di ALBERTO BRUZZONE
In Liguria, tra aprile e giugno del 2022, sono cresciuti il comparto manifatturiero e il comparto dell’edilizia, rispettivamente del 30,9% e del 10,3%. È quanto risulta dai dati elaborati dall’Osservatorio del Mercato del Lavoro e da Unioncamere nazionale. Al 30 giugno 2022, le imprese artigiane registrate in Liguria sono state 43.206 e rappresentano il 26,8% del tessuto imprenditoriale ligure, 5,6 punti percentuali in più rispetto all’incidenza delle imprese artigiane italiane.
Rispetto al secondo trimestre 2021, in Liguria le iscrizioni aumentano del 12% (+92 unità), ma contestualmente crescono anche le cessazioni, anche se in misura minore (+10,2%, +53 unità). Dal movimento anagrafico delle imprese artigiane, tra il secondo trimestre 2021 e il secondo trimestre 2022, si segnala il buon andamento delle attività manifatturiere, delle costruzioni e delle attività dei servizi di alloggio e ristorazione: settori caratterizzati da una crescita delle nuove aperture, superiore a quella delle cessazioni.
Nello specifico, le aperture salgono per i seguenti settori: attività manifatturiere (+30,9%, +89 unità); costruzioni (+10,3%, +494 unità); attività dei servizi di alloggio e ristorazione (+7,4%, +145 unità); attività professionali, scientifiche e tecniche (+9%, +85 unità); attività sportive, artistiche e di intrattenimento (+4,5%, +23 unità); imprese non classificate (+5,2%, +712 unità).
“Il manifatturiero è da sempre il settore che contribuisce maggiormente alla ricchezza della Liguria e del nostro paese che è ancora oggi, nonostante la crisi legata agli anni della pandemia, la seconda potenza europea dopo la Germania. È pertanto estremamente positivo che in Liguria vi sia una ripresa significativa del settore con il 22,2% in meno di chiusure delle attività rispetto al secondo trimestre del 2021 e un aumento del 30,9% di nuove aziende che sono state aperte”: così commentano il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, e l’assessore al Lavoro, Gianni Berrino, sui dati elaborati dall’Osservatorio del Mercato del Lavoro e Unioncamere nazionale.
“Storicamente – aggiungono il presidente della Regione e l’assessore al Lavoro – le imprese del manifatturiero sono quelle che garantiscono mediamente un maggior numero di occupati. La loro crescita, pertanto, è un segnale positivo per tutto il mercato del lavoro ligure. Un dato ancora più confortante se rapportato al fatto che l’occupazione nella nostra regione aveva già fatto segnare un +2,6% nel 2021, passando dalle 579.517 unità del 2020 alle 594.600 unità. Nel Nord Ovest, ma anche a livello nazionale, la nostra è la regione in cui più di altre sono evidenti i segnali positivi”.
Oltre al buon andamento delle attività manifatturiere, le costruzioni rappresentano il secondo settore della Liguria, con oltre 29.400 imprese, aumentate di 494 unità nel secondo semestre del 2021, registrando così un incremento del 10,3%.
“Grande soddisfazione anche per i dati di un settore nevralgico per l’economia della Liguria – commentano il presidente della Regione e l’assessore all’Urbanistica e Edilizia, Marco Scajola – Un risultato ottenuto nonostante la crisi economica in atto, derivante dalla pandemia, dalla guerra Russa-Ucraina e dall’aumento dei costi delle materie prime. La crescita è frutto delle politiche di semplificazione burocratica messe in atto da Regione Liguria a partire dal 2015, che hanno stimolato il comparto rendendolo più attrattivo, nonché degli incentivi ai Comuni per interventi di rigenerazione urbana e recupero del territorio. Azioni concrete che hanno permesso non solo di affrontare la recessione economica, ma di far registrare addirittura un andamento positivo, garantendo migliaia di posti di lavoro alle famiglie liguri”.
C’è però ancora molto da lavorare in tema di pari opportunità. Nei giorni scorsi, Unioncamere ha presentato il quinto rapporto sull’imprenditoria femminile, che consegna un quadro di luci e ombre, anche per le imprese liguri. Da un lato, infatti, i dati restituiscono imprese a conduzione femminile con maggiore propensione a nuovi investimenti in digitale e green (rispettivamente 14% e 12% delle imprese, a fronte dell’11% e 9% dei colleghi uomini), così come maggiore è la richiesta di interventi in materia di formazione, sensibilizzazione e incentivazione fiscale (mediamente 2 punti percentuali in più rispetto alle imprese non femminili). Dall’altro, però, il tasso di sopravvivenza è nettamente peggiore per le imprenditrici: 79,3% a 3 anni contro 83,9% degli uomini, forbice che si allarga ulteriormente a 5 anni (68,1 contro 74,3%).
“Sicuramente sono numeri su cui occorre riflettere – osserva Francesca Recine, imprenditrice e presidente di Fismo-Confesercenti Genova – Il dato non è da leggere tanto in relazione all’attività imprenditoriale, quanto in rapporto ai servizi per il welfare familiare, a maggior ragione dopo l’impatto del Covid-19 sul tessuto economico”.
La Liguria ha una percentuale di imprese femminili pari alla media italiana (22,1% del totale) con 35.672 attività su un totale di 161.414, mentre si colloca al di sopra della media del Nord-Ovest, ferma al 20,4%. Interessante anche il dato delle imprenditrici nate in Liguria, pari al 17,6%, ben oltre la media italiana del 10,2%. “È senza dubbio un report molto interessante – prosegue Francesca Recine – anche per quanto riguarda l’allocazione delle risorse legate ai fondi strutturali della Regione Liguria, per cui occorre ricomprendere delle premialità specifiche per le imprese femminili e ragionare sulla possibile applicazione della certificazione della parità di genere. Altro punto importante è quello che riguarda la formazione delle imprese, da prevedere alla stessa stregua dell’obbligo di formazione per i dipendenti, attraverso la predisposizione di piani formati mirati sui nuovi paradigmi aziendali e calati nel contesto economico e sociale”.