di ALBERTO BRUZZONE
L’ultimo capitolo di questa storia è il più drammatico di tutti: il ‘mostro’ che va avanti, gli espropri dei terreni che diventano realtà, i campi coltivati che saranno sostituiti da un muraglione di cemento.
I capitoli intermedi, invece, sono anni di promesse, di discorsi, di battaglie, di impegni presi e mai portati in fondo, di resistenza a un progetto assurdo da una parte e di un iter amministrativo che, dall’altra, pur nella sua lentezza elefantiaca, non viene fermato in alcun modo.
Così la cosiddetta ‘Diga Perfigli’, ovvero quel progetto assai invasivo che prevede la messa in sicurezza del tratto finale del fiume Entella, è arrivato sino ai giorni nostri e mai è stato così vicino dall’essere realizzato. Nessuno lo vuole, a parole. Ma ha tutte le carte in regola, tant’è vero che va avanti e che è arrivato a un passo dall’inizio. Il tutto dopo vent’anni di vertenze.
Ma come nasce quello che i più hanno sempre definito un obbrobrio? Come si è giunti sino a questo punto? Molte risposte si trovano in un documento redatto nel 2010 dalla Provincia di Genova, cioè quand’era assessore, per l’appunto, Paolo Perfigli, che si è visto intestare la controversa opera, pur non avendone mai avuto la diretta paternità.
Titolo dell’opuscolo è ‘Interventi di mitigazione del rischio idraulico del bacino del fiume Entella relativamente al tratto terminale – Primo lotto dalla foce al Ponte della Maddalena’. Il progetto di mitigazione del rischio si fonda sulle risultanze dello studio idraulico condotto nel 2003 da un pool di specialisti (Associazione temporanea di imprese Enel Hydro, STI e Med Ingegneria), per la redazione del Piano di Bacino, che è lo strumento cardine per programmare gli interventi sui bacini imbriferi.
Tale piano mette in evidenza come le problematiche con maggiore priorità di intervento “riguardino – si legge – lo smaltimento della portata di piena, e siano quindi prevalentemente localizzate nel fondovalle, fittamente urbanizzato. Le aste terminali del fiume Entella e del torrente Lavagna risultano soggette ad esondazione, provocata dalle ridotte dimensioni dell’alveo di magra/morbida e dei rapporti di quota tra alveo e aree golenali”.
Il piano, si ricorda, “propone interventi, prevalentemente strutturali, prioritariamente finalizzati alla riduzione di tali criticità. Le sistemazioni proposte sono indirizzate a coordinare gli aspetti idraulici-ambientali con quelli di natura urbanistica e socio-economici”. Si ragiona su una portata “con tempo di ritorno duecentennale”, mentre attualmente il tratto finale dell’Entella “è insufficiente alla portata con tempo di ritorno cinquantennale”.
Tutto inizia nel 2001, allor quando la Regione Liguria assegna 450 milioni delle vecchie lire alla Provincia di Genova per redigere uno studio di dettaglio, con annessa progettazione preliminare, degli interventi di adeguamento idraulico del tratto terminale del fiume Entella nei comuni di Carasco, Cogorno, Chiavari, Lavagna e Leivi.
L’anno successivo, a seguito di un bando di gara, la Provincia affida i lavori di progettazione all’associazione temporanea d’imprese composta da Enel Hydro, STI e Med Ingegneria, facente capo alla società Enel Hydro spa. Nel 2004, la Provincia presenta il progetto ai comuni interessati, e approva con delibera di giunta il progetto preliminare per un importo pari a 64 milioni e 700mila euro: in questo piano era già prevista la sistemazione arginale del cosiddetto ‘segiun’ lato Lavagna.
Questa ipotesi d’intervento si sviluppa per un tratto fluviale che va dalla confluenza dei torrenti Sturla e Lavagna sino alla foce del fiume Entella.
Si arriva poi al 2005, quando la Provincia di Genova convoca e conclude la Conferenza dei Servizi sul progetto preliminare, acquisendo i pareri favorevoli e le prescrizioni da parte degli enti convocati. L’anno successivo, il 2006, è quello dell’affido, sempre da parte della Provincia, dei lavori di progettazione e direzione lavori del primo stralcio funzionale: se li aggiudica il raggruppamento temporaneo composto da Studio Galli, Studio Maione Ingegneri Associati, Projenia e Med Ingegneria, facente capo alla società Studio Galli.
