, governatore Elio Rossi), la prima Rassegna di Teatro in dialetto che da allora, ogni anno, vede alternarsi sul palco le migliori compagnie filodrammatiche regionali, che rappresentano commedie in lingua ligure.
Sempre ad Elio Rossi (e al fondamentale contributo di Giuliano Vignolo autore di programmi, reporter e giornalista) è dovuto l’inizio della collaborazione con la televisione locale Entella Tv all’interno dei cui programmi, da allora, ha sempre trovato posto uno spazio dedicato a O Castello, prima con il compianto Mino Orbolo (scomparso qualche mese fa) e poi con Cesare Dotti.
Lo stesso Dotti, colonna di punta del gruppo, cura con grandissimo impegno la pubblicazione annuale del ‘Lûnäio de Ciävai’, che offre argomenti diversi di usi, costumi e modi di dire e che negli anni (Cesare ha continuato la passione del padre Marino) ha assunto un alto profilo di documentazione storica.

Il Confeugo
Ma non finisce qui. Ci sono anche il Corso di Cultura Genovese, il Premio di Fotografia Pippo Raffo con annessa mostra realizzata insieme al Dlf Chiavari e il Confeugo, che torna puntuale ogni anno nella domenica che precede il Natale: di fronte al Comune, le maschere Rebello e Rebellonna tracciano il bilancio del sindaco e della sua giunta, non risparmiando, di volta in volta, graffianti invettive.
Poi si dà fuoco all’albero di alloro: se la pira va verso il cielo, sarà un anno proficuo, altrimenti un anno nefasto.
“Facciamo iniziative tutto l’anno – prosegue Sanguineti – e da sempre auspichiamo che ci sia un po’ di ricambio generazionale. Ma questa evidentemente è la cosa più difficile”. E’ dura non far morire il dialetto genovese: “Perché non è più legato ai mestieri, né ai modi di vivere. Sarebbe bello poterlo insegnare nelle scuole, ma anche lì si troverebbero poi i docenti adeguati?”.
Per chiunque fosse interessato, comunque, O Castello c’è: “Durante i corsi annuali – spiega Cesare Dotti – ci sono lezioni legate alla storia locale, ma anche lezioni più incentrate sull’aspetto linguistico: l’origine di certe parole, il loro utilizzo, la loro grafia. Se il dialetto è destinato a morire, noi di certo stiamo rallentando questo processo”.

La rassegna di teatro
Anche grazie alla rassegna di teatro estiva, che è una delle più importanti in tutta la Liguria. Quest’anno si partirà il 13 luglio, per un totale di dodici spettacoli, più un gran finale. Diversa, però, la location. Non più la tensostruttura di Palazzo Rocca, dichiarata inagibile dalla Soprintendenza a causa dei vincoli monumentali dell’area, ma l’Auditorium San Francesco.
“Capiamo la scelta delle Belle Arti e del Comune – osserva Sanguineti – La zona va riqualificata, la tensostruttura è antiestetica, ma si possono trovare altre soluzioni, in futuro, per poter continuare a fare gli spettacoli a ridosso del palazzo. Magari costruendo un qualcosa di più consono dal punto di vista storico e architettonico. Questo è il nostro punto di vista. L’area deve rimanere viva. Non si preserva svuotandola di ogni contenuto. Prendiamo ad esempio i parchi di Nervi: sono stati riqualificati e ora potranno nuovamente ospitare il Festival del Balletto”.
Si spera così che l’auditorium sia una ‘casa’ solo momentanea: “Pur ringraziando il Comune, ci mancherebbe altro, diciamo però che non si tratta di una sala concepita per le rappresentazioni teatrali. Non vi è neppure un sipario. Ad ogni modo, sapremo come sempre organizzarci per il meglio”.

Prima che al dialetto, è a queste persone che andrebbe fatto un monumento. Per l’impegno che ci mettono, il tutto come spirito di volontariato. “Lo facciamo per la nostra città e la nostra Liguria – concludono Sanguineti e Dotti – Un domani resterà traccia di chi siamo stati, di cosa facevamo e di come parlavamo. E, magari, qualcuno si prenderà la briga di andare a studiare il nostro momento storico”.
Per come siamo messi, qualche ‘belin’ ci scapperà sicuramente.

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