(r.p.l.) Nell’Italia dei furbetti, dei faccendieri, dei facilitatori, dei rapporti borderline tra imprenditoria e politica ha fatto il suo ingresso, qualche settimana fa – con tanto di enorme clamore mediatico – l’avvocato genovese Luca Lanzalone. A travolgerlo, sino agli arresti domiciliari, i contatti con il costruttore Parnasi in merito al nuovo stadio di Roma. Strade pericolose, consulenze sospette, intercettazioni apparentemente rilevanti dal punto di vista penale: l’ennesimo quadro inquietante dell’Italietta da malaffare, questa volta però molto nelle vicinanze del Movimento 5 Stelle.
E’ stata infatti la sindaca Raggi a nominare Lanzalone presidente dell’Acea (la super municipalizzata romana) e a nominarlo super consulente per il nuovo stadio della Roma, ragione per la quale l’avvocato era così intimo con Parnasi. Si sussurra pure che Lanzalone fosse uomo di fiducia del vice premier Di Maio, con il quale aveva una grande familiarità.
Ma se la questione fosse confinata solo a Roma, poco importerebbe a ‘Piazza Levante’. Al contrario, però, gli addentellati di Lanzalone (al quale auguriamo di poter dimostrare la sua completa innocenza) sono diversi anche in Liguria, e hanno portato nei giorni scorsi a conseguenze completamente opposte.
Nel numero 16 del nostro settimanale, abbiamo raccontato delle consulenze che il Comune di Chiavari – su incarico dell’attuale amministrazione – ha richiesto proprio allo studio genovese di Lanzalone. Che riguardano le nuove case nell’ex cantiere navale di Preli (quelle costate all’ex sindaco Agostino, ‘mentore’ dell’attuale primo cittadino, una condanna definitiva e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici: ricordarlo è sempre buona e giusta) e il collaudo del porto, pratica quest’ultima costata a Palazzo Bianco la bellezza di 23.345,92 euro.
Anche per il ricorso al Tar contro il depuratore la giunta comunale aveva pensato a Lanzalone, ma quest’ultimo incarico era stato rifiutato, in quanto il legale era già l’avvocato della controparte Iren.
Ma, questione Lido a parte, è emersa la precisa volontà di far lavorare proprio questo professionista per l’amministrazione di Chiavari. Che, negli anni precedenti, si è sempre appoggiata su ben altri consulenti, di moralità specchiata e di livello superiore.
Detto questo, ormai 35 giorni fa ponevamo al sindaco Di Capua le seguenti cinque domande: con quali criteri è stato scelto Lanzalone come consulente di Palazzo Bianco? Quali e a quanto ammontano gli incarichi che gli sono stati conferiti? La maggioranza ha condiviso questa scelta? Perché il sindaco ha dichiarato alla stampa (‘Secolo XIX’ del 14 giugno 2018) “nessun contraccolpo”? Perché avvalersi di uno che è stato definito ‘facilitatore’?
Tra il 5 luglio e l’8 agosto non è arrivata alcuna replica da Palazzo Bianco. Silenzio assoluto. Così ‘Piazza Levante’ (nel silenzio completo e incomprensibile di tutti gli altri mezzi di comunicazione, anche quelli storicamente più accreditati presso il Comune di Chiavari) ha pensato di realizzare una cartolina per Di Capua. Ancora con le cinque domande. Ancora nessuna risposta.
Come mai? C’è qualche imbarazzo di sorta in seno alla maggioranza? Perché non dare spiegazioni, se gli incarichi a Lanzalone sono stati conferiti all’insegna della trasparenza e senza secondi fini? Perché sull’argomento tacciono anche alcuni politici, a cominciare dal Pd, che pure ha un rappresentante all’opposizione in consiglio comunale? Che cosa c’è che non quadra? E ancora: la scelta di Lanzalone come consulente è stata condivisa dall’intera maggioranza? Tutti i componenti di questa squadra – spesso descritta come “così unita” – ne erano informati?
A Roma, per fatti in apparenza gravi e che sono in via di accertamento (sui quali sarà la magistratura a esprimersi), il terremoto politico c’è stato eccome. E l’onda d’urto è arrivata sino a Genova. Saltando però Chiavari, dove i rapporti tra Lanzalone e Comune sono vissuti dall’interno come la normalità più assoluta.
Nel capoluogo ligure, anche questa è cronaca, la sola ombra di Lanzalone su Banca Carige (senza quindi aver ricevuto alcun incarico formale) ha causato le dimissioni dal cda del vicepresidente del principale istituto di credito ligure, l’imprenditore Vittorio Malacalza. Non certo un nome da nulla, perché primo azionista della banca. L’uomo che, qualche anno fa, contribuì a salvarla, investendo in un solo giorno ben 66 milioni di euro e poi rafforzando ancora la sua posizione nel quadro azionario.
Tant’è, l’uomo forte della Carige ha sentito la necessità di dimettersi al solo eco del nome Lanzalone. Ci sono “due fatti molto gravi”, ha scritto Vittorio Malacalza nella lettera di dimissioni dal cda, “alla base della mia decisione”. Uno di questi è che “proprio nei giorni immediatamente precedenti all’arresto dell’avvocato Lanzalone, l’a.d. della banca, Paolo Fiorentino, mi riferì di averlo incontrato e me ne decantò le qualità professionali”.
Fiorentino, per la cronaca, è finito al centro di un’intercettazione proprio con l’imprenditore romano Parnasi. Oggetto della telefonata? Ovvio, Lanzalone. Parnasi a Fiorentino: “Tu fagli fare qualcosa anche a Lanzalone, dagli 50… 30 mila euro di consulenza… fagli fare una cazzata! Costruiamo questo rapporto tondo! Così quando è il momento…”.
Banca Carige precisa che “nessun contratto di consulenza è mai stato assegnato al dottor Lanzalone o a società a lui riferibili”, ma intanto la tempesta è innescata. Insieme a Malacalza, nei giorni scorsi, se ne sono andati dal cda anche il presidente Giuseppe Tesauro (già presidente emerito della Corte Costituzionale) e Francesca Balzani (assessore al Bilancio di stimata professionalità prima a Genova e poi a Milano). Pare che la vicenda Lanzalone non sia estranea alle loro dimissioni.
Tanto per dire che è bastato un nome, senza nessun incarico formale, a far saltare mezzo board della Banca Carige. Persone per le quali, evidentemente, la questione è fondamentale.
Niente di tutto questo, invece, è accaduto a Chiavari. Nessuno chiede dimissioni. Nessuno vuol vedere rotolare teste, ci mancherebbe. Sarebbe eccessivo. Anche ‘Piazza Levante’ è garantista sino alla fine. Semplicemente, secondo noi, occorrono spiegazioni. Del perché PROPRIO Lanzalone. Se è stata una scelta casuale, se è stata la migliore offerta. Quali rapporti intrattiene con gli attuali amministratori, o con alcuni di essi.
La situazione ci pare imbarazzante, per non usare altri aggettivi. Il sindaco Di Capua – o chi per lui – abbia il coraggio di spiegarla. Seguendo l’esempio di Vittorio Malacalza.