Nella recente discussione in Senato sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio Conte sia il premier sia i rappresentanti delle varie forze politiche oltre al tema contingente della crisi, sentendo l’avvicinarsi di una possibile campagna elettorale hanno iniziato, tutti, ad abbozzare un posizionamento programmatico lanciando qualche slogan e parlando del futuro dell’Italia.
Il Premier, terminato il durissimo attacco a Salvini, si è dilungato su questioni istituzionali e regolamentari, ha parlato della collocazione internazionale del nostro Paese nel sistema dell’alleanza atlantica e dell’Unione Europea, ha ricordato la questione ecologica ecc.; il vice-Premier Salvini della Lega ha martellato sulle questioni dell’immigrazione e della sicurezza, ha fatto polemica con Francia e Germania viste come padrone dell’Europa, ha ricordato la questione dell’autonomia regionale; Matteo Renzi del PD si è preoccupato delle conseguenze sui consumatori di un eventuale aumento dell’Iva; il senatore Morra del M5S è intervenuto sulla necessità di proseguire senza sosta la lotta alle mafie e così via.
Ciò che colpisce moltissimo è che nessuno, ma proprio nessuno, si è occupato dell’importanza e delle esigenze del mondo delle imprese. In un Paese che non cresce da 20 anni e che ha un rapporto Deficit/PIL drammatico proprio a causa di questa mancata crescita, nessuno si pone la domanda di come invertire la tendenza e di quali siano gli strumenti e le condizioni per ritornare allo sviluppo.
Le imprese industriali, artigianali, commerciali e di servizi che sono e devono essere il principale protagonista di questo percorso di rilancio della nostra economia, sono gli unici soggetti capaci di creare ricchezza, occupazione, investimenti, innovazione, inclusione sociale, ma nessuno ne parla o se ne occupa. Nel famoso ‘contratto’ alla base del defunto governo gialloverde la parola impresa non viene mai citata.
Eppure abbiamo la seconda manifattura europea dopo la Germania, teniamo in equilibrio la bilancia dei pagamenti con una straordinaria capacità di esportazione, milioni e milioni di posti di lavoro sono legati all’attività di impresa. Su scala mondiale siamo i settimi per valore aggiunto prodotto, i quarti per diversificazione produttiva, addirittura secondi per competitività dell’export. Nelle condizioni date si può ben dire che gli imprenditori italiani siano i ‘campioni del mond0’ del fare impresa.
Il 90% del sistema produttivo italiano è costituito da imprese con meno di 10 dipendenti, a conferma che la sfida del futuro poggia su due pilastri fondamentali: crescita dimensionale e salto tecnologico.
Ma purtroppo la politica italiana oggi non è interessata a tutto ciò. È purtroppo completamente da un’altra parte. Non si pone questioni al riguardo e lascia libero campo ad atteggiamenti e posizioni dichiaratamente anti-sviluppo, anti-impresa, anti-industria, come quelle piene di pregiudizi ideologici del M5S che teorizza la ‘decrescita felice’.
Bisogna voltare pagina rimettendo le imprese e la crescita che solo le imprese possono generare al centro dell’agenda politica. Pensate all’Italia e non ai vostri interessi di bottega!