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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Lavagna, il pastificio Dasso torna a investire e apre anche il nuovo Spazio Degustazione

Un modo per creare un legame duraturo tra produttore e cliente, trasformando l’acquisto in un’esperienza educativa e sensoriale
Roberta e Rossella Dasso hanno aperto a Lavagna il nuovo Spazio Degustazione
Roberta e Rossella Dasso hanno aperto a Lavagna il nuovo Spazio Degustazione
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di DANILO SANGUINETI

Accorciare la filiera è una delle esigenze più avvertite da parte dei teorici dell’economia sostenibile. Di fronte alle sfide ambientali del nostro tempo, accorciare la filiera produttiva non è solo un’opzione: è una necessità. Significa ridurre le distanze – pensiamo non solo a quelle geografiche ma anche umane – tra chi crea valore e chi lo riceve. È un modo per restituire centralità ai territori, sostenere i piccoli produttori, e costruire economie trasparenti, tracciabili, e resilienti. Ogni chilometro risparmiato è una scelta a favore dell’ambiente. Ogni volto conosciuto dietro un prodotto è un passo verso un consumo più consapevole. Accorciare la filiera è, prima di tutto, un atto culturale: valorizza le competenze artigianali, rinsalda la fiducia, crea legami. Parole chiave, gli smart tag per un discorso che sia contemporaneo, eco-friendly senza forzature estremistiche. 

La sostenibilità non si misura solo nella mancata emissione di CO2, ed è direttamente proporzionale alla crescita delle relazioni tra individui, comunità, addirittura mondi culturali diversi. Ed è proprio nella filiera corta che queste relazioni germogliano e si consolidano, restituendo all’economia il suo volto più umano. 

Pensieri che ti accompagnano quando percorri la trafficata via Roma a Lavagna diretto alla sede ormai rinomata ben oltre il circuito levantino del Pastificio DassoRoberta e Rossella l’hanno fatto di nuovo: non contente di aver allungato oltre ogni rosea aspettativa la linea biancoverde (i colori sociali, con una grande D come marchio, di una azienda che opera – e si concepisce – come una squadra) tracciata dal padre e fondatore Gianni e dalla compianta mamma Alina, si sono inventate il raddoppio. Questa primavera, dopo aver acquistato i vani confinanti al loro negozio, ed averli sottoposti a un imponente lavoro di restyling, hanno aperto lo Spazio Degustazione, dove forniscono all’avventore da consumare in loco negli avveniristici tavoli i prodotti dell’adiacente laboratorio e pastificio. 

Il viaggio del prodotto accorciato di ogni tappa intermedia, dal manufattore al consumatore senza soluzione di continuità, pure in senso fisico, dato che il muro divisorio tra gli ambienti è stato eliminato. 

Rossella Dasso è sommersa da fogli di contabilità e dai messaggi di una burocrazia al solito occhiuta e invadente, eppure nemmeno un grammo della sua energia va perso quando si tratta di parlare della sua creatura. “Lo abbiamo pensato come un luogo da vivere ogni giorno, pensato per accogliere tutti, dal turista curioso al lavoratore in pausa pranzo. Ogni giorno proponiamo un menù diverso con le nostre specialità di pasta fresca, preparate a vista nel laboratorio. Il menu cambia ogni giorno, in tavola naturalmente la fanno da padrone le nostre specialità di pasta fresca, che sono circondate e impreziosite da tanti altri prodotti locali, presi dalla terra come dal mare e tutti di altissima qualità, da noi garantita”.

Sarebbe tanto ma non è tutto. “È anche uno spazio creativo, dove Rossella organizza corsi personalizzati di pasta fresca per chi vuole mettere le mani in pasta… sul serio!” Ora si comprende il perché dei tavoli: forma moderna, seggiole all’avanguardia ma il sotto tavolo in legno antico, e con sorpresa: al di sotto del piano di appoggio c’è una madia estraibile, che ai boomer immediatamente ricorda i sottobanco delle scuole elementari di una volta dove al posto della LIM c’era l’ILM, nel senso di Il Maestro…

Si percepisce che lo spazio è stato pensato in ogni dettaglio, fisico e… interpretativo. Roberta ha valutato e preparato, esaminato e dopo alcuni mesi può dirsi più che soddisfatta di come vanno le cose nel nuovo spazio degustazione del Pastificio Dasso. “Teniamo aperto tutto il giorno e tutti i giorni, eccetto il lunedì, dalle otto di mattina alle venti. E da mezzogiorno alle ore 15 apertura in simultanea sia il negozio che la parte con ristoro – ci piace chiamarlo così perché lo abbiamo pensato come una pausa rinfrancante nel logorio quotidiano – dove la gente viene, guarda che cosa le piace, la attira e se lo gusta all’impronta, oppure fa anche il contrario assaggia, prova, e poi va in negozio a “fare scorta” anche per la casa”. 

