di SABINA CROCE
Il quattro gennaio di un anno fa se ne andava, in maniera crudele e fulminea, Lella Bradascio.
Con Lella ci siamo conosciute da ragazze giovanissime. Siamo cresciute insieme in un clima culturale pieno di politica e di ideali, in un tempo in cui occuparsi della cosa pubblica era abituale ed indispensabile come respirare. Come è successo a molte generazioni prima di noi, eravamo convinti che avremmo cambiato il mondo, e passavamo moltissimo tempo a discutere del come e del quando, dei modi e dei tempi necessari per realizzare i nostri ideali.
Le discussioni erano aspre ed accese. Ci ritrovavamo appena possibile, il pomeriggio e poi anche la sera, in anguste stanze disadorne e sature di fumo dibattendo su ogni cosa fino allo stremo. Non c’erano altri divertimenti o svaghi che desiderassimo. Ogni argomento: arte, costume, stili di vita, tutto era passato al vaglio della politica e solo su quel metro giudicato.
I giudizi erano spesso taglienti e senza appello, le posizioni estreme godevano del favore dei più.
In questa atmosfera generale di grande tensione ideale, ma certamente anche aggressiva e un po’ ‘rabbiosa’, Lella era speciale. Educata in famiglia alla partecipazione democratica, sapeva prendere parte alle discussioni con assoluta fermezza ma con altrettanta disponibilità ad ascoltare fino in fondo le ragioni altrui. Filtravano da lei una serenità ed una benevolenza che mettevano in chiaro subito che per lei una cosa erano le opinioni e un’altra il rispetto per l’interlocutore, che non veniva mai meno e non era mai messo in discussione.
Non è scontato adesso, e non lo era neanche allora. È il principio della convivenza democratica, e lei lo praticava con una naturalezza che le ho sempre ammirato e dalla quale ho cercato di imparare.
Credo, a giudicare dalla folla impressionante di suoi studenti di ogni età che si sono raccolti a salutarla, che questo principio lei lo abbia attuato, insegnato e trasmesso nel suo lavoro, e non è un’eredità da poco.
Col tempo le nostre vite hanno preso ciascuna la sua strada, e ci siamo viste meno. Ma ogni volta che ci parlavamo, ritrovavamo la stessa passione, eravamo sempre le stesse ragazze convinte di poter dare ancora qualcosa per un mondo un po’ migliore. Parlavamo la stessa lingua, cosa che oggi, almeno per me, risulta sempre più rara.
Di tanto in tanto ci scambiavamo battute in chat, commenti su avvenimenti nazionali o locali. Parlando della scarsa sensibilità che si riscontra oggi nei confronti della legalità e del rispetto delle regole, mi scrisse: “Mi sembra che non si pensino più certe cose. È un mondo in cui faccio davvero fatica a riconoscermi”.
Questo senso di spaesamento oggi lo proviamo in molti, forse soprattutto quelli della mia generazione. E in questo senso avverto di aver perso una compagna di strada. La mancanza che provo si aggiunge a quella, acuta ed amara, di chi ha perso la mamma, la compagna, l’amica, l’insegnante.
È successo un anno fa, ma sembra ieri. E al tempo stesso sembra che sia passata una vita.
Lella, ci manchi.