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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

La storia della Tessitura DeMartini racconta la straordinaria bellezza del damasco di Lorsica

La titolare Stefania porta avanti la tradizione secolare della famiglia insieme alla figlia Rebecca e al marito Alessandro Graziadelli
La Tessitura DeMartini porta avanti la tradizione del damasco di Lorsica
La Tessitura DeMartini porta avanti la tradizione del damasco di Lorsica
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di DANILO SANGUINETI

È impressionante quanto sfavillino le gemme nascoste del nostro entroterra. Prendiamo Lorsica, uno dei paesi più appartati e più incantevoli, sui contrafforti settentrionali della Val Fontanabuona. Neppure 400 anime oggi, ultimi custodi di una storia millenaria, fatta di eventi non banali, di artigianato raffinato, di materiali pregiati e di imprese piccole per volume, enormi per il volume di affari generato rispetto alle dimensioni. 

Una visita è consigliabile a chiunque e da imporre a coloro i quali pensano che per le valli liguri – segnatamente la Fontanabuona – siano destinate a una irrefrenabile decadenza. Basta un solo pomeriggio e si rimane folgorati sulla via non “di” ma “del” Damasco perché il minuscolo villaggio di collina ospita e non da due giorni, ma da secoli un centro di valore nazionale, se non mondiale, per il trattamento e la confezione di uno dei tessuti più pregiato, e esteticamente affascinante che l’ingegno umano abbia mai prodotto.  

In poche decine di metri potete trovare la Tessitura DeMartini e il Museo che illustra la storia del territorio e della tessitura del damasco di Lorsica. All’ingresso dell’azienda posseduta dalla famiglia eponima campeggia una orgogliosa dicitura: manifattura “Figli di DeMartini Giuseppe” since 1500. La preposizione inglese accanto al dato genealogico, connubio di oggi e di ieri che trova il punto di equilibrio nella titolare Stefania che porta avanti la tradizione secolare della famiglia DeMartini assieme alla figlia Rebecca e al marito Alessandro Graziadelli, sindaco uscente del comune di Lorsica. Ed è sempre lei che cura l’associazione degli Amici del Museo del damasco che gestisce la struttura aperta al pubblico, un’antica casa contadina su quattro piani che sorge a poca distanza da via Scaletta 78, sede della tessitura.

Stefania DeMartini, 58 anni, nel damasco c’è nata e ci vive. Una principessa senza alterigia e dallo spirito battagliero. “Mi onoro di portare avanti una tradizione secolare. Lavoriamo ancora con metodo artigianale, su telai meccanici a navetta, tessuti creati con sudata manualità a dispetto di un mondo che sembra delegare alle macchine ogni cosa e che si accontenta di prodotti di qualità non eccelsa purché a buon mercato e rapidi da confezionare. Non dispero perché con il passare degli anni vedo che i nostri tessuti continuano ad avere un mercato, soprattutto negli ultimi tempi ho notato un’attenzione e un apprezzamento costantemente crescenti”. 

Per capire come il damasco sia approdato in un luogo che è sempre stato ai margini della storia con la S maiuscola bisogna andare indietro di quasi 500 anni. “Agli inizi del sedicesimo secolo ci sono documenti della Repubblica di Genova che attestano la presenza proprio qui a “Lòrsega” di decine di artigiani e lavoranti nel campo della tessitura. Nei secoli Lorsica diventa famosa per la creazione di preziose stoffe in seta: damaschi, lampassi, taffetas, shantung, macramé. Venivano da qui i damaschi, le tele d’oro e d’argento, i rasi, le stoffe di seta di ogni genere che i nobili della Superba utilizzavano nelle cerimonie pubbliche e nei loro ricchi palazzi”. 

Molte varietà di stoffe si tessevano nelle aziende del paese, oggi c’è solo la DeMartini che è specializzata nel damasco. Le produzioni della Tessitura sono apprezzati nel mondo per la luminosità che emana, per la perfezione dei disegni ed infine per la solidità e compattezza del tessuto, qualità dovute al numero dei fili dell’ rdito. I classici disegni della palma, della rosa e del prezzemolo sono insuperabili. Ma c’è molto altro: stupendi ed altrettanto pregiati sono, nei lampassi, l’ape napoleonica in campo azzurro, il pregiato rigato stile Luigi XVI ed i nodi d’amore: la manifattura vanta oltre trecento disegni esclusivi che la famiglia si tramanda di generazione in generazione, molti dei quali originali del 1500.