Non sono gli unici ad aver pensato di portare i clienti a mangiare accanto alle macchine impastatrici ma sono i primi a farlo con una certa filosofia. “Facciamo tutto noi e lo facciamo tutte le mattine. Facciamo un prodotto fresco per il banco. E diamo un prodotto fresco, si potrebbe dire espresso perché la nostra cucina è espressa, ossia a richiesta, fatta a vista, usando ingredienti freschi. Diamo al cliente dello spazio un cibo non pastorizzato, messo sottovuoto o conservato. Insomma non è un prodotto per la grande distribuzione e il nostro tipo di servizio si preoccupa di raccontare il prodotto”.

Pare quasi di parlare di un circolo ricreativo, se non un club. Il “club dei pastai straordinari”. È importante che chi viene sappia una cosa: niente piatti di carta, niente prendi e scappa, stiamo attenti anche al tipo di servizio, chi viene qui passerà una mezz’ora con noi con la voglia di stare bene”.

Insomma la famiglia ha coraggio: propone e, soprattutto, investe. Roberta questa volta sorride a denti stretti. “Beh sono mesi che non dormo al pensiero. Ma poi mi consulto con Rossella e mi tranquillizzo: deve essere la “solita” rinomata follia dei Dasso”.

La loro arma segreta è la “ciurma”. “Stiamo per festeggiare (nel 2026, ndr) i quarant’anni di attività e sempre, sempre abbiamo potuto contare su collaboratori incredibili, alcuni con noi fin dall’apertura. Non si può pretendere che tutti abbiano qualità in tutto, però se riesci, come dico sempre, a creare un mosaico di qualità ed a valorizzare le doti dei singoli allora il gioco nell’insieme funziona”. Dopo aver enunciato tesi che farebbero la gioia di Sir Claudio Ranieri, Roberta rivela di essere anche un’attenta market analyst.

In queste settimane di rodaggio ha studiato con attenzione la tipologia della clientela dello spazio degustazione. “Mi ero chiesto a chi dovevamo rivolgerci per diversi mesi ed ho scoperto all’atto pratico di non aver pensato a diverse categorie. È una clientela assolutamente “trasversale”. Ora so che vengono a mangiare sia le signore di una certa età che sono andate nelle vie del centro a fare shopping e poi fanno una sosta qui, a mangiare e fare due chiacchiere e ci sono i ragazzini che escono dalla scuola e che mangiano i ravioli di Dasso, perché li hanno conosciuti in famiglia. Ci sono le persone che lavorano in città, anche se la Lavagna non è una città di professionisti, che però in alcune situazioni lavorative che comportano una pausa pranzo, scelgono di fare attenzione a cosa mangiare, cercano qualcosa di come dire saporito, ma leggero e da noi lo trovano. Insomma una varietà incredibile di situazioni, compreso il turista che per una volta non deve comprare la pasta e portarsela via sulla fiducia, che al contrario la può mangiare al momento e verificare. E, lasciatemelo dire con orgoglio, esce ancora più soddisfatto del suo acquisto”.

Se Roberta è l’ufficiale di rotta della ciurma Dasso, il timoniere che si inventa i percorsi audaci ma più rapidi verso il porto è senz’altro Rossella: con il suo camice bianco spezzato da pantaloni verdi in piena sintonia con i “colori sociali” – notare la montatura degli occhiali spericolatamente verde pisello, anzi dato il logo verde pesto – lei è l’artista che usa la farina come se fosse creta. “Se prima dietro il bancone ero contenta, adesso a girare tra i tavoli dello Spazio sono al settimo cielo. Ogni giorno creiamo un menù diverso, calibrato su cosa offre la stagione e volto a dare al cliente un’offerta attenta. Oltre al prodotto ancora fresco c’è la bottiglia di acqua frizzante, il panino, il frutto di stagione. Partiamo con il saluto della cucina, e poi sotto con i piatti che vengono preparati davanti al cliente da Caroline, la nostra “oriunda” (lavorava come chef in un noto ristorante cittadino), che ci ha pure insegnato che chi si siede al nostro tavolo deve vedere e sapere tutto, va accolto senza remore, permettendo di toccare con mano (e gustare) le ricette tramandate di generazione in generazione. Questo tipo di esperienza promuove una fiducia immediata: il cliente viene accolto non come un semplice acquirente, ma come un ospite speciale”.

Siamo arrivati al nocciolo dell’idea. Questa strategia non è solo un’idea di marketing, ma un modo per creare un legame duraturo tra produttore e cliente, trasformando l’acquisto in un’esperienza educativa e sensoriale.

I Dasso – va specificato di Lavagna perché ormai la famiglia ha più ramificazioni che gli Asburgo, e ci sono quelli orientali e quelli occidentali concentrati a Rapallo e Santa Margherita – lo hanno fatto ancora. Hanno buttato giù i muri, quelli di pietra e quelli psicologici. “When the walls come tumbling down” cantavano quegli elegantoni degli Style Council. Buttarli giù per dare spazio al mangiar bene, invece che per sotterrarci sotto innocenti, è cosa giusta oltre che buona.

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