di ALBERTO BRUZZONE
La situazione è grave. Il paziente è messo molto, ma molto male. E il ‘paziente’, in questo caso, sono i pronto soccorso e i vari 118 dislocati sul territorio.
Come mai? Perché la carenza di medici specializzati in emergenza inizia a farsi sempre più sentire, e inizia sempre più a pesare sul funzionamento e sulla resa complessiva dei servizi al cittadino.
Venerdì scorso, in occasione dell’intervista pubblica a ‘Piazza Levante’, a cura del nostro editore Antonio Gozzi, il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, che è anche assessore alla Sanità, ha parlato di questo tema, specificando che “nessuno o quasi vuol più fare il medico dell’emergenza, perché i turni sono massacranti e i salari non sono assolutamente adeguati, inoltre è praticamente preclusa a questi dottori la libera professione”.
Il governatore ligure ha ben chiaro il problema, anche perché si manifesta nel quotidiano. E a darne una testimonianza in prima persona è il professor Paolo Cremonesi, primario del pronto soccorso dell’ospedale Galliera di Genova, coordinatore della Commissione delle emergenze dell’Ordine dei Medici di Genova ma, soprattutto, decano della professione nella nostra regione, avendo iniziato la sua attività nei primi anni Ottanta.
Cremonesi, che pure lui negli ultimi due anni è stato alle prese con la pandemia, con tutte le conseguenze e le difficoltà del caso, osserva: “Il presidente Toti ha ragione, mi fa piacere che conosca il problema e che lo abbia pure capito. Allora dico che adesso è il caso di intervenire e di farlo pure con una cerca fretta, perché i medici dell’emergenza sono sempre meno, i reparti di pronto soccorso degli ospedali sono sempre più in sofferenza e qualcuno rischia concretamente di chiudere per la mancanza di personale”.
Secondo Cremonesi, “la questione è su due livelli. Anzitutto, nel corso degli anni sono stati commessi degli errori strategici, nel senso che sono state previste cifre molto basse nella specialità. In pratica, c’erano pochissimi posti per chi voleva fare il medico dell’emergenza. Poi la situazione è un po’ migliorata durante la pandemia. Il secondo aspetto, invece, è che la professione del medico dell’emergenza, sia esso un medico in attività presso un pronto soccorso o presso il 118, è altamente usurante. Si lavora anche per sette notti al mese, il pronto soccorso è sempre aperto, si lavora al sabato e alla domenica, si lavora nelle festività, si fanno turni sempre più massacranti per sopperire alle carenze di organico, ci si prende enormi responsabilità perché vanno spesso assunte decisioni in un periodo di tempo molto breve. A fronte di tutto questo, la remunerazione non è assolutamente consona né adeguata. Ed ecco che parecchi medici lasciano il pronto soccorso per andare a lavorare in reparti più tranquilli, dove magari possono anche esercitare la libera professione. Qui hanno turni meno usuranti, meno notti di guardia, guadagnano meglio. Tutta questa combinazione di fattori sta riducendo il numero dei medici dell’emergenza. La Liguria è in grande difficoltà in questo senso e se non si corregge subito la situazione, si rischia grosso”.
Cremonesi parla come esponente dell’Ordine dei Medici: “Occorrono degli accordi integrativi regionali, sulla scorta di quelli siglati dalla Regione Piemonte. I medici dell’emergenza devono essere pagati di più. Anche la Liguria si accodi a quanto fatto dal Piemonte. La situazione? Noi al Galliera siamo in carenza di organico da molto tempo, ma penso anche a pronto soccorso più piccoli, che rischiano veramente di scomparire. Meno medici in servizio significa anche una maggiore attesa da parte dell’utenza”.
Ma le case di comunità non andranno a risolvere questo problema? Secondo Cremonesi, “è giusto creare le case di comunità a livello territoriale per una sanità sempre più prossima alle persone. Ma queste strutture non andranno ad alleggerire per nulla i pronto soccorso, per lo meno noi non ce lo aspettiamo nel breve periodo. Gli stessi tentativi di affidare il servizio delle emergenze a cooperative si sono rivelati un fallimento: costi troppo elevati per le Asl a fronte di un servizio il più delle volte scadente. Lo ripeto, serve trattare meglio, anche economicamente, i medici dell’emergenza, e poi allargare le maglie d’accesso a questa specialità”.