Marta Pagnini ha in comune con Mary Poppins molte cose oltre al monogramma ‘MP’. Fascino, capacità affabulatoria, personalità spiccata. Le calza a pennello anche il giudizio che il ‘metro misura difetti’ attribuisce alla disneiana Nanny: P.P. ossia Praticamente Perfetta.
A soli 27 anni è già nella storia dello sport italiano, ha fatto parte di quella generazione di ‘fenomene’ che ha sollevato la ginnastica ritmica da specialità di nicchia a disciplina di massa nel giro di pochi anni. Ha indossato la tuta e infarinato le mani con il magnesio in tenera età. Seguendo in palestra sua mamma Grazia Ciarlitto, consigliere della Federginnastica, si è innamorata di clavette e cerchi quando a stento si reggeva in piedi sulle proprie gambe.
Cresciuta nell’Etruria Prato, una società d’elite della ginnastica nazionale (è il club di Yuri Chechi per capirci), entra nel giro azzurro ancora minorenne, a venti anni fa parte dell’ensemble che si issa sul tetto del globo: nel 2011 ai Mondiali di Montpellier vince l’oro nel concorso generale a squadre, l’argento sia nell’esercizio con i Nastri e i Cerchi che in quello con le Palle. Alle Olimpiadi di Londra dell’anno successivo l’Italia va a medaglia, di bronzo, impresa che segna lo spartiacque tra la fase eroica e quella matura, dove la nostra rappresentativa si inserisce in pianta stabile nella ristretta cerchia delle grandi della ritmica mondiale.
Un’ascesa continua
Pagnini è l’unica a restare in Nazionale dopo questa esperienza, diventa il capitano della squadra e la guida a un altro quadriennio di risultati incredibili: nel 2013 ai Mondiali di Kiev assieme alle compagne ottiene due argenti, nel 2014 sempre alla rassegna iridata conquistano un argento. Il vertice della sua parabola e di quella Nazionale è il 2015: vince la Coppa del Mondo a Kazan specialità Cerchi e Clavette, ai Mondiali di Stoccarda è oro nell’esercizio dei Nastri, argento nei Cerchi e Clavette. Ci sono grandi aspettative per le Olimpiadi di Rio 2016, la rinnovata squadra però si ferma, per un’inezia (due decimi di punto), ai piedi del podio, un quarto posto che è pur sempre un risultato di altissimo livello. Marta però sente che dopo 17 anni di dedizione alla ritmica è giunto il momento di voltare pagina. A settembre dello stesso anno abbandona la pedana. O meglio fa un passo di lato.
La sua vita in un libro
Lo ha spiegato lei stessa venerdì scorso nel corso del secondo ‘Aperitivo sportivo’ incontro con campioni organizzato nella sede chiavarese di Wylab. La campionessa pratese ha messo la sua idea di sport in un libro appena pubblicato, ‘Fai tutto bene’ che per sottotitolo ha l’ancora più eloquente ‘come la fatica mi ha insegnato a vincere’. Qualche dettaglio per rendere l’idea, che cosa si chiede a un’atleta di punta: “Per diciassette anni la mia vita è ruotata attorno alla ginnastica: allenarsi parecchie ore al giorno per sei giorni su sette senza soluzione di continuità è una sfida per la mente prima che per il corpo. La passione è decisiva, la disciplina è essenziale, devi essere resistente quanto coinvolta in quello che fai. Non rimpiango un solo giorno dedicato alla ritmica, però dopo Rio ho compreso che la mia vita doveva andare avanti, che era ora di dare spazio alle più giovani. Oltretutto sapevo di lasciare la squadra in buone mani, che il futuro della ritmica azzurra era assicurato”. Quando parla della sua disciplina raramente usa il singolare, il noi affiora da ogni parte… “Il fare parte di un team ti aiuta a pensare come un collettivo, l’affiatamento più difficile da raggiungere non è la sincronia nei movimenti o la perfezione nelle coreografie, è soffrire e gioire assieme alle tue compagne”.
Lei e le altre campionesse sono state anche un formidabile esempio: “Al di là delle tante vittorie, delle medaglie e dei riconoscimenti personali, vado, anzi andiamo particolarmente orgogliose del aver strappato la ginnastica ritmica dalla condizione di ‘figlia di un dio minore’, di sorella meno fortunata dell’artistica. Oggi abbiamo in Italia un movimento in continua crescita, la ritmica ha un seguito paragonabile agli sport cosiddetti maggiori”. Da come parla si intuisce che l’amore per il proprio sport è intatto: “Lo seguo da vicinissimo, ho conseguito lo status di giudice internazionale”.
Per il Cavaliere della Repubblica Pagnini (onorificenza assegnatale dopo il bronzo di Londra) però non basta essere giudice e autrice di libri. “Beh faccio ancora parte del Corpo Sportivo dell’Aeronautica Militare, la ‘mia’ società che mi ha seguito e agevolato in ogni passo della mia carriera agonistica”.
Servirebbe una giornata di 25 ore per stare al passo con Marta che come se niente fosse aggiunge: “Il mio presente è zeppo di impegni, il mio futuro però non è ancora tracciato perché ho anche un master in Relazioni Internazionali da far fruttare”.
Bella, brava, studiosa, instancabile. Una ragazza da applaudire. Unica avvertenza: non perdetela di vista in una giornata di vento cangiante, c’è il rischio che voli via con l’ombrello.
DANILO SANGUINETI