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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Lo schema-Lanzalone va in Tribunale, ma a Chiavari nessuno risponde

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di ALBERTO BRUZZONE

Tra le decine e decine di domande poste da ‘Piazza Levante’ e alle quali la maggioranza che guida Palazzo Bianco non ha mai risposto (sempre alla faccia della tanto decantata trasparenza, di cui si pretende di dare lezioni quotidiane), ve ne sono almeno cinque che sono tornate di strettissima attualità nei giorni scorsi.

Cinque interrogativi, cinque punti sui quali l’amministrazione Di Capua mai ha voluto fare chiarezza, sgombrando il campo da dubbi e sospetti. Cinque quesiti che scorrono sull’asse ChiavariRoma. Il perché? È presto spiegato.

Sono le domande che riguardano l’avvocato genovese Luca Lanzalone. Le riproponiamo in serie, per poi raccontare, per chi se lo fosse perso, che cosa è accaduto nel frattempo al professionista genovese tanto caro al Movimento 5 Stelle e a buona parte della giunta chiavarese.

Per cento giorni, attraverso un web pop-up e una serie di articoli dedicati, questo giornale ha chiesto al sindaco Di Capua: 1) Con quali criteri è stato scelto l’avvocato Lanzalone come consulente di Palazzo Bianco? 2) Quali e a quanto ammontano gli incarichi che gli sono stati conferiti? 3) La maggioranza ha condiviso questa scelta? 4) Perché il sindaco ha dichiarato alla stampa, dopo l’arresto di Lanzalone, “nessun contraccolpo”? 5) Perché avvalersi di uno che è stato definito ‘facilitatore’?

Da Palazzo Bianco, silenzio completo. Nel frattempo, chi non è rimasta ferma è stata la Procura di Roma. Nei giorni scorsi, l’avvocato Luca Lanzalone è stato rinviato a giudizio (nel suo caso con il rito immediato), insieme al costruttore romano Luca Parnasi e ad altri dieci indagati (tra politici e funzionari pubblici) con la pesantissima accusa di associazione a delinquere, a proposito del progetto che prevedeva la costruzione del nuovo stadio di calcio della Roma.

Insieme a Parnasi e a Lanzalone finiranno a processo anche l’ex vicepresidente del Consiglio della Regione Lazio Adriano Palozzi (Forza Italia), il consigliere regionale Michele Civita (Pd), il consigliere comunale Davide Bordoni (Forza Italia), l’assessore allo Sport del X Municipio Giampaolo Gola (M5S), il funzionario del dipartimento Urbanistica Daniele Leoni, l’ex capo di Gabinetto al Mibact Claudio Santini e il soprintendente ai Beni culturali di Roma Francesco Prosperetti. La prima udienza del processo si terrà il 5 novembre prossimo davanti all’ottava sezione penale del Tribunale di Roma.

Dei cinque collaboratori di Parnasi che lavoravano per la società EurnovaLuca Caporilli, Simone Contasta e Giulio Mangosi hanno patteggiato la pena a due anni di reclusione ciascuno. Mentre Gianluca Talone e Nabor Zaffiri sono finiti a giudizio insieme agli altri.

Sono accusati – come riporta con precisione il quotidiano romano ‘Il Tempo’ – di far parte di un’associazione a delinquere di cui Parmasi era il dominus, che, per ottenere ‘provvedimenti amministrativi favorevoli alla realizzazione del Nuovo Stadio della Roma e di altri progetti imprenditoriali’‘avvicinava’ pubblici ufficiali dando o promettendo denaro e ‘altre svariate utilità’.

