di DANILO SANGUINETI
Un posto che ha il coraggio di dire pane al pane e vino al vino. Letteralmente. L’Osteria da Sergio a Sestri Levante è la quintessenza della Sestritudine che più che un dato anagrafico è uno stato d’animo.
Con orgoglio i tifosi della U.S. Sestri Levante 1919 sostengono che “Corsari (ossia sostenitori del Sestri) una volta, Corsari per sempre”. Si potrebbe anche aggiungere, parafrasando un detto napoletano, che chi visita Sestri piange due volte, una volta quando ci si arriva e una volta quando deve andarsene.
Insomma nella Bimare ritengono di avere qualcosa di speciale. E tengono moltissimo alle loro tradizioni. Il tempo ha inciso sulla pelle della città a cavallo delle due baie, senza intaccare gli strati profondi. Tra le cose “che non passano” c’è il ristorante che venne aperto a metà del secolo scorso da Sergio Righetti. Ben presto “Da Sergio” che sorgeva in via Sara diventò un ritrovo apprezzatissimo prima dai locali e poi dai turisti. Nel 2003 a Sergio si affiancò la famiglia Bergamino, con il “boss” Francesco che portò una carica nuova, assistito da moglie e parenti.
Oggi questo gioiellino della gastronomia ligure è guidato dal figlio di Francesco (mancato lo scorso anno), Nicolò, quarantenne che non ha esitato a mettere nel cassetto una laurea per dedicarsi al locale.
“In effetti da giovane (come se oggi avere appena superato gli “anta” fosse indizio di età avanzata N.d.r.) pensavo di dedicarmi all’insegnamento sfruttando la laurea in lettere, poi, nel 2014 la passione per la cucina mi travolse ed entrai qui. Ed oggi penso che sia molto meglio così. Sono veramente orgoglioso di quanto realizzato”.
L’Osteria è stata portata in via Aurelia 28, ad un centinaio di metri dal casello dell’autostrada. Non sotto i riflettori insomma, sulla passeggiata a mare o sulla penisola. Appartata sulla grande strada romana che spacca in due la città ma conosciutissima da tutti coloro che amano la cucina ligure, particolarmente quella con base marinara. Dentro una quarantina di posti, ma altri ottanta sono disponibili nel dehors che occupa il giardino dalla parte opposta alla strada, tranquillo e comodo.
“Quando siamo venuti qui, vicino all’autostrada ed a quello che allora era un grosso park per i tir venimmo “provati” ed approvati dai camionisti. Presto si formò un giro di fedelissimi”. E si sa che gli autisti dei “bisonti della strada” sono i critici più severi. Non si sbaglia mai se si va a mangiare dove vanno loro a rifocillarsi. Nicolò non smentisce. “Debbo dire che ci hanno fatto una grande pubblicità a gratis. E che tante persone di fuori vengono ancora oggi, che il parking non c’è più, su segnalazione dei nostri amici camionisti. In generale clientela di questi anni è molto cambiata. Noi ci sforziamo di tenere alto il livello, di accogliere ogni richiesta. Oltre ai nostri menu, sempre apprezzati, raccogliamo molte lodi per l’atmosfera, per il servizio”.
Da Sergio si possono gustare i sapori originali della cucina tradizionale ligure, accompagnati dal pescato del giorno. Spaghetti allo scoglio, gnocchetti al pesto, e non solo, sono i piatti “simbolo” di un ristorante accompagnati da una selezione di vini liguri (in primis) e piemontesi. “Ci sono alcune ricette che ci distinguono, tipo le bughe in carpione ma ce la caviamo anche con gli intramontabili, tipo il fritto misto di pesce e non, le acciughe, i ravioli, gli gnocchi, i funghi fritti”.
E poi ci sono i plus. Per esempio le serate a tema Jazz con musica raffinata abbinata a piatti saporiti. Insomma se la cucina ligure semplice e genuina è la base, Nicolò ci ha costruito sopra un edificio per niente semplice. “Io credo che la nostra offerta basata su piatti abbondanti e di buona qualità, con un prezzo medio ragionevole, un servizio cordiale e rapido, possa ancora oggi essere vincente. C’è la grande cucina dei cuochi ultra famosi e ci siamo noi che puntiamo sulla solidità dell’offerta. Infatti ci scelgono anche per anniversari di matrimonio, comunioni, compleanni, celebrazioni varie dove si guarda più alla sostanza, leggi il cibo servito, che alla forma, leggi le location prestigiose”.
L’Osteria non ha mai vacillato, neppure nell’epoca non facile della pandemia. “Abbiamo fatto fronte alla tempesta rimboccandoci ancor più le maniche. Lo Stato ci ha dato qualcosa, qualcosa altro l’ho messo di mio, ma siamo ripartiti ed eccoci qua. Direi che il locale va bene e speriamo che continui così”. Dobbiamo sperarlo tutti.
Le osterie e i ristoranti a cucina casalinga sono ben più che semplici luoghi dove mangiare: sono custodi della tradizione, veri e propri centri di aggregazione che raccontano la storia e l’identità di un territorio. “Da Sergio” con le ricette tramandate di generazione in generazione, incarna la ricchezza culturale italiana, offrendo piatti preparati con ingredienti genuini e spesso locali. La cucina di Nicolò si distingue per l’autenticità e la passione che si percepiscono in ogni portata, permettendo a chi li visita di vivere un’esperienza che va ben oltre il semplice gusto.
Diciamolo una buona volta. Niente da dire sulle food experience, sulle modalità tra l’astruso e l’esoterico con il quale vengono ammanniti piatti che appagano sicuramente la vista, spiazzano l’olfatto e magari sconvolgono il gusto – e per buon peso viene pure aggredito l’udito dato che nei posti à la mode spesso ci sono impianti stereo che ti avvolgono quando non ti intontiscono – perché incontrano il favore di tanti e fanno sognare moltissimi. C’è invece tanto da obiettare dal come esce lo stomaco da questi templi della haute cuisine. Pochi hanno il coraggio di confessare che si sono sentiti come i clienti dello chef vegano, inventato da Maurizio Crozza, Germi di Soia che spadroneggia nel ristorante “Sa tut de carton”. Per niente satolli tanto che c’è il sospetto che uscite da cene stellari dove si pagano conti non a caso astronomici si fiondino presso il più vicino Fast Food per abbuffarsi di paninazzi e salse pesanti come grasso di motore.
Non siamo nemmeno nei pressi della Hostaria!, immaginario (neppure troppo) locale romano del film cult “I Nuovi Mostri” dove i ricconi vanno in solluchero per i piatti popolareschi non sapendo che in cucina le pietanze vengono preparate con zero rispetto delle elementari regole sanitarie. Semplice non significa rozzo, semplice è il seguire la via più breve tra le conoscenze dello chef e il gusto del cliente. Altri prendono cerebrali circonvallazioni per ammaliare il degustatore, Nicolò Bergamino dell’Osteria da Sergio segue quello che è ancora oggi il più logico modo per unire i punti: la linea retta.