Un Mangiafuoco all’incontrario che trasforma pupazzi in ragazzi, anzi in atleti. Martedì 15 gennaio guardando Italia-Olanda, valida per la fase eliminatoria dell’Europa Cup femminile, Mario Sinatra, allenatore del Bogliasco di A1, barba fluente e fisico imponente, aveva numerose ragioni per essere orgoglioso di quanto accadeva in vasca.
Il Setterosa che stava strapazzando la pur forte nazionale orange aveva una line up in maggioranza, sia pure relativa, ‘sinatriana’. Garibotti, Avegno, Queirolo, Viacava, Bianconi, ossia la spina dorsale dell’Italia degli ultimi anni, la base del commissario tecnico Fabio Conti, sono prodotti usciti dal suo laboratorio, incredibilmente vincente, impiantato prima a Rapallo e nell’ultimo quinquennio a Bogliasco.
L’ex giocatore di Camogli ed altre formazioni di serie A1 ed A2 quando si è diplomato mister ha scelto quasi subito il settore femminile. Ha vinto molto guidando le prime squadre, ha vinto tutto nelle categorie giovanili. Senza voler fare un torto ai suoi collaboratori e agli altri mister che lo hanno affiancato, se il Rapallo prima e sino a oggi il Bogliasco si sono aggiudicate il Trofeo del Giocatore – il premio che la Fin assegna alla società che conquista più punti in un classifica combinata dei piazzamenti nelle competizioni maschili e femminili, prima squadra e giovanili – lo devono principalmente ai successi a raffica dei team guidati da Sinatra.
Non c’è stagione che non porti a casa un titolo, non c’è anno nel quale le sue squadre non arrivino almeno alla finale. Spesso ha fatto il bis, e in alcuni casi anche il tris nel corso di pochi mesi, dall’Under 15 all’Under 19, lasciando alla concorrenza le briciole. C’è chi sostiene che sia molto fortunato. Da sotto la barba e con un cipiglio da finto duro, Sinatra replica: “Io sono convinto che la sorte, buona o cattiva che sia, non c’entra niente nello sport, meno che mai in una disciplina di squadra e in tornei che durano mesi. Puoi approfittare di singoli eventi fortunati in una singola partita, in un campionato serve ben altro. Poi se c’è invece chi la pensa diversamente, io sono per la libertà d’opinione”.
Il titolo di “mago dei giovani” gli spetta di diritto eppure, anche in questo caso, rifiuta la celebrazione. “Mago sa di evento casuale. Alla base del mio credo c’è una sola parola ‘impegno’. Lavoro, lavoro e ancora lavoro, ecco la ricetta e non ci vedo niente di miracolistico”.
Da quando si è piazzato con fischietto e tabellina, segna schemi a bordo vasca e ha sempre avuto a che fare con le ragazze. “Perché ero e sono convinto che siano più brave dei loro colleghi maschi, che possano darti molto di più, sempre che riesci a entrare in sintonia con loro. Sia a Rapallo che qui a Bogliasco mi piace parlare chiaro con ognuna delle mie allieve. E vado in posti dove mi permettono di iniziare un ciclo, un percorso. E’ fondamentale iniziare con le più giovani, farle crescere con loro. Se riesci a formare il collettivo, avrai più possibilità di formare il singolo talento e allo stesso tempo arrivare a traguardi importanti per la squadra e per la campionessa in erba”.
Quante sono passate nella sua ‘aula’, la piscina a S. Maria con il Rapallo e ora la Vassallo a Bogliasco. Nessuna preferenza: “Sono state e sono annate importanti, dove abbiamo ottenuto molto. Sin dall’inizio parlai chiaro a dirigenti e atlete. Chiedevo molto, avremmo cercato di restituire parecchio. Io inizio gli allenamenti quando gli altri sono ancora in vacanza, il ritmo che impongo alla preparazione è quasi proibitivo. Nel ‘quasi’ c’è la differenza: sudiamo le sette camicie ma non andiamo mai fuori giri e quando arriviamo al dunque, alle finali, siamo mediamente più agguerriti e pronti della concorrenza”.
Vittorie su vittorie, premi su premi, eppure Sinatra rimane appartato, nessuno lo ha mai cercato per un posto che conta nelle squadre nazionali. “Va bene anche così, io sono contento che in azzurro ci vadano le mie ragazze. Che le abbia avute a Rapallo o a Bogliasco poco cambia. Mi gratifica che anche le mie ‘ex’ allieve si ricordino sempre di me, il rapporto con quasi tutte era ed è rimasto bellissimo”.
Il ‘quasi’… “Beh, solo con una è stata rottura completa, una grande delusione che naturalmente non specificherò. La incontro e se ci salutiamo, è solo un saluto di circostanza. L’unico caso perché con le altre, anche se sono cresciute, anche se ora sono campionesse affermate, o allenatrici, o avversarie c’è sempre un abbraccio, una pacca sulle spalle. Quell’unico fallimento nell’instaurare un rapporto personale duraturo è stato per me preziosissimo: come hanno detto tanti coach prestigiosi prima di me, impari più dalle sconfitte che dalle vittorie. Ho ripensato a che cosa avevo sbagliato con quella atleta ed ho imparato”.
Tante storie, qual è quella che lo rende più orgoglioso? “I successi sono sempre gratificanti. E non ho una allieva preferita, lo dico con sincerità. Che sia sia trattato di aver scovato una campionessa o che abbia aiutato una giocatrice non dotatissima a fare un po’ di sport per alcuni anni sono traguardi che metto sullo stesso piano. L’allenatore bravo è quello che ti fa tirare fuori quel 10% in più che pensavi di non avere, non conta che tu sia un giocatore da 2 o da 10 in pagella”.
Queirolo, Bianconi ieri, oggi Dafne Bettini, Gragnolati gli astri presenti e quelli futuri vengono scovati dal telescopio infallibile di Sinatra. Eppure ci deve essere un fallimento, una giocatrice che non ha saputo valorizzare. “Se proprio debbo fare un nome, dico Garibotti”. Davanti allo stupore dell’interlocutore perché stiamo parlando di una delle colonne portanti della Nazionale, da almeno dieci anni sempre indicata come una delle più forti atlete italiane, il coach serafico conclude. “Non vuol dire. Certo Arianna è una big, a neppure trent’anni ha vinto moltissimo, in Italia, in Europa, con il suo club, con la Nazionale. Ma secondo me aveva le qualità per andare ancora più in alto, è una ‘natural’, doti atletiche e tecniche fuori del comune. E’ diventata una grande, una delle più forti, poteva essere la più forte, la migliore”.
(d.s.)