di DANILO SANGUINETI
Minuscoli nel proporsi, leggeri, quasi impalpabili, nelle considerazioni. Oscar Wilde lo aveva capito in anticipo: “Posso rinunciare a tutto fuorché alle tentazioni”, piazzando nella categoria del superfluo ciò che viene giudicato futile dai poveri di spirito. L’utilità degli oggetti che abbelliscono i nostri ambienti e i nostri rapporti è incompresa da coloro che sono condizionati dal valore estrinseco di essi. Per chi invece sa che sono i dettagli a fare la differenza un negozio come quello che sorge in corso Millo 65 a Chiavari, aperto e gestito da Laura Piombo con la imprescindibile partecipazione della mamma Madi. Coppia affiatatissima, dotata di sensibilità artistica accoppiata a una gioia di vivere innaffiata da cordialità e vivificata da una ironia salvifica. Non è un caso che Laura usi come nom de plume “Amilcare la raschia vetro” con sottotitolo le “Creazioni di Ughetta” che è l’altro brand, curato dalla genitrice. Ed è altrettanto eloquente del come Laura si sia incamminata su una strada poco battuta in generale, deserta o quasi nella zona, delle incisioni a mano su vetro, delle creazioni in fommy, delle calamite, delle lampade e dei portachiavi personalizzati con foto e altre piccole meraviglie.
“Anni fa il mio ragazzo mi regalò il Dremel ed io che ero del tutto digiuna sul come si lavora il vetro e che non mi consideravo un asso nel disegno decisi, con un pizzico di incoscienza, di cimentarmi, di provare a realizzare delle incisioni su vetro”. Una doverosa spiegazione per noi profani: il Dremel è un marchio di utensili rotativi ad alta velocità, molto apprezzati per la loro versatilità e precisione. Sono strumenti utilizzati per una vasta gamma di applicazioni, tra cui taglio, levigatura, lucidatura, incisione e foratura. Grazie alla loro compattezza e alla varietà di accessori disponibili i Dremel sono ideali per lavori di precisione in ambito hobbistico, artigianale e professionale.
Dopo il momento “Reader’s Digest” si torna al racconto della Raschia-vetro. “Era il 2017, imparai tutto da solo. Lavoravo in casa, in cantina, e proponevo le mie “operine” nei vari mercatini. Ero però limitata dalle regole, stringenti, sul numero di presenze annuali su fiere e mercati. Per la precisione 24 al massimo. Oltre scatta l’obbligo di avere la partita Iva per artisti, il registratore di cassa, il registro di contabilità”.
In un paese dove, notoriamente, l’evasione fiscale non esiste…il problema sono le bancarelle degli artisti ed i guadagni da nababbi che realizzano in giro per eventi. Per fortuna che Laura e la mamma Madi sono talmente positive da non arrendersi a questo primo assalto della “borbonica” regolamentazione commerciale. “Aperta la partita Iva abbiamo iniziato a girare come trottole. Il successo crescente e, soprattutto, il fatto del perdere tanti appuntamenti vuoi per le incertezze legate al meteo, vuoi per le restrizioni dovute alla pandemia, ci hanno spinto a cercare un locale dove poter vendere per dodici mesi l’anno, da dove operare con tranquillità. Passando da qui notammo questo vano, tra due esercizi commerciali molto noti, in una zona strategica, vicinissima a Carrugio ma senza avere un canone di affitto paragonabile a quelli, astronomici, della via principale. Ci siamo dette “Proviamo!”. Abbiamo preso scaffalature e banconi da Ikea, li abbiamo trasportati e montati noi due, e iniziato la nuova avventura”.
Siamo arrivati a fine 2021. “Aprimmo il negozio, senza inaugurazione, noi e i clienti con le mascherine, senza poter avere all’interno più di tre persone contemporaneamente. A volte uscivo per far entrare i clienti!”. Il che significa che la gente veniva…In questo ambiente, mezzo laboratorio mezzo show-room, nel caos calmo di scaffalature e scatoloni che traboccano di bottiglie personalizzate, magneti creati ad hoc con foto di famiglia e lampade ricavate da preziosi contenitori di liquori, Laura e Madi ancora oggi accolgono i clienti, gli affezionati (che sono tanti) ed i turisti (che sono tantissimi) che passano, notano il banchetto con le calamite che portano ogni tipo di messaggio e si fermano.
Laura Piombo lavora il vetro. “Creo bicchieri e bottiglie personalizzati, per compleanni, matrimoni ed altre celebrazioni”. Nei giorni scorsi ha lavorato ad un regalo particolarissimo: ha personalizzato con il nome e gli anni compiuti dal festeggiato una bottiglia di vino dal valore 700 euro. “Vi lascio immaginare con che attenzione ho terminato il lavoro. Ne sono soddisfatta. Sono le opere più visibili e che fanno immagine, ma debbo dire che mi diverto anche a personalizzare le calamite: mi mandate una vostra foto e io la adatto e sistemo sul corpo del magnete. Un genere che adesso va tantissimo è quello della calamita con le frasi in genovese. Molto apprezzata anche la lampada decorata con pezzetti di plastica che creo e assemblo. Sta prendendo campo la lavorazione in fommy”.
Seconda spiegazione per i non addetti ai lavori. Il fommy, noto anche come gomma crepla o gomma eva, è un materiale versatile ottenuto dalla lavorazione di una resina termoplastica. È molto apprezzato per la sua facilità di lavorazione, resistenza termica e sicurezza, poiché non è tossico. Le creazioni in fommy possono includere una vasta gamma di oggetti, come fiori, bambole, biglietti d’auguri e decorazioni per la casa. Questo materiale può essere tagliato, modellato e decorato in vari modi, rendendolo ideale per progetti creativi e artigianali.
Il felice snodarsi del negozio ha come unico punto di inciampo l’incontro indesiderato con un altro tipo di regolamenti. Quelli cittadini, nello specifico quelli riguardanti edilizia ed annessi. Laura Piombo decide di mettere fuori dalla porta di ingresso un tavolinetto dove sistemare le calamite e gli oggettini, alto un metro, largo meno di un metro quadrato. “Faccio la richiesta perché anche se minuscola, trattatasi di tavolino che metto dentro la sera, è pur sempre etichettata come “occupazione di suolo pubblico”. Vado per uffici, peregrino da una porta all’altra, ottengo i timbri e pago quando dovuto, ma come risposta mi arriva un “bocciata perché deve passare dalla commissione edilizia”. Dopo due mesi di attesa abbiamo risolto andando direttamente dal sindaco. Altrimenti mi sa che eravamo ancora qui ad attendere”.
I giochi di parole che vengono in mente parlando di calamite sono tanti. La calamita di Laura si chiama così forse per assonanza con il lemma greco “Calamina”, poi c’è quella, nella quale Laura è incappata, con l’accento che cade sull’ultima vocale, dal latino “Calamitas”.
Siamo davanti a una parola pesante: descrive non una semplice disgrazia o sciagura, che può avere anche una dimensione intima, e nemmeno una catastrofe vasta di sapore apocalittico. La calamità è un evento funesto e preciso che colpisce un gran numero di persone, un’intera comunità. Può accadere però che le parole più cupe possano virare verso l’umoristico quando la disgrazia collettiva si disperde in mille rivoli di sordo malessere. Quale migliore definizione per la puntigliosa e severa (solo con chi non si può difendere) burocrazia nostrana?
