di DANILO SANGUINETI
Caccia a Gennaro che con il suo cognome ha già fatto i conti talmente tante volte nella sua carriera che ai giochi di parole quasi non fa più caso. È fuori di dubbio che questa volta l’ex mediano, l’ex capitano e attualissima bandiera dell’Entella si mette in gioco in maniera totale. La sua seconda carriera, quella di allenatore, è agli albori – ha appena superato la boa dei 40 anni, e sebbene abbia accumulato esperienze notevoli (due volte subentrante sulla panchina della prima in Serie B, guida degli Allievi nazionali e dal 2020 della Primavera) affronterà dal prossimo settembre una sfida che definire rischiosa è ancora poco. Sarà il tecnico di una squadra che si sa sin da adesso sarà completamente rinnovata e ambiziosa nel campionato di Serie C, stagione 2021-22. Sarebbe tanto, è solo una parte del ‘contratto’ morale che ha steso in primis con il presidente Gozzi, con i giocatori che guiderà sul campo e con i tifosi che chiedono solo di essere riconquistati. Al classe 1980 ‘Genna’ Volpe viene chiesto di alzare la bandiera della riscossa per una società e una squadra che nell’ultima disastrosa stagione hanno perso molto, sul campo e non solo, considerando lo sconforto se non il disincanto che si è diffuso a macchia d’olio tra i supporter biancocelesti. Al mister viene affidato un incarico polivalente. Naturalmente in cima alla lista c’è quello di fare bene in un campionato di Serie C affrontato dopo otto anni tra alti e bassi di Serie B.
La ‘parentesi’ del 2018-19 non fa testo perché quella retrocessione ‘a tavolino’, a colpi di sentenze, universalmente etichettate come profondamente ingiuste, venne affrontata con una rosa pensata per una B di buon livello e che visse quell’esperienza, concentrata nel tempo, come una cavalcata furibonda per tornare alla categoria di appartenenza.
Oggi le cose sono assai diverse e il compito di restare con i primi è molto ma molto più impegnativo. Poi c’è il compito di rifare il look alla squadra, trasformare una compagine tremebonda in una masnada di lupi affamati.
Appare ed è riconosciuta dagli stessi protagonisti del patto (il presidente Gozzi e lo stesso Volpe) come una scommessa che potrebbe portare a nuovi trionfi come ad una débâcle suscettibile di effetti collaterali rovinosi. Un compito infine che richiede una totale immersione nel progetto e una totale fiducia nei propri mezzi, due caratteristiche che mai sono mancate a Gennaro Volpe, sia da giocatore che da tecnico. In questi mesi con la Primavera ha ottenuto risultati egregi, una evoluzione ancora più positiva del lavoro messo in mostra con gli Allievi Nazionali. Con i grandi sarà diverso? No, a giudicare da come si comportò nel finale della stagione 2017-18, quando riuscì a portare ai play out i biancocelesti (cosa affatto scontata) e sfiorare una clamorosa rimonta nello spareggio con l’Ascoli, salvatosi solo grazie alla migliore classifica.
Le prime dichiarazioni del mister sono decise e dirette, anch’esse in sintonia con il suo essere personaggio senza fronzoli retorici: “Sono emozionato perché la mia storia qui è incredibile. Sono arrivato in C2 e, in dieci anni, sono giunto alla guida di questa squadra. È qualcosa di straordinario, sono felice, orgoglioso e grato alla società per questa grande responsabilità”.
Il pensiero seguente non può essere che per il popolo biancoceleste: “L’Entella, il mister e la squadra hanno bisogno dei tifosi e faremo di tutto per ricreare quell’alchimia che c’era quando sono arrivato ai tempi della C2. Non bisogna mai dimenticare da dove si è partiti. Giusto criticare la passata stagione, i dati sono oggettivi e impietosi, ma ci sono una società e un presidente che non si tirano indietro e sono pronti a ricostruire”. Quando lo si porta sul suo terreno, viene fuori il guerriero, quello che si mangiava gli avversari ogni volta che calcava l’erba del ‘Comunale’. “La squadra dovrà rispecchiare il carattere del proprio allenatore. Qua rimarrà e arriverà solo gente motivata. Dobbiamo scegliere dei cani arrabbiati come giocatori, l’ho detto a Matteazzi e Superbi”.
E chiude il cerchio. “In questo momento le parole servono a poco. Io credo nei fatti. Con essi e con i risultati acquisteremo credibilità”. Riflettendo su queste parole, si ha l’impressione di un ‘deja vu’, di qualcosa già visto e sentito. Una folgorazione. Gennaro ricorda in maniera impressionante un altro Gennaro, che di cognome fa Gattuso: entrambi mediani di fatica e battaglia, entrambi figli del Sud che hanno trovato al Nord la consacrazione sportiva. Entrambi in campo erano adorati dai compagni e temuti dagli avversari, la loro importanza si capiva più quando erano assenti che quando erano in gara perché il loro lavoro era indispensabile ma oscuro. Di poche ma chiarissime parole, sono entrambi passati direttamente dal campo alla panchina. Accolti tra i tecnici con una punta di scetticismo perché non capaci a vendere come i migliori affabulatori sulla piazza, si sono guadagnati il rispetto generale grazie al loro operato. Non sostengono di aver inventato il calcio, badano al sodo, al risultato, senza rinunciare a proporre varie soluzioni tattiche. E la prossima stagione potrebbe essere quella della definitiva consacrazione nelle vite parallele dei due Gennaro.