di ALBERTO BRUZZONE
Il sistema scolastico chiavarese sale ancora una volta alla ribalta nazionale. E questo succede perché è un sistema eccellente, con degli istituti storici ma allo stesso tempo all’avanguardia e con un ottimo livello della didattica.
L’ultima bella notizia arriva da Roma e riguarda l’Istituto d’Istruzione Superiore Giovanni Caboto: i ragazzi della quinta classe dell’indirizzo Grafica & Comunicazione hanno vinto il concorso nazionale per la creazione del nuovo logo del Museo della Shoah della capitale. È un riconoscimento molto importante, perché le candidature erano centoquaranta e perché, oltre al primo posto con la quinta, il Caboto si è classificato anche con altri due progetti, uno sempre realizzato da studenti di quinta, e un altro realizzato da ragazzi di quarta.
Sono segnali importanti, e che lasciano parecchia soddisfazione sia tra gli alunni che all’interno del corpo docenti: perché l’ultimo anno e mezzo per l’istruzione è stato difficilissimo ma, nonostante tutto, i risultati stanno arrivando alla stessa maniera, anche in quelle attività laboratoriali che, come facile intendere, sono state le più penalizzate dalla didattica a distanza.
Sabrina D’Isanto, docente di Grafica al Caboto e tra le insegnanti che più investe sul binomio fra la teoria e la pratica, racconta: “Abbiamo partecipato lo scorso anno al concorso indetto dal Museo della Shoah, che s’intitolava ‘Segni di memoria’. È stato un lavoro abbastanza impegnativo, anche perché lo abbiamo portato avanti nel periodo di aprile 2020, ovvero durante il lockdown generale. Nonostante questo, però, i ragazzi hanno saputo rispondere positivamente, facendo del loro meglio”.
Lo studente vincitore si chiama Adrian Ungurianu, “ma alla finale nei primi dieci classificati, tra centoquaranta elaborati concorrenti, sono arrivati ben altri tre studenti delle mie classi: Nicla Chiarini, Carlotta Picco ed Eric Landi. Sentirsi dire dalla segreteria della giuria del concorso ‘La vostra scuola è un’eccellenza’, mi rende ancora più orgogliosa”.
Il logo disegnato rende protagonista la relazione tra passato e presente: tutto ciò è comunicato attraverso uno spazio diviso in due parti, per entrare e per uscire rinnovati, pieni del desiderio di testimoniare nella vita quello che si conosce e che non dovrà più accadere. Alla scuola di appartenenza del vincitore è stato assegnato inoltre un premio di mille euro destinato all’acquisto di hardware e software per la grafica.
“Siamo molto soddisfatti” sottolinea Mario Venezia, presidente del Museo della Shoah. “Da sempre il nostro obiettivo è quello di coinvolgere i giovani in modo concreto. Un’operazione culturale di ampio respiro che passa attraverso vari progetti e impegni. L’idea è che le iniziative che proponiamo debbano portare a risultati tangibili. Che a parlare siano i fatti”.
Tra le più riuscite, c’è l’alternanza scuola/lavoro, fiore all’occhiello del Museo della Shoah e precisa filosofia anche dell’Istituto Caboto, dove teoria e pratica vanno tradizionalmente a braccetto. “Per noi – osserva Sabrina D’Isanto – è fondamentale preparare i ragazzi al mondo del lavoro, ed è proprio questo il nostro orientamento didattico da sempre. Collaboriamo attivamente con l’Ufficio Scolastico Regionale e con i vari enti sul territorio, comprese parecchie amministrazioni comunali. Sempre a firma Caboto, ad esempio, è anche il logo per il Coordinamento Regionale dei Presidenti del Consiglio d’istituto, realizzato dagli studenti della classe quinta del Corso Grafica & Comunicazione, in particolare Nicola Fele, con la supervisione dei docenti Sabrina D’Isanto, Alessandra Iudica, Monica Uboldi e Alessandro Zunino.
“Il logo – spiegano – rappresenta quattro figure umane stilizzate, collocate in modo che formino un quadrato, condividendo la testa al centro a significare la condivisione dei valori, delle idee e dello scopo: unità tra le province, scuola come bene comune, partecipazione e operatività delle scuole. I colori sono quelli prevalenti nel nostro territorio: il verde delle colline e il blu del mare”.
Da quando è venuto a mancare lo storico dirigente scolastico Glauco Berrettoni, il Caboto ha dovuto attraversare un periodo non semplice. Paola Salmoiraghi, già preside del liceo Marconi Delpino, è stata un’ottima supplenza, quindi dallo scorso settembre è arrivata la nuova dirigente in carica, la professoressa Paola Ardau. Il Caboto, come tutte le scuole superiori, si è trovato a dover fare i conti con l’attuale emergenza sanitaria, ma non per questo si è rivelato meno attrattivo: “I quattro indirizzi continuano a suscitare interesse – conferma Sabrina D’Isanto – Mi riferisco, oltre a Grafica & Comunicazione, anche a Web Marketing, Servizi Socio-sanitari e Aziendale. È importante riuscire a lavorare tutti insieme, in modo da poter garantire sempre una certa multidisciplinarietà”.
E se il Caboto risulta essere così eccellente da questi punti di vista, altrettanto non si può dire rispetto alle sedi. Ed è proprio questo il tallone d’Achille, il punto sul quale occorre lavorare: perché è un vero peccato che una scuola così attiva e altamente formativa non abbia delle aule adeguate. La pandemia ha accentuato problemi che erano già in essere: al Caboto ci sono altissime percentuali d’iscrizioni, ma poi si crea il caso di dove mettere i ragazzi.
“Noi auspichiamo che si possa fare di più per farci stare meglio”, commenta Sabrina D’Isanto, perché è tutta la scuola che lo merita. Attualmente, ci sono una sede in via Ghio, una succursale in corso Millo presso gli Artigianelli, una succursale a Santa Margherita e gli spazi per l’insegnamento all’interno della Casa Circondariale.
“Ma sicuramente a settembre, siccome i problemi legati alla pandemia non saranno ancora finiti, avremo delle difficoltà, se torneremo tutti quanti a fare didattica in presenza. Ci sta venendo incontro l’oratorio di San Giovanni, ma occorrono soluzioni strutturali e confidiamo nel lavoro in questo senso da parte della Città Metropolitana”.
L’amministrazione comunale continua a parlare, senza averne alcuna certezza, di polo scolastico alla Colmata. Eppure, al posto di una visione troppo avveniristica, per non dire utopica, servirebbe capire che cosa succederà di qui a pochi mesi. Una scuola come il Caboto, ad esempio, oltre alle aule, ha necessità di laboratori. Per rimanere un’eccellenza, non bastano gli aspetti umani e professionali. Anche dove avviene la didattica, serve a garantire che il livello resti eccellente. Non si sciupi questo patrimonio per insipienza. Perché sarebbe un gravissimo errore.