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Giovedì, 25 maggio 2023 - Numero 271

Napo, la voce tigullina di Fabrizio De André: “Ho iniziato nel 1999 e non mi sono più fermato. Ma è un periodo durissimo per chi fa il cantautore”

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di ALBERTO BRUZZONE

“Avevo sette anni, la prima volta che ho ascoltato un album di Fabrizio De André. Ero nella soffitta di casa. Il disco era ‘Volume 8’ e in quei mesi ricordo di aver consumato il vinile. Poi, su un altro disco, c’era la canzone ‘Attenti al gorilla’ che mi faceva sbellicare dalle risate”. Sono passati più di quarant’anni da quei momenti, e la musica di Faber fa ancora parte della vita di Alberto ‘Napo’ Napolitano. Anzi, di più: perché le canzoni di De André sono diventate il suo lavoro, insieme ai brani di altri celeberrimi cantautori e insieme ai brani che lo stesso Napo ha scritto e interpretato nel corso della sua carriera.

È diventato un cantante e musicista a tutti gli effetti, ha coronato il sogno di quand’era adolescente, gira l’Italia con varie formazioni e racconta al pubblico il mondo dei cantautori, quello che hanno rappresentato per un’epoca intera. Storie di un periodo che non c’è più e che forse non tornerà, ma che può contare ancora su moltissimi seguaci e appassionati.

Alberto ‘Napo’ Napolitano, figlio di quel Roberto Napolitano scomparso nel 2019 e per moltissimi anni presidente della Società Economica di Chiavari, è nato a Lavagna nel 1972 e da sempre si è appassionato alla scena genovese e a quella francese dei cantautori.

“Il primo tributo a De André l’ho fatto nel 1999, poco dopo la sua morte. Da quel momento in poi, non mi sono più fermato”. Sabato Napo sarà al Teatro Conchiglia di Sestri Levante, mentre domenica si esibirà presso la splendida chiesa nel bosco di San Martino di Licciorno, in località Prato Sopralacroce, nel comune di Borzonasca. La particolarità di Napo è che ha saputo negli anni proporre le canzoni di Faber sotto le più svariate forme: da solista, in duetto, in quintetto, con una band e con un’orchestra.

“Sabato sarò insieme al quartetto d’archi Alter Echo, per il concerto spettacolo ‘Faber libera tutti!’, che è tratto interamente dal disco probabilmente più famoso di De André, ‘Non al denaro, non all’amore, né al cielo’, con arrangiamenti originali del maestro Raffaele Rebaudengo degli Gnu Quartet. È un disco molto importante perché si tratta del primo concept album nella storia della musica italiana, tratto integralmente dall’‘Antologia di Spoon River’ di Edgar Lee Master, tradotto da Fernanda Pivano e reso ancor più poetico da Faber. Domenica, invece, sarò in duetto con il pianista Andrea Vulpani. È vero, posso proporre De André in varie formule e questo perché lavoriamo moltissimo sugli arrangiamenti. Quando ho iniziato, più di vent’anni fa, interpretavo le canzoni di Faber alla lettera, anche perché le persone le volevano sentire esattamente così. Poi, a poco a poco, ho cercato di dare spazio e libertà ai musicisti con cui mi esibisco e ne sono nate delle bellissime produzioni, che sono state parecchio apprezzate. Poter cambiare le musiche consente di fare più attenzione alle parole: io stesso ho capito meglio alcuni testi di De André nel momento in cui ci occupavamo degli arrangiamenti”.

Napo inizia a suonare più o meno quando ascolta per la prima volta un disco di De André: “A casa c’era un pianoforte, lo suonava mia sorella. Ho provato un po’, ma poi ho preferito dedicarmi alla chitarra. Ho suonato rock e punk in giro fino all’inizio degli anni Duemila, poi arrivavo a casa e ascoltavo i cantautori”. Nella carriera di Napo ci sono le tribute band Buonenuove ed Endegu, il progetto ‘Napo 5tet’ con i jazzisti Fabio Vernizzi, Dino Cerruti, Lorenzo Capello, Davide L’Abbate e Antonio Antognetti, le collaborazioni con Enrico Ruggeri, la Pfm, Armando Corsi, Nicola Rollando e la Filarmonica Sestrese.

Ma c’è anche un disco da solista, ‘Pause’: “Sono contento per quello che ho fatto fin qui. Ma c’è anche da dire che, al giorno d’oggi, i cantautori che suonano canzoni proprie e basta fanno molta fatica. Ve ne sono di bravissimi, che poi sono costretti a fare altri mestieri. Con le cover band, invece, si riesce ancora a restare in piedi. Anche se non so per quanto, sinceramente. Un certo tipo di musica non funziona più. Io resto a galla, ma con parecchie difficoltà. Non sono più i tempi tra il 2005 e il 2010, quando si facevano anche sessanta concerti importanti all’anno e quando le civiche amministrazioni avevano i soldi da investire. Con i comuni si lavora sempre meno: tra le normative di sicurezza, poi il Covid, poi le spese: il periodo, insomma, non è dei migliori. E poi, onestamente, quale altro mestiere può fare un musicista che non sia il suo mestiere?”. Viene tristezza a sentir parlare così, però è la realtà. ‘Passerà anche questa stazione senza far male/passerà questa pioggia sottile come passa il dolore’: lo cantava De André in ‘Hotel Supramonte’ e sono versi che vanno benissimo anche per il momento attuale.

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