di STEFANO PRIVITERA *
Due motivi mi hanno dato lo spunto per scrivere questo articolo: il Vangelo di Giovanni e la splendida ricrescita e conseguente fioritura di una pianta di timo che sul finire dell’autunno avevo letteralmente massacrato potandola. Sia il Vangelo di Giovanni quanto la ricrescita del timo sono infatti due spunti che ben si adattano al racconto che riguarda l’itinerario che sto per descrivere: il primo coglie il suo significato più alto nell’incredulità di Tommaso, il secondo nella forza ineguagliabile della natura.
Bene… ormai molti sono a conoscenza della riapertura di questo antico percorso, che taluni definiscono ‘Via del Sale’ in quanto, fin dal lontano Medioevo, partendo da Recco arrivava a Torriglia, importante crocevia di mulattiere su cui viaggiavano svariate tipologie di merci.
Riaperto, da Gattorna al Monte Lavagnola, e attrezzato fino a Torriglia con segnavia e segnaletica verticale nei primi anni ’90 dall’associazione Colombo Fontanabuona 2000 con il sostegno della Comunità Montana, era stato del tutto abbandonato dopo che la Comunità stessa, pur essendo un ente rappresentativo di tutta la vallata, era stata, nel 2006, improvvidamente abolita.
Comunque la sua traccia, molto ben evidente, esisteva ancora e il sottoscritto, con molta caparbietà e umiltà si è riproposto, alcuni anni fa, di riportare in vita il tratto da Gattorna al Passo del Portello, dove il sentiero si innesta all’Alta Via.
Ciò è stato possibile dopo che, con l’amico sempre disponibile Renato Lagomarsino, iniziale ideatore del percorso, da lui denominato ‘Itinerario dei Feudi Fliscani’ in omaggio ai possedimenti che i Fieschi avevano a Roccatagliata e a Torriglia, nel tardo autunno del 2015 mi accompagnò a monitorare la situazione mettendomi anche a disposizione le carte catastali che gli erano servite per riconoscere l’esatto andamento della mulattiera. Ne ebbi un’impressione di desolazione perché dopo tanti anni la natura aveva ovunque presso il sopravvento e gli eventi alluvionali avevano cancellato o reso impercorribili alcuni tratti della strada.
Tutto quanto è stato fatto ha una data di inizio: sabato 26 settembre 2015, Sala Presidenziale della Società Economica di Chiavari. Nella ricorrenza dei 750 anni dalla nascita di Dante Alighieri ci fu una conferenza su un tema da troppo tempo dibattuto: ‘Sestri Levante o Siestri di Neirone?’. In tale occasione la professoressa Paola Manni (vice presidente dell’Accademia della Crusca di Firenze) dimostrò che questo capitolo di storia si può finalmente considerare chiuso: è Siestri di Neirone quello che Dante cita nel XIX canto del Purgatorio (vv. 100.101) con la famosa terzina Intra Siestri e Chiaveri s’adima una fiumana bella, e del suo nome lo titol del mio sangue fa sua cima”.
A questa data risale l’inizio di un’avventura che oltre a essere stata condivisa con Renato Lagomarsino ha incontrato un altro ‘attore’ non meno importante e desideroso che tutto ciò avesse un seguito: il sindaco di Neirone, Stefano Sudermania.
L’impegno vero e proprio, che volontariamente mi ero assunto, inizia invece il 25 aprile 2016 con un lavoro che più di una volta mi ha portato a pensare di abbandonare l’impresa per la disastrosa situazione del percorso… frane, rovi, piante abbattute, pietrame portato dai corsi d’acqua, senza contare che la mia presenza poteva essere al massimo di due-tre giorni la settimana e che occorreva fare i conti oltre che con il tempo meteorologico anche con gli animali… i benedetti cinghiali, che con il loro frugare in cerca di cibo mi obbligavano a risistemare tratti di percorso già finiti.
Comunque, giorno dopo giorno, mese dopo mese, avendo incominciato nei pressi del cimitero di Gattorna, sono riuscito ad avanzare sino ad arrivare, l’anno successivo, al bivio che scende verso la Centrale Elettrica di Neirone.
Da questo punto ho avuto un aiuto insperato da due persone (Paola T. e Martino B.) conosciute durante un’escursione in Alta Val d’Aveto dove ero l’accompagnatore su di un antico percorso tracciato dai monaci e da me recuperato e su cui avevo anche accompagnato, nel 2015, per un corso di aggiornamento, gli Operatori Regionali per la Tutela dell’Ambiente Montano del CAI.
