di ENRICO LASTRICO*
“Voglio dirti solo una parola, ragazzo. Solo una parola”. “Sì, signore”. “Mi ascolti?”. “Sì, signore”. “Plastica”.
Pausa. “Credo di non avere capito, signore”. “Plastica, Ben. Il futuro è nella plastica”.
Il ragazzo in questione è Dustin Hoffman e il dialogo viene dal famoso film ‘Il laureato’, di Mike Nichols del 1967. Quattro anni prima, il 12 dicembre del 1963, Giulio Natta, ingegnere chimico e accademico italiano, aveva ricevuto dalle mani del re di Svezia il Premio Nobel per la chimica, insieme con Ziegler, per “le loro scoperte nel campo della chimica e della tecnologia dei polimeri”, cioè l’invenzione del polipropilene, un materiale plastico dalle proprietà formidabili.
In realtà le origini della plastica risalgono alla seconda metà del XIX secolo con la scoperta del nylon nel 1935: da quel momento in poi l’utilizzo di fibre sintetiche esplode e si diffonde in tutti i settori industriali, soprattutto per la produzione di beni di largo consumo. Una crescita costante favorita dall’aumento esponenziale dell’estrazione di idrocarburi, dallo sviluppo tecnologico e dalla conseguente riduzione dei costi di trasformazione, perché plastica, petrolio e metano sono intimamente legati.
Queste scoperte, e la raffica di brevetti che ne è conseguita, autorizzava chiunque a dichiarare che il futuro era nella plastica. Di sicuro lo potevano dire alla Montecatini, la società che ha commercializzato i brevetti di Natta, producendo materiali “intelligenti” come il Moplen, pubblicizzato per anni anche a Carosello dal comico Gino Bramieri con i tormentoni “E mò, e mò,…Moplen!” e “La signora guardi ben che sia fatto di Moplen!”, che rivoluzionavano il rapporto costo/tempo di sfruttamento per una infinità di oggetti di uso domestico… Echi di un’Italia in pieno boom economico e ormai molto lontana.
Tuttavia, nonostante questi nobili auspici, abbiamo considerato la plastica quasi un materiale vile, a bassissimo costo e destinato a usi effimeri; ecco dunque che una delle più importanti scoperte del XX secolo viene immediatamente degradata dall’industria alle funzioni più ignobili per via di una sola delle sue molte proprietà: la plastica costa poco e meno nobile è, meno costa. Ma è anche vero che la plastica, qualsiasi plastica, ha la capacità di mantenere intatte le proprie caratteristiche per anni, è impermeabile e resistente agli acidi, può essere stampata in qualsiasi forma, è leggera, infrangibile, elastica, eccetera eccetera. Tutte insieme queste proprietà fanno della plastica un supermateriale e noi, a cinquantacinque anni dal Nobel di Natta, come ce ne serviamo?
Per farci miliardi di bottiglie di acqua minerale, di sacchetti del supermercato e dell’immondizia, di tappi, di bicchieri monouso e per contenere i cibi preconfezionati e imballare merci per il trasporto; plastica, in altre parole, prodotta per essere usata una sola volta e poi gettata via, col risultato che oggi stiamo letteralmente affogando nei rifiuti plastici perchè queste quantità in peso corrispondono a un volume colossale: ce ne vogliono parecchi, di sacchetti del supermercato, per fare un chilo!
La plastica è ormai parte della nostra quotidianità, l’abbiamo mandata anche nello spazio sotto forma di componenti delle sonde spaziali, alcune delle quali si stanno allontanando dal sistema solare; è così diffusa che risulta difficile pensare a un oggetto che non contenga polimeri, anche in minima parte, con i problemi che ormai conosciamo bene: non è un materiale biodegradabile ed è fonte di inquinamento se smaltita malamente.
Le plastiche sono in realtà una grande famiglia di tanti prodotti diversi:
- HDPE (polietilene ad alta densità): flaconi, shoppers, tubi per l’acqua e tubi per gas;
- LDPE (polietilene a bassa densità): sacchetti, imballaggi, pellicole per alimenti;
- UHMWPE (polietilene ad ultra-alto peso molecolare): solette per sci, snowboard;
- PET (polietilene tereftalato): contenitori per liquidi, vaschette per frigo e forno;
- PS (polistirene o, più comunemente, polistirolo): scotch per le auto, giocattoli, oggetti d’arredamento, stoviglie in plastica, gusci di elettrodomestici;
- Polistirene espanso: imballaggi, isolamento termico ed elettrico dei muri;
- PVC (polivinilcloruro o cloruro di polivinile): finestre, serramenti esterni, giocattoli, bottiglie, contenitori, grondaie, calzature, rivestimenti di fili elettrici, tappezzerie, finta pelle;
- PP (polipropilene): nel settore casalingo, parti di elettrodomestici, valigeria, imballaggi, lastre e tubazioni per l’edilizia;
- PA – poliammide (nylon): ingranaggi, apparecchi radiotelevisivi, abbigliamento;
- Resine acriliche: diffusori delle lampade, coperture trasparenti, oggetti d’arredamento;
- Nitrato di cellulosa e/o celluloide: pettini, tasti, oggetti che imitano l’avorio;
- ABS (Acrilonitrile butadiene stirene): giocattoli, modellismo, stampa 3D;
- PTFE: Politetrafluoroetilene comunemente noto come Teflon: ruote industriali, guarnizioni, parti scorrevoli;
- PLA (acido polilattico): prodotta utilizzando come materia prima il mais, tramite un processo biotecnologico che permette di ottenere capacità produttiva elevata e una gamma di prodotti diversificati come contenitori compostabili, stampa 3D.