In particolare, secondo la ricostruzione dei pm Barbara Zuin e Luigia Spinelli, Parnasi avrebbe corrotto l’avvocato genovese Luca Lanzalone, inviato a Roma dai vertici del Movimento 5 Stelle, per sbloccare la ‘querelle’ sullo stadio. Prima nella veste di ‘amministratore di fatto’ del Comune di Roma e poi in quella di presidente di Acea, Lanzalone avrebbe fornito a Parnasi ‘informazioni sullo stato delle pratiche amministrative in corso, partecipando in prima persona alla delibera di conferma della dichiarazione di pubblico interesse e all’intero iter procedurale’ relativo all’impianto sportivo giallorosso, ‘interessandosi dell’acquisizione di un immobile presso il Business Park dello stadio dove trasferire la sede di Acea’. In cambio Parnasi avrebbe affidato o promesso di affidare ‘lucrosi incarichi in favore dello studio legale Lanzalone & Partners e dei suoi soci’.

Luca Lanzalone, come direbbero gli americani, è il classico ‘Jack of all trades’: un uomo tuttofare. Ma nelle parole del pubblico ministero il disegno criminoso messo in atto (pur rimanendo ‘Piazza Levante’ in una doverosa posizione garantista, sino all’ultimo grado di giudizio) pare piuttosto inquietante. In cambio dei suoi servigi, Lanzalone otteneva incarichi presso il suo studio professionale (che ha sede a Genova a Palazzo dei Giustiniani), molto spesso pagati con soldi pubblici.

Qualcosa di strano? Come mai è successo anche a Chiavari, dove prima dell’amministrazione Di Capua l’avvocato Lanzalone era un illustre sconosciuto? È questo che il sindaco, o chi per lui, non ha mai saputo (o voluto?) spiegare: come mai, mesi prima del caso ‘stadio della Roma’, lo schema-Lanzalone va in scena a Chiavari? Perché proprio il suo studio professionale ottiene l’incarico per il collaudo del porto di Chiavari, con una consulenza da quasi venticinquemila euro?

A quei tempi – la determinazione della Giunta del Comune di Chiavari è la numero 41 del 18 aprile 2018 (‘Piazza Levante’ ne parla in questo articolo) – Lanzalone è ancora sulla cresta dell’onda. Non solo a Roma, ma anche a Genova, dove il sindaco Marco Doria gli ha affidato un importantissimo ruolo: quello di avvocato superconsulente di Iren.

Ora, facendo il gioco delle tre carte, come si collegano Iren e Chiavari? Ad aprile del 2018 c’è ancora in piedi la partita del depuratore di vallata alla Colmata: a costruirlo sarà proprio Iren, attraverso la sua società Ireti.

Allora, per la proprietà transitiva, la domanda a Palazzo Bianco si può anche porre così: esiste un collegamento tra l’avvocato Luca Lanzalone, il suo ruolo in Iren e la prospettiva di costruire (o scongiurare) un mega depuratore a Chiavari? Sarebbe molto interessante conoscere la risposta, soprattutto ora che lo schema-Lanzalone è venuto fuori nei suoi aspetti più inquietanti.

Oltre al collaudo del porto, erano pronti a Chiavari per l’avvocato genovese altri incarichi? E chi ha completato il lavoro a lui affidato, nel momento in cui è finito agli arresti domiciliari? Rispondere a queste domande non è un fatto di trasparenza?

Ci si potrà obiettare: certo, ma l’importo dell’incarico è relativamente ridotto. Ma quando un presidente del Consiglio Comunale, evidentemente messo all’angolo, tenta d’inserire una mozione appena protocollata al mattino (quella su via Trieste) all’interno di un dibattito in aula, per evitare di “spendere risorse pubbliche” in un nuovo consiglio autoconvocato dalle minoranze, allora noi cominciamo a guardare anche gli spiccioli. Non sarà mica che il presidente deve andare in vacanza?

Noi continueremo a ribadire che un consiglio su un tema delicato e nodale come la riqualificazione dell’area ex Italgas di via Trieste è un’importante occasione di democrazia. Altro che soldi sprecati. Si può dire lo stesso delle parcelle di Lanzalone?

Così, sempre per un fatto di trasparenza.

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