“La linea familiare che ci collega agli inizi non si è mai interrotta. Oggi come allora i tessuti in cashmere e lino, i damaschi, il lampasso e le tele per il macramé, tipici del territorio ligure, vengono tessuti su telai a navetta. I filati adoperati sono tutti naturali e disciplinati dal marchio della Regione Liguria”. 

Ed è un cammino non in discesa, la DeMartini non si è mai seduta sugli allori. “Ancora oggi lavoriamo su un telaio meccanico datato 1912, giudicato dagli esperti un prodigio di tecnica. Nicola DeMartini insieme al fratello Dario, ideò e costruì un telaio unico al mondo, brevettato in Germania e assemblato a Riva Trigoso. Grazie a questa macchina siamo capaci di riprodurre la stessa stoffa che secoli fa veniva fatta a mano. Infatti uno dei campi nei quali operiamo da leader è quella della riparazione se non del rifacimento autentico degli arredi delle stanze e della copertura dei mobili di antiche dimore”. Ci sono tre aziende di questo tipo in regione e una sola nel Levante. Pensare che una volta a Lorsica era tutta…tessitura. “Allora era più una industria che una attività artigiana. Nel comune di Lorsica nel XVI secolo tutte le famiglie avevano una propria bottega con telai e tessitori e molte coltivavano anche i bachi da seta. La famiglia DeMartini ha tenuto duro nei decenni e nei secoli, probabilmente per noi ha contato la passione che ci tramandiamo di generazione in generazione”. 

Stefania non si è mai mossa da qui, eppure ha una mente aperta sul mondo e guarda al futuro con sguardo fermo. “Io sono nata tra le stoffe, sono la mia vita e vi dedico ogni attimo. Da bambina era un gioco, poi è diventato un lavoro ma non ho mai perso l’entusiasmo per quello che faccio. L’azienda ha un nome nel mondo, abbiamo superato anche i momenti difficili, tipo durante e immediatamente dopo la pandemia, e abbiamo ordinativi a breve, a medio e anche lunghissimo termine. Basti pensare che ci arrivano richieste anche per pezze di oltre 100 metri di stoffa, lavori di mesi se non di anni. E poi curiamo anche la vestizione di corporazioni e associazioni storiche, gruppi di sbandieratori, compresi quelli del Palio di Siena”. 

Per capire le parole per quanto eloquenti non bastano. Serve una visita al museo. Adiacente alla Tessitura ci sono i locali che contengono capi d’opera e esempi di insuperata perizia. “Lo teniamo aperto sempre, a prezzo di grandi sacrifici. Lo si può visitare su prenotazione, l’ingresso è a offerta libera. Così facendo abbiamo un flusso di visitatori continuo per tutto l’anno, e mi piace ricordare che gran parte di loro arriva dall’estero. Ci sono agenzie che includono una sosta al nostro museo in un programma che prevede il Porto di Genova, Portofino e le Cinque Terre”. 

Un “memo” che andrebbe piazzato, anzi sbattuto, sui tavoli di chi in Regione negli ultimi decenni ha fatto poco o niente per una simile gemma. Nata da una delocalizzazione ante litteram. 

Nel XVI secolo la tessitura rappresentava una delle principali attività economiche della Repubblica di Genova. Ma le tasse imposte dai governanti erano talmente asfissianti che molti degli artigiani decisero di sfuggire al martellante (allora…) fisco del Doge e se ne andarono in collina, a distanza ma non troppo, per produrre senza essere “munti” dagli esattori. 

Perché oltre che santi e navigatori siamo sempre stati un popolo di…tessitori di trame, legali e no. 

Eravamo grandi, potremmo tornare a esserlo, a patto che si faccia quello nel quale siamo sempre stati bravi, robe di…design, manufatti di pregio. 

Firenze e Milano diventarono i centri economici di Europa grazie ai loro cordai, canapini, cardatori, tintori, e naturalmente tessitori raccordati e sostenuti da una rete commerciale duttile e dinamica che seppe espandersi sfruttando acrobatiche invenzioni finanziarie. E se Lorsica ci insegnasse più di CityLife?

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