Oltre a numerose resine:
- fenoliche: settore casalingo, mobili per televisori;
- poliuretaniche: spine, prese, elettrodomestici, interruttori;
- melamminiche: laminati, settore casalingo, arredamenti, vernici;
- epossidiche: vernici, rivestimenti, adesivi e materiali compositi;
- poliesteri insature: piscine, coperture per tetti;
- vinilestere: manufatti sportivi (canoe, piccole imbarcazioni), serbatoi per uso alimentare.
La plastica più diffusa e prodotta al mondo è il polietilene (PE), quello dei sacchetti della spesa oggi fuorilegge in Europa e dei sacchi per la raccolta indifferenziata dei rifiuti, che da solo vale un terzo del totale. Il polietilene tereftalato (PET), cioè quello delle bottiglie dell’acqua, quello che il batterio appena scoperto sarebbe in grado di degradare in poco tempo, rappresenta invece solo il 7,7% della produzione.
Ma quanta plastica stiamo producendo?
I numeri della plastica nel mondo
La produzione mondiale di plastica è in continua crescita ed è arrivata nel 2016 a 335 milioni di tonnellate contro le 322 dell’anno precedente, con un aumento del 4%. Undici anni fa, nel 2009, i milioni di tonnellate erano 250, all’inizio del nuovo millennio circa 200, nel 1989 erano ancora 100 e nel 1964 erano 15. Il 1990 è stato l’anno in cui la produzione di plastica ha superato quella dell’acciaio, che pure ha continuato e continua a crescere.
Il Paese del mondo che produce la maggiore quantità di questo materiale è oggi la Cina. Alla Cina, secondo i dati dell’Associazione europea dei produttori di plastica, fa capo la produzione del 29% del totale delle materie plastiche nel 2016. Al secondo posto c’è l’industria europea, con il 19%, seguita dai Paesi del Nord America, con il 18%. L’Asia nel complesso produce addirittura la metà di tutta la plastica del mondo, mentre l’Africa e il Medio Oriente insieme arrivano solo al 7% e l’America Latina al 4%. Anche in questo campo la Cina ha conquistato il primato recentemente, mentre dieci anni fa era il terzo produttore, dietro America del Nord ed Europa. L’Europa, invece, produce più di quanto consuma e ha un saldo positivo tra esportazioni e importazioni di plastica.
In Italia si producono quattro milioni di tonnellate all’anno di cui la metà sono imballaggi.
Il settore della plastica in Europa e in Italia
Secondo Unionplast, l’associazione italiana dei trasformatori di materie plastiche, e EuPC – European Plastic Converters, l’associazione delle imprese europee, l’industria europea della trasformazione della plastica impiega, nelle fasi di prima trasformazione e di seconda lavorazione, più di 1.600.000 persone in 50.000 piccole e medie aziende. La produzione totale europea è pari a 60 milioni di tonnellate di manufatti in plastica e il fatturato globale europeo del comparto è di circa 350 miliardi di euro/anno.
In Italia il comparto della trasformazione della plastica è composto da circa 11.000 imprese (pari al 22% delle imprese europee del settore) che hanno fatturato nel 2016 circa 30 miliardi di euro. Di queste, 5.000 sono attive nella prima trasformazione e impiegano poco meno di 110.000 addetti (il 6,8% del totale degli addetti europei). La produzione dell’industria di trasformazione delle materie plastiche italiana ha registrato nel 2017 un incremento del +2,3% dei volumi rispetto al 2016 e le esportazioni di articoli in materie plastiche hanno raggiunto complessivamente nel 2017 un valore di 11,7 miliardi di euro (dato a preconsuntivo), con un incremento prossimo al +7% rispetto al 2016 (fonte Plastic Consult, società privata e indipendente che dal 1979 offre consulenza e svolge ricerche di mercato nel settore delle materie plastiche e, più in generale, sull’industria manifatturiera.).
(1/segue)
Fonti:
CNR-ISMAR (Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Scienze Marine) su Nature Scientific Reports
The Mediterranean Plastic Soup: synthetic polymers in Mediterranean surface waters – 23 November 2016
American Association for the Advancement of Science
SCIENCE ADVANCES – RESEARCH ARTICLE
PLASTICS – Production, use, and fate of all plastics ever made – 19 July 2017
OECD – Organisation for Economic Co-operation and Development
Improving Markets for Recycled Plastics – Trends, Prospects and Policy Responses (2018)
COREPLA – Consorzio Nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica
Rapporto di sostenibilità 2017
LEGAMBIENTE
Beach litter 2017 – indagine sui rifiuti nelle spiagge italiane
Maggio 2017
Ellen McArthur Foundation – https://www.ellenmacarthurfoundation.org
THE NEW PLASTICS ECONOMY – Rethinking the future of plastics – edizione 2016
EPRS – European Parliamentary Research Service
Single-use plastics and fishing gear – Reducing marine litter
28 November 2018 – Third edition
* (l’autore è un esperto di analisi, progettazione, gestione e commercializzazione di servizi ambientali e di igiene urbana)