di ALBERTO BRUZZONE
Il pianeta Terra è sempre più caldo, il suo surriscaldamento non si è affatto fermato e, sebbene le conseguenze catastrofiche dei cambiamenti climatici siano state mediaticamente offuscate dalle recenti crisi, ovvero la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina, ciò non significa affatto che il riscaldamento globale abbia smesso di colpire, al contrario.
I dati che provengono dall’Antartide, uno dei luoghi più colpiti in assoluto dalle temperature anomale insieme al Polo Nord, sono infatti estremamente preoccupanti. Nell’area orientale del continente ghiacciato la colonnina di mercurio sembra letteralmente impazzita: basti pensare che nel marzo 2022 le temperature risultano essere tra i 20 e i 30 gradi centigradi più elevate rispetto alla norma per questo periodo dell’anno. Le più elevate in assoluto si stanno registrando lungo le coste, con una serie di record negativi che sanno crollando uno dopo l’altro.
A lanciare l’allarme su questa situazione drammatica è stato il climatologo francese Gaétan Heymes, esperto di ingegneria previsionale e nivologia del Servizio meteorologico e climatico nazionale (Meteo France). Lo scienziato, in un cinguettio su Twitter, ha condiviso una mappa del progetto ‘Global and Regional Climate Anomalies – NCEP Global Forecast System and Reanalysis’ gestito dalla collega tedesca Karsten Haustein.
Nell’immagine appare evidente quanto le temperature lungo tutta la costa del Polo Sud risultino letteralmente infuocate. Con anomalie di 20-30° C superiori rispetto alla media, la fusione del ghiaccio è accelerata in modo significativo e con essa il rischio principale, ovvero l’innalzamento del livello del mare. Una delle minacce maggiori è legata al potenziale scioglimento del ghiacciaio Thwaites, un colosso chiamato dagli scienziati ‘ghiacciaio del giorno del giudizio’ o ‘dell’Apocalisse’ (Doomsday Glacier), per il semplice fatto che se dovesse sciogliersi completamente, il livello del mare si alzerebbe di ben tre metri. Ciò sarebbe sufficiente per sommergere intere regioni costiere, isole oceaniche (soprattutto nel Pacifico) e grandi metropoli affacciate sull’acqua. In base agli ultimi studi, si stima che potrebbe addirittura sparire nel giro di pochi decenni.
La piattaforma ghiacciata, del resto, si ritira di ben 800 metri ogni anno perdendo circa 250 miliardi di tonnellate di massa; negli anni Settanta del secolo scorso erano ‘appena’ 40. Non c’è da stupirsi che il solo scioglimento del Thwaites e del vicino ghiacciaio di Pine Island – anch’esso in condizioni drammatiche – siano insieme responsabili di oltre il 5 per cento dell’innalzamento del livello del mare.
Anche l’estensione del ghiaccio marino è estremamente preoccupante. In base all’ultimo bollettino della missione Copernicus è stato rilevato che, a febbraio del 2022, la superficie coperta dal ghiaccio marino risultava del 27 per cento inferiore rispetto alla media registrata tra il 1991 e il 2020, nello stesso mese. Il dato è il secondo più basso mai registrato negli ultimi 44 anni, “con ampie aree di concentrazione di ghiaccio marino al di sotto della media nei mari di Ross, Amundsen occidentale e Weddell settentrionale”, si legge nel comunicato stampa del progetto di ricerca.
Quando il ghiaccio marino si riduce, si innesca anche un circolo vizioso, poiché l’acqua marina libera assorbe molto più calore rispetto al candido ghiaccio, che riflette i raggi solari. Anche l’invasione dei turisti, sempre più numerosi, determina significative riduzioni del manto nevoso dell’Antartide: si stima una perdita di ben 83 tonnellate per ogni persona in visita, secondo un nuovo studio dell’Università di Santiago del Cile.
Non c’è da stupirsi che l’Antartide risulti sempre più verde per via delle esplosioni delle fioriture, agevolate dalle temperature più miti e dalla riduzione del ghiaccio, come evidenziato da una recente ricerca italiana.