La presenza di queste due persone e successivamente di un altro amico (Giorgio A.), hanno avuto l’effetto non soltanto di ridurre le mie fatiche ma anche i tempi del recupero del percorso.
Nel 2019 Neirone è in vista. In prossimità di un vecchio mulino al di sotto del paese c’è un antico ponte (uno dei 15 ponti medievali di Neirone) che scavalca un rio tanto turbolento quanto bello, un ponte del quale si è riusciti a riportare in vista l’acciottolato originale, intervento ripetuto sul ponte delle Ferriere.
Successivamente, nei primi mesi del 2019, il lavoro è iniziato partendo dall’alto, cioè scendendo dalla Costa di Monte Carmo alla Costa di Sciarè. In quell’occasione fu possibile recuperare un tratto del percorso originale di cui si era persa traccia, dopo aver prima iniziato a ripulire il vecchio borgo per renderlo visitabile. Il lavoro sul tratto che da Siestri sale a Costa di Sciarè, precedentemente è stato ‘sgrossato’ da Simone di Bugne aprendo un vero e proprio varco fra piante di rovo decennali, facendo risparmiare non poca fatica.
Fortuna vuole che nel mese di settembre 2019, nell’ufficio del sindaco Sudermania… mi ritrovo a partecipare ad un’iniziativa che ha contribuito a dare valore al mio iniziale intento. Infatti, con due giovani agronomi vengono definite le modalità di partecipazione a un bando regionale per accedere a fondi destinati al recupero di percorsi antichi, comprese le mulattiere.
Nel frattempo, in attesa dell’approvazione del progetto ho continuato a lavorare sul percorso. Fintanto che, dopo varie vicissitudini in parte causate dall’attuale pandemia, all’inizio di quest’anno i lavori hanno potuto prendere il via con la ditta assegnataria. Andrea Biscara, il titolare, ha lavorato lui stesso coadiuvato da Gino Papaleo e con la presenza del sottoscritto.
I lavori, terminati il 30 marzo scorso, perfettamente in linea con i tempi previsti dal progetto nonostante i capricci del tempo, sono serviti a riattivare parti del tracciato che non sarebbe stato possibile con il mio solo intervento: la messa in sicurezza del ponte delle Ferriere, la ricostruzione di alcuni tratti di muretti a secco, un piccolo ponte con travi di legno per superare il primo rivo scendendo da Isola. Ma anche il taglio di numerose piante che ostruivano il tracciato, una scalinata per superare un punto di crollo e la messa in sicurezza di un rio che era ‘esploso’ a causa di forti precipitazioni, in prossimità di Neirone.
Ora tutto è a disposizione degli escursionisti e di chi vorrà fare una sosta nel piccolo borgo di Siestri, immaginando con un po’ di fantasia di vedere Dante intento a scrivere la famosa terzina. La speranza da parte mia, è che dopo tanta fatica chi ne vorrà usufruire abbia rispetto del percorso e, rispettandolo, contribuisca a mantenerlo in vita.
Però, per concludere dobbiamo tornare all’inizio… e spiegare cosa c’entrano con tutto ciò il Vangelo di Giovanni e la pianta di timo: ma è tutto molto semplice. Giovanni racconta che Tommaso non credette che gli altri Apostoli avevano avuto modo di vedere Gesù… lui avrebbe creduto solo dopo aver visto.
Ebbene, ci sono state diverse persone che pur non avendo espresso apertamente il loro punto di vista su quello che stavo facendo, non hanno creduto che l’impresa sarebbe arrivata a conclusione, ma ora il percorso è lì, sotto i loro occhi e speriamo anche sotto i loro piedi.
E la pianta di timo? Anche in questo caso l’analogia è molto semplice. Noi, con il nostro delirio di onnipotenza, non ci rendiamo conto di essere ‘esseri imperfetti’ e che basta poco per annullarci; la natura, invece, per quanto la pianta sia stata mutilata, ma per necessità, ha saputo rispondere con tanto amore ripagandoci con i suoi colori e i suoi profumi, che continueranno ad esserci anche quando noi non ci saremo più.
(* operatore sentieristica, accompagnatore CAI e membro del Consorzio ‘Una montagna di accoglienza nel Parco’)