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Giovedì 23 ottobre 2025 - Numero 397

Monti e costa sempre più connessi. Il fotografo e guida Alessio Mancini immagina un nuovo modello di turismo per la Liguria

Superare la proposta standard delle spiagge e dei locali. Ai turisti stranieri interessa scoprire il territorio, visitare luoghi insoliti o sconosciuti, provare le tradizioni e il cibo locale
Una fotografia di Alessio Mancini
Una fotografia di Alessio Mancini
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di FABRIZIO DELONGIS

Il turismo nell’entroterra ligure cresce e si rafforza con una domanda internazionale. Sempre più turisti stranieri puntano al mare verde della nostra regione per vivere vacanze fra escursioni, storia, cultura ed esperienze enogastronomiche. Un trend che raggiunge tassi di crescita annui del 50%. A confronto con il fotografo-guida Alessio Mancini, scopriamo quali mete raggiungere, ma soprattutto come. A partire dalla mentalità con cui approcciarsi a questa metodologia di viaggio.

Mancini, cosa vuol dire entroterra per lei?

Quando parliamo di entroterra mi vengono in mente due parole: scoperta e rispetto.

Sembra quasi un modo di vivere, più che un suggerimento turistico.

Perché è così. Scoprire l’entroterra ligure vuol dire uscire dall’ordinario, da quello che è arcinoto.

Focaccia, spiaggia e mare…

Corretto, ma anche dall’essere sempre connessi al telefono. Dal non vivere a pieno il luogo in cui si è. Senza nulla togliere al nostro mare e alle spiagge. Tantomeno alla focaccia. Entrare nei boschi liguri, però, vuol dire ‘perdersi’ nel luogo in cui ci si trova. L’approccio fondamentale consiste nell’immergersi nella natura, fisicamente e mentalmente. Aprire la testa. Guardare, ascoltare, sentire odori e suoni. Connettersi con tutti i sensi.

Per questo si parla di turismo esperienziale. Perché a suo giudizio piace molto agli stranieri?

Come liguri sottovalutiamo quello che abbiamo in termini di ricchezza naturale, storica e di tradizioni. Il modello di turismo che si è proposto per decenni è quello classico, standard, delle spiagge e dei locali. Ai turisti stranieri, invece, anche per cultura, interessa scoprire il territorio, visitare luoghi insoliti o sconosciuti. Provare le tradizioni e il cibo locale.

Il fattore della cucina tradizione sembra essere uno dei volani principali di sviluppo di questo nuovo modo di viaggiare.

Mangiare il cibo di un luogo, andare a vedere le tradizioni che stanno dietro ai piatti tipici, crea un forte legame con il territorio e con la sua gente. Quando mi trovo a guidare delle persone nel nostro entroterra, parlo loro tantissimo di cibo. Secondo la mia esperienza, conoscere le tradizioni culinarie, tutto il mondo che sta dietro a un piatto, dalla coltivazione, al mantenimento del territorio, fino ai modi di cucinare e gustare un piatto, rappresenta il modo migliore di conoscere un luogo.

Esperienze che tuttavia si possono fare anche sulla costa. Perché per lei l’entroterra nasconde un’attrattiva nuova?

Perché stiamo parlando di due anime differenti. Proprio a livello culturale, fra costa ed entroterra, esiste una spaccatura. Geografica ma anche socioculturale.

Sembrerebbe una situazione irrimediabile.

Tutt’altro. Anzi, bisogna lavorare perché costa e monti si uniscano. Oggi sembrano essere due regioni diverse. Domani dovranno essere due esperienze diverse nella stessa Liguria. Ce lo chiedono gli stesi turisti, ma soprattutto è la nostra storia a indicarcelo. Nel mio piccolo cerco di guidare le persone verso questo risultato, come guida, o testimoniando la bellezza del nostro entroterra con le mie foto.

Cosa manca quindi perché possa essere come dice lei?

Prima di tutto le connessioni. Immaginate le difficolta di una famiglia di turisti che proviene da un altro continente che d’improvviso, dalla costa decide di visitare l’entroterra. Senza avere un’automobile a disposizione, diviene un viaggio molto complesso. Quasi scoraggiante. Tantomeno di facile comprensione per uno straniero su dove andare e come.

Cosa si potrebbe fare perché non sia più così?

Attrare investimenti, ma non solamente pubblici. I privati hanno l’occasione di capire che l’entroterra è una risorsa e lo diventerà sempre di più nei prossimi anni. Pensate che ricchezza storica sono le valli per città come Chiavari. Forse il cambio dei flussi turistici permetterà di rendersi più facilmente conto di ciò.

Mettendosi nei panni di un turista, ma anche di un residente, che vuole intraprendere questo percorso di scoperta del nostro entroterra, da dove inizierebbe?

Il primo posto fuori dal comune che suggerisco è la Chiesa di San Martino di Licciorno, a Borzonasca. Si tratta di un luogo accessibile, sufficientemente comodo e alla portata di tutti. È il posto adatto per iniziare a perdersi nei nostri boschi e nella nostra storia.

Altre mete per lei fondamentali?

Direi i monti in genere, con i loro sentieri. Soprattutto l’Aiona e il Ramaceto. Poi i borghi storici, a partire da Nascio e Cassagna. In generale tutto quello che è natura e storia. Inoltre, un luogo per me fondamentale e fortemente suggestivo è il Santuario di Montallegro sulle alture di Rapallo.

Alessio Mancini ha inaugurato il recente Zueni Festival organizzato dalla Società Economica di Chiavari con Tigullio Crea Impresa e il Liceo Marconi-Delpino. Occasioni in cui ha dialogato con la giornalista di Piazza Levante, Alessandra Fontana. Dialogo riprodotto integralmente nel video qui riportato. Alcune delle foto di Mancini sono visibili nella mostra allestita per l’occasione nei locali di Wylab a Chiavari, in via Davide Gagliardo 7, e fruibile negli orari di apertura di Wylab.

L’intervento di Mancini in occasione del Festival Zueni

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