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di DANILO SANGUINETI
Quando una squadra di serie A, obbligata a vincere per salvare il suo tecnico traballante, incontra a casa propria una squadra di serie C, quest’ultima è una squadra morta. Sulla qualificazione agli ottavi di Tim Cup non c’era un cane che puntasse sull’Entella. Era dato per acquisto che il Genoa nel ‘Tempio’ di Marassi, per quanto in formazione rimaneggiata, facesse un sol boccone dei biancocelesti chiavaresi che oltretutto avevano ben altre gatte da pelare.
Esausti dopo tre mesi di quasi totale inattivatà seguita da un tour de force che li aveva portati a giocare 9 partite in 32 giorni (neppure la Juventus o gli squadroni impegnati nelle coppe hanno tenuto un ritmo così infernale), avevano da pensare al campionato, a una promozione da conquistare a ogni costo, ai segnali preoccupanti emersi nelle precedenti prove (sconfitta a Siena, pareggio in casa con il Novara). I pochissimi bastian contrari, quelli che si appellavano “alla palla è rotonda” o obiettavano “ricordatevi dell’Alessandria” (tre anni prima eliminò il Genoa targato Gasperini), si erano allineati al pronostico della maggioranza quando venivano lette le formazioni.
Mister Roberto Boscaglia aveva gettato la spugna o almeno così sembrava, ancor prima di scendere in campo: nell’undici di partenza entelliano c’era un solo giocatore che nelle otto partite di campionato (6 vittorie, 1 pareggio e 1 sconfitta) aveva ricoperto il ruolo di titolare, Francesco Belli. Come se non bastasse, il terzino destro veniva schierato marcatore centrale, ruolo per lui del tutto inedito, chiamato a sostituire Benedetti colpito poche ore prima da un virus influenzale.
In tribuna stampa c’erano parecchi giornalisti che per portarsi avanti avevano già scritto mezzo pezzo con attacco standard: “Il Genoa prosegue in Coppa passeggiando sui resti dell’Entella”. Sugli spalti i 2000 tifosi di casa – orario e data infelicissimi, più diretta tv in chiaro su Rai Sport non potevano che portare ad un simile risultato – erano quasi paterni con i 400 sostenitori dell’Entella, abbandonati nella Gabbia della Sud mentre tre quarti di spalti malinconicamente deserti sembravano un severo ammonimento alle esagerate precauzioni delle autorità.
Gli sguardi ironici degli uni e il paternalismo degli altri andavano spegnendosi con il passare dei minuti. Tre rigori in 120’ non bastavano a far vincere il Genoa, lo spareggio ai calci di rigore portava in Paradiso la squadra e gli atleti meno preparati per simili prove.
Al rigore sbagliato da Lapadula, la Gabbia Sud diventava una succursale del Maracanà di Rio o della Bombonera di Buenos Aires. Nel giorni successivi abbiamo saputo tutto sulle reazioni dei protagonisti in campo e dei dirigenti. Ma che cosa hanno provato gli entelliani doc? Quelli che da un decennio, anzi anche da prima, sono ‘biancocelesti inside’?
Ecco il resoconto di uno di loro, uno che c’era e ci sarà sempre, nella buona e nella cattiva sorte. Metti una sera di fine autunno a Genova, la tua squadra del cuore, una sfida impossibile con un finale fantascientifico. Paolo Tozzi è una presenza fissa al Comunale, quando è libero dagli impegni lavorativi si sciroppa non solo partite ufficiali, amichevoli, test match, ma anche trasferte e allenamenti. Fa parte di quel ristretto gruppetto di appassionati che dal 1 agosto al 30 giugno sono in tribuna al Comunale per visionare ogni sessione di lavoro, a controllare passo dopo passo ogni progresso (o regresso) dei singoli, a valutare. Sostenitore accanito senza avere gli eccessi in bene e anche nel male dell’Ultrà. Incita a favore, mai contro.
E chiaramente giovedì 6 dicembre è stato uno dei primi a salire sul pullman della tifoseria organizzata. “Confesso che mi sembrava un po’ strano andare in autobus sino a Genova, trasferta da poche decine di chilometri, quando negli anni mi sono sciroppato viaggi epici in ogni parte di Italia. Ancora più strano il percorso che ci hanno fatto imboccare per arrivare allo stadio, con agenti Digos a bordo, l’uscita a Genova Ovest anziché Est, più tortuoso viaggio per le vie del centro percorso a tutta velocità perché preceduti e seguiti dalle volanti della Polizia”. Un’atmosfera strana.
“Da una parte l’orgoglio per essere di nuovo dopo 47 anni di fronte al Genoa. Per ragioni anagrafiche la volta precedente non me la ricordavo. Questa me la volevo godere. Anche se pensavo che non potessimo andare oltre la bella figura. Il divario iniziale era troppo grande”.
