di ALBERTO BRUZZONE
Se esistesse una ‘Nazionale’ con tutti i commissari e gli ispettori della letteratura italiana, non c’è alcun dubbio che Franco Bordelli avrebbe il ruolo di titolare. Inamovibile. Magari nel ruolo di mediano, vista la sua natura, vista la sua propensione a guardare sempre il gioco e a sacrificarsi per gli altri, vista la sua gentilezza e il suo fascino da uomo d’altri tempi (così come il mediano è un ruolo d’altri tempi).
E il merito di tutto questo non può che essere di Marco Vichi, lo scrittore fiorentino che ha creato e condotto a enorme popolarità il suo personaggio letterario: un commissario di polizia che vive e lavora nella Firenze degli anni Sessanta e Settanta, che ama stare con il popolo, ama pranzare in trattoria ma dentro la cucina insieme al cuoco, ha dei fidati amici e colleghi che invita a cena, delle donne con cui si confida, ama perdersi nelle campagne fiorentine per ritrovare se stesso. E che, tranne una volta nel 1947, come gli ricorda il suo più stretto collaboratore, il sardo Piras, ha sempre risolto tutti i casi che gli si sono presentati davanti.
L’ultimo in ordine di tempo arriva a due mesi dalla pensione. Ed è un enigma assai intricato, che riguarda il Conte, un nobile trovato barbaramente ucciso nella sua elegante casa di San Frediano. Stimato e apprezzato da tutti, il Conte aveva quello che Vichi definisce ‘il vizio fiorentino’: era omosessuale. Ma per Bordelli trovare chi ha compiuto quello scempio ai danni di un uomo di settantacinque anni è una questione d’onore, una missione da non fallire, prima di lasciare la polizia.
Inizia così ‘Un caso maledetto’, la nuova avventura del commissario, il romanzo uscito per i tipi di Guanda (la casa editrice di riferimento di Marco Vichi) qualche settimana fa e che ‘Piazza Levante’ e Wylab presenteranno insieme all’autore martedì 24 novembre, alle ore 18, direttamente sulla pagina YouTube di ‘Piazza Levante’, a questo indirizzo: https://www.youtube.com/channel/UCsQc8gPY8vltkvtLNpQGU2A.
A dialogare con lo scrittore toscano sarà Alberto Bruzzone, mentre l’attrice Lucia Caponetto leggerà alcuni brani tratti dal libro. Vichi, che qualche anno fa è stato ospite del Festival della Parola di Chiavari, ha almeno anche un altro contatto con la Liguria: il disegnatore di molte sue copertine (tra cui l’ultima), infatti, è Giancarlo Caligaris, brillante illustratore genovese che lavora per il mondo dell’editoria, della pubblicità e delle riviste. Ma, oltre a Bordelli, c’è anche da dire che Vichi ha una vastissima produzione nell’ambito di romanzi ‘singoli’, così come di racconti, ed è il curatore delle principali antologie a tema di Guanda.
Nato nel 1957 a Firenze, vive sulle colline del Chianti. Sono gli stessi luoghi dove ambienta i suoi romanzi e che il commissario Bordelli conosce come le sue tasche: “Ho iniziato a scrivere nel 1995, ma già per quasi diciotto anni avevo scritto senza pubblicare nulla. Mi sono sempre divertito con questo personaggio, che è cresciuto e maturato libro dopo libro. Tutto è scattato dalla lettura di Dürrenmatt, che non scriveva solo polizieschi, ma veri e propri romanzi. È dall’entusiasmo che mi ha suscitato che è cominciato tutto”.
Le storie di Bordelli vanno avanti in ordine cronologico: la prima, ‘Il commissario Bordelli’, è ambientata nel 1963, poi si va avanti di anno in anno, toccando un punto elevatissimo in ‘Morte a Firenze’, che racconta la città nel 1966 ai tempi dell’alluvione (questo testo è valso a Vichi il Premio Scerbanenco), quindi si arriva a ‘Nel più bel sogno’ (la narrazione è calata nel 1968), a ‘L’anno dei misteri’ (nel 1969) e a ‘Un caso maledetto’ (nel 1970).
“Mi piace fare questi salti indietro nel passato, in una Firenze che comunque ho vissuto. E mi piace inserire nei romanzi delle storie vere, come l’alluvione”. Ma c’è un altro particolare che ha reso i libri di Bordelli molto noti: la cucina. Come il momento conviviale non manca mai, ad esempio nel cinema di Ferzan Özpetek, altrettanto non manca quando c’è di mezzo Bordelli e, soprattutto, quando c’è di mezzo il suo grande amico e grandissimo cuoco ‘Botta’: “La cena è una parte fissa di ogni libro, a parte forse uno. Bordelli invita a tavola i suoi amici e poi, al termine della mangiata, ognuno racconta una sua storia. Sono quasi sempre storie vere: alcune sono storie della mia famiglia, altre mi sono state regalate dai lettori”.
Vichi ha un intenso rapporto con il suo pubblico: “Ci si scambiano mail, arrivano consigli e segnalazioni. Mi scrivono anche molte donne, dicendomi che si sono innamorate del commissario Bordelli. E posso capirlo: perché Bordelli è un galantuomo d’altri tempi, una persona davvero squisita, uno sempre pronto ad aiutare gli altri, specialmente i più deboli”. Il classico poliziotto che si mette una mano sul cuore, amico finanche delle prostitute: il personaggio di Rosa è, non per caso, uno dei più delicati ed empatici di tutta la saga.
Sullo sfondo, il quartiere di San Frediano, “che negli anni Sessanta era veramente popolare. Qui Bordelli compra una casa, non solo per il fatto che costasse di meno, ma anche perché gli piaceva stare in mezzo a questo popolo. Anche io ho sempre frequentato queste zone, per quanto ora siano diventate più chic”.
La Firenze degli anni Sessanta, con il Maggiolino del commissario, i mangianastri, il telefono fisso per il quale si chiedeva la linea nei bar non esiste più. Ma è bello calarsi in questo passato, con un pizzico di nostalgia e con quella spinta emotiva che, pagina dopo pagina, ti fa stare sempre dalla parte dei buoni, anche perché i cattivi di Vichi sono spesso veramente… cattivi.
Finirà qui? Finirà con la pensione di Bordelli? Finirà qui la saga? C’è proprio da augurarsi di no, c’è da sperare che il genio investigativo di questo imperdibile commissario possa proseguire su altre strade. Perderlo sarebbe veramente un peccato. Martedì 24 novembre, alle 18, ne parleremo a lungo con l’autore.