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Giovedì 18 settembre 2025 - Numero 392

La sedia leggera di Chiavari, una storia sempre attuale

Quanto cammino da quel viaggio a Parigi del Rivarola, dal suo ritorno con una “carega” da reinterpretare, dal Campanino fino all’idea di Gio Ponti che la proietta in un indeterminato futuro
La sedia chiavarina ha una storia antica e molto affascinante
La sedia chiavarina ha una storia antica e molto affascinante
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di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *

La ricca documentazione storica disponibile sulle vicende che portarono all’invenzione di questa bellissima specializzazione artigianale è di quelle che riportano in vita memorie lontane e ricostruiscono un percorso di successo che attraversa i secoli. 

In tante occasioni abbiamo raccontato del Marchese Stefano Rivarola, un chiavarese importante ed impegnato, uno dei padri fondatori della Società Economica di Chiavari. Nei fermenti di fine Settecento un gruppo di chiavaresi, tra cui il Rivarola, diede vita nel 1791 a questo benemerito sodalizio, dandosi un mandato: la “promozione dell’agricoltura, del commercio e dell’industria”. A questa missione fondativa non poteva che far seguito il motto che è giunto sino ai nostri giorni, le parole virgiliane che descrivono il compito di “coltivare la vita con le arti”.

Le preziose energie della borghesia nascente chiavarese alimentarono grandi progetti, e i primi dirigenti del sodalizio non mancarono di contribuire alla realizzazione di tutte le istituzioni necessarie per garantire la crescita del territorio, dalla biblioteca ai corsi scolastici, dai primi istituti finanziari alla statistica, così da promuovere, come da mandato fondativo, lo sviluppo dell’economia dell’intero Circondario.

Nell’ambito del suo ufficio di diplomatico, il Marchese Rivarola si trovò a Parigi, città capitale e guida politica di gran parte dell’Europa del tempo, compresa la nostra Liguria. Ho trovato davvero commovente, indagando negli Archives nationales di Parigi, il constatare come nelle sale di consultazione dello storico palazzo Hotel de Soubise, voluto da Napoleone Bonaparte, si potesse trovare una così notevole quantità di documenti che riguardano “la Ville de Chiavarì”.

Con questi preziosi riferimenti seguiamo il viaggio parigino del Rivarola e il suo ritorno in città con molte idee e con… una seggiola. Quella seggiola era stata dal marchese individuata come una sorta di prototipo, la bozza di un’idea da cui partire per sperimentare; seguendo questa ispirazione, il miglior artigiano del legno chiavarese, Gaetano Descalzi detto il Campanino, avrebbe potuto dar vita ad un nuovo capitolo della nostra storia. Il Marchese Rivarola dimostrava così che il motto virgiliano, “vitam excoluere per artes”, era davvero praticabile e poteva generare una nuova forma di bellezza: la seggiola di Chiavari. 

Ben presto quella esile ed elegantissima seggiola si evolve, le mani del maestro Descalzi interpretano nuove forme e modelli per ogni esigenza, ma tutti segnati da quella caratteristica che la rendeva unica: la leggerezza.

Un vecchio e quasi illeggibile rettangolo di carta diventa documento d’identità: incollato nella parte posteriore della seduta, risultava come la vera firma dell’artista. “Regia e Imperiale Fabbrica di seggiole leggiere Cav. Giacomo Descalzi Campanino e Figli – Ebanista delle Loro Maestà il Re d’Italia e l’Imperatore di Francia”.

Inutile rammentare il grande successo di quel prodotto pensato dal Rivarola e realizzato dal Campanino. Lo spazio per scrivere tutta la storia non è disponibile in questa sede, ma è possibile rammentare un passaggio di grande interesse a conferma di quelle lontane vicende. Era da poco terminata la rovinosa tragedia della Seconda Guerra Mondiale, il paese cercava di riparare le ferite e riprendere il cammino del lavoro e dell’economia. Un architetto milanese, Giovanni Ponti detto Gio, riapre il suo studio, riprende la progettazione e la sua ricerca come designer. Il suo lavoro era soprattutto basato sull’idea che gli italiani fossero nati per costruire, e che il costruire è nel loro carattere: un chiodo fisso. 

Dopo la laurea, Gio Ponti praticò i migliori studi d’architettura e partecipò  a mostre del settore in Italia e all’estero. La prima sua grande affermazione fu l’intuizione che fosse necessario disporre di una specifica rivista per confrontare e presentare le idee più innovative dell’architettura: nel 1928 fondava la rivista “Domus”. 

La sua genialità gli procurò la collaborazione con Richard Ginori e con il Teatro alla Scala per la realizzazione di bozzetti e scenografie.

Il 1955 fu l’anno che legò Gio Ponti alla nostra storia secolare: il nostro avviò una collaborazione con l’azienda Cassina, leader del mobile con sede a Meda. In quell’occasione presentò una seggiola che stava già elaborando sin dal 1949, con l’idea di reinventare la sedia di Chiavari. Aveva proprio ragione Giovan Battista Vico, la storia può ripetersi, e talvolta è capace di grandi ritorni e affermazioni.

Ponti realizza un primo prototipo, si sofferma sulla revisione della forma e sull’ergonomia della seduta. Nel 1951 presenta un secondo modello da cui sarà elaborato il definitivo messo in produzione dalla Cassina e denominato Leggera. L’architetto continuò a lavorare su questo progetto e introdusse ancora piccole ma rilevanti modifiche, giungendo così al 1957 col “codice di progetto 699”, denominato Superleggera. L’intera struttura era stata ridimensionata, introducendo la forma triangolare per la sezione delle gambe d’appoggio, con uno spessore di soli 18 millimetri. Il legno di frassino e nuovi incastri garantivano quella tenuta meccanica capace di unire assoluta leggerezza a formidabile robustezza. La parte apicale dello schienale si presentava leggermente ricurvo per interpretare al meglio il nuovo concetto della valenza ergonomica.

Credo che sia opportuno sottolineare come questa operazione, voluta da uno dei massimi architetti contemporanei, fosse dettata dalla volontà di riprendere un prodotto culturale italiano molto radicato sul territorio. La seggiola di Chiavari trovava così una straordinaria conferma di successo e una nuova vita nella storia del design, e la Superleggera prendeva posto tra gli oggetti di culto del Novecento. Quanto cammino da quel viaggio a Parigi del Rivarola, dal suo ritorno con una “carega” da reinterpretare, dal Campanino fino all’idea di Gio Ponti che la proietta in un indeterminato futuro!

(* storico e studioso delle tradizioni locali)

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