Il progetto passa in Giunta Provinciale e viene presentato a Lavagna: è qui che si comincia a valutare il discorso degli espropri e quello delle varianti urbanistiche. Seguono altri due anni di carteggio tra Provincia e amministrazione comunale di Lavagna quindi, nel 2010, la Provincia approva il progetto definitivo, convoca due incontri pre-istruttori alla Conferenza dei Servizi a febbraio e ad aprile e, a luglio, convoca pure due assemblee pubbliche per l’illustrazione del progetto definitivo. S’incontrano anche i proprietari dei terreni interessati ai lavori.
E qui nascono le prime opposizioni. Inizia la battaglia da parte del Comitato Giù le mani dal fiume Entella, iniziano le pressioni per scongiurare questo progetto così impattante. Ma, intanto, mentre il discorso sul piano politico è molto intenso, quello burocratico va avanti nel silenzio, eppure va avanti.
Il Ministero dell’Ambiente, già nel 2003, finanzia le opere relative al primo stralcio con otto milioni di euro. A questi fondi, nel 2009, si aggiunge un altro milione e centomila euro, per un totale di oltre nove milioni. Cresce il fronte del no, ma cresce anche, dall’altra parte, la fattibilità di un’opera che ora, oltre ad essere su carta, ha pure la forza economica per essere realizzata.
Intanto, la Provincia diventa Città Metropolitana e, nel 2015, un lungo comunicato dell’ente difende a spada tratta il progetto: “Tutto il centro di Lavagna, con oltre diecimila abitanti, non sarà più nella ‘zona rossa’ delle alluvioni, ossia la fascia più soggetta agli allagamenti per le piene dell’Entella e nel tratto terminale del fiume del Levante saranno realizzate nuove difese anche sulla sponda destra, quella chiavarese”.
Ecco la descrizione della ‘diga’ lavagnese: “Il nuovo argine sarà largo circa 7 metri e sarà più alto, con un muretto di protezione idraulica, di 1,20 metri rispetto alla quota del ‘segiun’ attuale. Gli interventi, finanziati con oltre 10 milioni di euro (10.134.894), di cui 8 da fondi statali e gli altri da stanziamenti regionali e della stessa Città Metropolitana, conterranno le piene centennali e, al limite massimo della loro capacità, anche quelle duecentennali”.
Secondo l’ente, “il progetto per le difese del fiume Entella è stato rivisto e rimodulato rispetto a quello iniziale, anche tenendo conto del confronto con enti locali, comitati, associazioni e proprietari, nella Conferenza dei Servizi che l’ha definitivamente approvato il 28 giugno 2013. Ha ricevuto il parere favorevole del Comitato Tecnico di Bacino il 28 febbraio 2013 e la pronuncia di compatibilità ambientale da parte della Regione il 20 febbraio 2015, comprensiva della salvaguardia degli habitat naturali per le specie di uccelli, anfibi e rettili che vivono lungo l’Entella. Un anno prima, poiché l’intero territorio dove si svolgeranno i lavori è nell’attuale fascia A, ossia la zona ‘rossa’ più allagabile del piano di bacino, la stessa Regione aveva ribadito, con nota del 20 febbraio al Ministero dell’Ambiente, la netta prevalenza della sicurezza idraulica rispetto ad altre valutazioni per queste opere”.
Nel giugno del 2015 entra in carica la Giunta Toti: inizialmente, a parole, si esprime contrarietà rispetto alla ‘Diga Perfigli’, ma nessuno blocca mai l’iter, come più volte denunciato dal Comitato che, nel frattempo, forte di trecento adesioni, presenta tre ricorsi al Tribunale delle Acque. Alle elezioni chiavaresi del 2017, tutti i candidati sindaco dicono no alla ‘diga’. Lo stesso succede alle elezioni lavagnesi del 2019.
Il resto è storia recentissima: il Tribunale delle Acque boccia il ricorso del Comitato e lo scorso 18 settembre, a due giorni dalle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale, la Regione dà il via libera all’approvazione dei decreti di esproprio. Sono – come direbbero gli americani – on the way, cioè prossimi a essere notificati.
Naturalmente a urne ormai chiuse. La beffa delle beffe.
Nei prossimi giorni, con il via da piazza Cordeviola a Lavagna, è prevista una marcia cittadina che percorrerà il lungo Entella prima sulla sponda di Lavagna e poi, attraversato il Ponte della Maddalena, farà ritorno su quella di Chiavari. Gli organizzatori l’hanno chiamata ‘Marcia dell’indignazione’. Ne hanno tutte le ragioni.