“Sono proprio i poli – osserva Luca Mercalli, il popolare meteorologo e autore di moltissimi libri – a fornire per primi le indicazioni sullo stato di salute della Terra. E lo stato di salute della Terra è drammatico: tutto ci sta a dire che il pianeta ha la febbre, tant’è vero che nelle mappe satellitari sono proprio i toni del rosso a dominare sempre di più. Oramai persino il negazionismo fa poca strada, di fronte a tutta questa evidenza. Porsi contro ai cambiamenti climatici è del tutto anacronistico, ma ancora troppo poco è stato fatto per affrontare realmente e concretamente la situazione”. Lo stiamo sperimentando bene con il caldo record di questi giorni.
Secondo Mercalli, “l’obiettivo della Cop21 è già fallito. È illusorio pensare di fermare la crescita delle temperature di un grado e mezzo. Stiamo andando rapidamente verso l’innalzamento di due gradi, e questo è il massimo che ci possiamo permettere se vogliamo evitare eventi catastrofici. Infatti, anche i due gradi potrebbero essere superati”.
Tutto questo scenario, è il parere di Mercalli, “non significa che andiamo verso la fine del mondo, ma che avremo serissimi problemi sì. Specialmente chi vive sulla costa, perché i mari si innalzeranno sempre di più. Abbiamo dieci anni di tempo per provare a sistemare le cose. Trenta li abbiamo persi. È almeno dal 1979, infatti, che gran parte della comunità scientifica è compattata sul tema del riscaldamento globale”.
Tra dieci anni “si sarà esaurito il tempo per fare una terapia utile. Bisogna mettere un freno, tutti insieme, a quelle situazioni che creano i danni. Ad esempio? Limitare la deforestazione, limitare l’utilizzo di cemento nel suolo, fermare gli impianti a carbone, fermare i pozzi per gli idrocarburi. Il Ministero della Transizione Ecologica ha un bel nome, ma a volte ho l’impressione che si occupi soltanto del business del green. Invece serve una reale, seria e fattiva manutenzione del territorio. I fondi del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza dovrebbero essere destinati a questi scopi, oltre che alla formazione e alla comunicazione, perché dei temi ambientali si parla ancora troppo poco e le coscienze non sono sufficientemente formate”.
Sul tema della decarbonizzazione, in particolare, “ci stiamo muovendo troppo poco e troppo tardi. Prepariamoci a una serie di danni ambientali ai quali dovremo porre rimedio”. E per Genova, Luca Mercalli avverte: “Mi viene da dire: occhio al livello del mare che s’innalza”.
Climatologo italiano noto al grande pubblico soprattutto come divulgatore, da oltre trentacinque anni Luca Mercalli analizza dati meteorologici presiedendo la Società Meteorologica Italiana, si occupa del monitoraggio dei ghiacciai ed è esperto di storia climatica delle Alpi. Non solo teoria, ma anche – e soprattutto – pratica: il climatologo, infatti, ha ristrutturato un rifugio del 1750 in Alta Val di Susa, nella frazione di Vazon (comune di Oulx), rendendolo altamente sostenibile ed efficiente dal punto di vista energetico e riuscendo ad ottenere, a lavori conclusi, la certificazione di ‘Casa clima’.
La storia è raccontata nel suo ultimo libro ‘Salire in montagna. Prendere quota per fuggire al riscaldamento globale’: un diario nel quale Mercalli scrive di tutta l’esperienza di acquisto, ristrutturazione e vita nella sua nuova casa a 1650 metri. Si tratta di un esempio di rivalutazione di una baita montana che rappresenta un fenomeno di migrazione programmata di cui sentiremo sempre più parlare in futuro, quando le città d’estate diventeranno invivibili a causa dell’aumento delle temperature. “La migrazione programmata è importante – conclude Mercalli – perché sia le persone, sia le comunità montane si devono predisporre per tempo, evitando di farsi trovare impreparati quando questo fenomeno migratorio diventerà emergenziale”. Adattamento climatico: se ne sentirà parlare sempre più spesso.