di DANILO SANGUINETI
Un calcio a misura d’uomo: è ironico che per ritrovare i vecchi valori dello sport più popolare occorra riferirsi ad una squadra femminile.
Stop alla ‘teoria di genere’, qui si parla di ragazze che, oltre a infrangere decine di stereotipi, dimostrano con i loro risultati e i loro comportamenti che un football all’avanguardia nelle rese e d’antan nell’attitudine è ancora possibile.
La Lavagnese Femminile – entità staccata e ben differenziata dalla Usd Lavagnese che milita in serie D, ha strappato appena due settimane fa un biglietto per la serie B nazionale che dalla prossima stagione sarà la seconda categoria a partire dall’alto del calcio in rosa. Le contorsioni mentali dei pochi irriducibili denigratori vengono demolite con una semplice visita allo stadio Riboli dove le bianconere si allenano e giocano la maggior parte delle partite ufficiali.
Trovi venti atlete giovani, a parte un paio di veterane che hanno conservato spirito e fisico da ‘giovanotte’, serie e simpatiche, molto consce del loro ruolo di apripista per un movimento che nel Tigullio come in ogni altra parte dello Stivale sta crescendo a ritmo esponenziale.
I segreti del successo
L’allenatore della prima squadra e supervisore dell’intero staff tecnico che sovraintende anche alla formazione Primavera è Roberto Morbioni, fresco di laurea a Coverciano, dove ha ottenuto il patentino Uefa A, quello che consente di allenare sino alla serie A femminile, alla serie C maschile e di fare il secondo in A e B maschili. Morbioni è uno dei segreti dei successi della Lavagnese Femminile: “Uno, non certo l’unico. C’è da fare un grande applauso alla nostra presidentessa Silvia Daelli, dal 2015 nostro insostituibile main sponsor. Ha deciso di assumere in prima persona la guida del club ed i risultati sono arrivati immediati”.
Una manager milanese, amante del mare, capace di rispettare il cesariano ‘Veni, vidi, vici’.
In una stagione cruciale per le sorti del calcio femminile di vertice: la Figc decide di riformare serie A e serie B: solo 12 squadre nella categoria più alta, solo 12 nella categoria cadetta. “Più che le cesoie la Federazione ha usato la mannaia. Dai quattro gironi interregionali di B da 12, uno solo nazionale. Significava che solo le prime tre di ogni raggruppamento sarebbero ‘rimaste’ nella seconda categoria, le altre sarebbero state relegate nella terza, ancora a carattere interregionale. Noi che avevamo appena conquistato la serie B vincendo la serie C eravamo dati tra le squadre fuori competizione, destinate a rimanere dove si trovavano. Invece siamo arrivati terzi, con una scalata alla classifica, nel gioco e nella mentalità che, devo confessarlo, ha stupito anche il sottoscritto”.
Nel piano della presidentessa Daelli l’ascesa alla ‘vera’ serie B non giunge come una disgrazia. “E’ una vincente, ha capito che il gruppo aveva valori che permettevano di superare il gap di esperienza. La nostra rosa è dall’età media giovanissima, la squadra è stata rinforzata con un paio di elementi arrivati da Piemonte e altre zone della Liguria. Con simili ‘straniere’ abbiamo retto l’urto di fronte a formazioni scafate e di nome, la Juventus, il Torino, l’Arezzo. E alla fine abbiamo tagliato il traguardo sull’onda dell’entusiasmo. L’anno prossimo ci confronteremo con undici squadre provenienti da tutta Italia, un risultato che 4 mesi fa era follia solo immaginare”.
Un livello molto più alto
Il decisivo 7-0 sul Pisa è arrivato al Macera di Rapallo. “Noi giochiamo al Riboli ma se c’è concomitanza con la D maschile ci si sposta al Macera. Colgo l’occasione per ringraziare il nostro d.s. Enrico Valle e il Comune di Rapallo”. Molti nelle due città del Tigullio hanno assistito alle partite della Lavagnese e sono rimasti sorpresi: non si aspettavano un livello tattico e tecnico distante oramai anni luce dalla ‘naivete’ degli esordi: negli anni Ottanta e Novanta le donne praticavano un calcio rudimentale, più da partite ai giardinetti che da sfide con una logica, con manovre, schemi e mentalità da professionisti.
Oggi dai ‘fratelli maggiori’ le ragazze hanno mutuato quasi tutto. Il quasi è dovuto alla differenza di spirito e, per fortuna, e di comportamenti. Morbioni sorride: “Le mie atlete sono meno phonate, meno tatuate, in una parola meno ‘dive’ dei loro colleghi maschi. Sul piano teorico potete vedere di tutto, chi fa la zona, chi il pressing, chi il fuorigioco sistematico. Altro che 22 indiavolate che corrono dove c’è il pallone, in serie B non te la cavi se non sei preparato atleticamente, dotato di corredo tecnico completo, in grado di variare schemi e formule a seconda dell’avversaria e del risultato da ottenere”.
Altro dato impressionante è l’età media sempre al ribasso: “A 19 anni sei pronta per la prima squadra, la Primavera è un Under 18 con tante sedicenni e moltissime diciassettenni. Dal punto di vista di energie e entusiasmo è un bel salto in avanti, per non parlare della base sulla quale costruire una Nazionale sempre più competitiva. Una squadra azzurra fatta da ragazze alla mano, e guidata da tecnici e tecniche che condividono con noi allenatori delle serie minori il loro bagaglio di esperienza. Chi fa parte della commissione tecnica nazionale è sempre disponibile a parlare con le ragazze, le azzurre trattano le nostre giovani come loro pari”.
Bene, adesso pensate a come si comportano i santoni del calcio maschile, ricordatevi dei loro intarsiati e gelati (nel senso di gel tra i capelli…) discepoli, ai ‘non’ risultati che hanno ottenuto, ai compensi che riscuotono e ditemi a chi vanno le vostre simpatie.