Con il passare dei minuti la gara e soprattutto il comportamento dei ragazzi di Boscaglia hanno fatto ricredere Paolo: “Andiamo due volte in vantaggio, per due volte ci raggiungono. Sempre su rigore su falli, lasciatemelo dire, in entrambi i casi come minimo dubbi. Finiscono i 90’ regolamentari, mi volto verso i miei amici, i soliti compagni di avventura, e dico loro: “Siamo i vincitori morali, abbiamo portato il Genoa ai supplementari”. I più caldi mi mandano a quel paese. La loro risposta che cerco di edulcorare era “Sai che ce ne facciamo della bella figura, dovevamo vincere!!!”
Ai regolamentari arriva il terzo rigore. Di nuovo discutibile. Quasi me lo aspettavo. Chino la testa e mi domando se una simile sequenza di ingiustizia fosse stata subita dal Genoa o da qualunque altro grosso club che cosa sarebbe successo in campo, sugli spalti, cosa avrebbero detto i media?”
Interrogativo più che lecito, ma spazzato da quanto accade nei minuti successivi. “Quasi non volevo più guardare, il Genoa conduceva 3-2 e il 120’ era in arrivo. Poi all’ultimo secondo vedo quella palla gettata in area dai nostri, vedo Adorjàn gettarsi in porta con il pallone. Lì non ci ho capito più niente. Quando mi sono ripreso stavano già tirando i rigori. Ho avuto la netta sensazione che saremmo passati, perché avevamo scalato la montagna e non restava che piantare la bandiera”.
All’avverarsi della profezia Tozzi si è seduto. “Ho pensato alle tante amarezze sopportate nella stagione della retrocessione, a quanto accaduto in estate, gli scippi in campo e nelle aule giudiziarie. E che una gioia simile ce la meritavamo tutti, dal presidente Gozzi sino a noi tifosi”. Ma il bello doveva ancora venire: “Non scorderò mai gli applausi sinceri dei tifosi genoani. Ci dicevano ‘ve la siete meritata’. Erano contenti perché avevamo accelerato la partenza di un mister ormai poco amato ma allo stesso tempo, da conoscitori del calcio, riconoscevano la qualità della nostra impresa. E poi un ritorno in autobus che più trionfale non poteva essere. La Polizia ha deciso di farci prendere l’autostrada a Nervi, quindi abbiamo di nuovo attraversato il centro città, e dai bar, dalle automobili applaudivano e suonavano i clacson per festeggiarci. I genovesi celebravano l’Entella, Chiavari, un momento da immortalare!”.
Serata lunga, la mattinata seguente addirittura interminabile. “Debbo confessarlo, non sono riuscito a trattenermi. Ho fatto un paio di giri in città. Chiavari si era improvvisamente ‘degenoanizzata’… Non trovavo un amico rossoblù neppure a pagare. E in fretta si erano dissolti anche quelli di Sestri e dintorni, quelli che quando eravamo retrocessi mi tempestavano di messaggi”.
Non vuole maramaldeggiare sugli sconfitti e su chi ha sempre nutrito malcelate invidie. Evita di citare alcune delle più velenose battute che gli hanno inviato i compagni di fede. Sul Genoa: “Troppo pochi 11 rigori a favore (i 3 in partita e gli 8 di spareggio)…”. Oppure “Se neppure contro le nostre riserve riescono a vincere, proviamo con la squadra Berretti”. E una anche per i cugini della Bimare: “A ciascuno secondo il suo valore. Noi all’Olimpico, voi al Ligorna”. Tozzi semmai se la prende con i potenti. “Ho visto che la Lega ci ha fissato la partita degli ottavi di finale della Tim Cup: lunedì 14 gennaio, direi l’ideale per chi come me voleva essere presente a quella storica sfida con i giallorossi. Si vede che non siamo nel cuore dei vertici federali…”.
Come diceva Clint Eastwood nel duello finale? “Al cuore, Ramon, mira al cuore!”
Presentazione dell’Almanacco 2018 della Virtus Entella
Arriva l’Almanacco della Virtus Entella. La pubblicazione, curata dall’Ufficio Comunicazione e arricchita dalle fotografie di Luca Sanguineti e dal lavoro di grafica di Mara Musso, verrà presentata venerdì, alle ore 17,30, presso la Società Economica di Chiavari. Sono previsti gli interventi del presidente Antonio Gozzi e dello storico Giorgio ‘Getto’ Viarengo, che come sempre cura il saggio all’interno del volume.
A fare gli onori di casa, la presidentessa Sabina Croce, vera anima dell’Almanacco e di Entella nel Cuore, la onlus che raduna tutti i progetti di beneficenza legati alla società. I proventi della vendita del libro saranno devoluti all’ospedale pediatrico ‘Gaslini’ di Genova.
L’INTERVISTA DI MARISA SPINA A SABINA CROCE SULL’ALMANACCO DELLA VIRTUS ENTELLA
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