di ALBERTO BRUZZONE
Ci sono ancora 55mila famiglie, ovvero il 4% della popolazione complessiva, che in Liguria percepiscono il reddito di cittadinanza. È il numero proveniente dai dati elaborati dall’Inps, in una delle ultime statistiche prima che la misura di sostegno al reddito venga eliminata, come previsto dal Governo, in funzione di altri provvedimenti di presidio e contrasto alla povertà.
La cifra, relativa al 2022, è in calo rispetto alle 65mila famiglie dell’anno 2021, che risentiva pesantemente dell’effetto pandemia. Diecimila persone assistite in meno, un po’ perché hanno trovato un’occupazione e un po’ perché i controlli sui furbetti sono stati inaspriti e sono divenuti più efficaci (paradossalmente proprio quando il reddito di cittadinanza è ormai prossimo ad andare agli archivi…). È questo il punto di vista dei sindacati, confermato anche dai numeri: nel 2019, il numero dei nuclei revocati dal diritto era di 4 unità, salito a 490 nel 2020, a 3529 nel 2021 e a 1485 nel 2022. Nei primi due mesi del 2023, gennaio e febbraio, le revoche sono state già 646, mentre i decaduti dal diritto sono 1912: dati che, in proiezione, potrebbero superare qualsiasi primato, come evidenziato dai rilevatori.
Maurizio Calà, segretario generale della Cgil Liguria, a tutto questo scenario aggiunge anche un altro elemento: “Vanno bene i controlli, anche se sono sempre troppo pochi e questo è stato un limite del reddito di cittadinanza. L’aspetto che più mi preoccupa è che in Liguria le richieste di reddito di cittadinanza sono salite del 30%, rispetto a una regione a popolazione analoga come può essere quella delle Marche. Nonostante quello che si racconta in giro, la Liguria registra la performance peggiore del Nord Italia. Il problema della povertà è sempre più esteso, tocca sempre più fasce della popolazione e c’è ancora chi fa finta di non vederlo. In Liguria una persona su cinque è a rischio povertà e un minorenne su quattro vive al di sotto di una soglia dignitosa”.
Secondo Calà, “i percettori di reddito di cittadinanza rimangono moltissimi perché il lavoro è sempre più povero e non qualificato”. Anche Livio Falconi, presidente dei Caf della Cisl di tutta la Liguria, commenta l’ultima analisi elaborata dall’Inps: “Nei primi tre mesi e mezzo dell’anno, per quanto riguarda il nostro osservatorio, c’è stato un leggero calo delle pratiche relative al reddito di cittadinanza, parliamo di circa il 10%, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Sicuramente c’è ancora una richiesta forte e lo verifichiamo dal nostro osservatorio visto che abbiamo oltre cinquanta uffici del Caf operativi in tutta la regione. Quotidianamente verifichiamo la presenza anche di nuove famiglie che cercano un supporto grazie al reddito di cittadinanza. Ma senza dubbio è interessante il dato relativo a chi è decaduto non avendo più requisiti: si tratta soprattutto di persone che hanno trovato un’occupazione”.
Parla invece delle revoche Mario Ghini, segretario generale di Uil Liguria: “Il calo quasi vertiginoso dei nuclei richiedenti e percettori di reddito e pensione di cittadinanza è un dato legato alla poca chiarezza sulla scadenza della misura, probabilmente a maggiori controlli e anche a quel sentimento di sconforto legato alle nuove idee del Governo che hanno generato non pochi stereotipi sul caso. Noi non siamo affezionati all’immagine tratteggiata da alcuni esponenti del Governo Meloni in cui i ragazzi se la spassano sul divano, per noi occorre mantenere o pensare a politiche attive del lavoro”.
Secondo Ghini, “se non si chiamerà più reddito di cittadinanza né Mia, ce ne faremo una ragione, alla Uil importa che una misura sia efficace e che copra i bisogni delle persone più fragili, dei lavoratori incollocabili, delle persone troppo anziane per lavorare ma troppo giovani per prendere la pensione”.
E Stefano Gaggero di Genova che Osa, associazione no profit che realizza un dettagliato dossier sulla povertà a Genova, attraverso il suo centro studi, commenta: “Il 4% dei liguri percepisce il reddito di cittadinanza. Ma è il 10% dei liguri a essere sotto la soglia di povertà. Quindi il reddito copre meno della metà del fabbisogno. Come fanno tutti gli altri che non riescono ad avere accesso? Parlo ad esempio dei 60mila Neet under 35 (le persone che non studiano, non lavorano e non cercano un’occupazione). Il lavoro in Liguria è di scarsa qualità e pagato poco”.